Il titolo è già abbastanza terribile, ‘mai più sempre e per sempre’, apocalittico e definitivo. Ma è la musica di questo nuovo album di Eno ad essere terribile, nel senso buono del termine, perché l’album che l’artista inglese ha realizzato non solo è il primo dal 2005 in cui copre il ruolo vero e proprio di cantante, ma è realizzato, pensato, scritto, come un’opera d’arte sul disastro ambientale, rigorosa, forte, malinconica e appassionata.
Il tema a Eno è particolarmente caro, negli ultimi anni l’artista si è mosso, speso, impegnato, in molte battaglie legate alle tematiche verdi, al punto che potremmo, a ragione, definirlo un attivista, ma l’album in questione non è un ‘manifesto’, non è una collezione di canzoni di protesta, ma l’opera di una mente creativa che ‘reagisce’ al disastro ambientale che ci si prospetta e in cui già oggi viviamo.
Eno lo fa alla sua maniera, realizzando un album di ‘ambient music’ cantata, che è ovviamente una contraddizione in termini ma che proprio in questa contraddittorietà ha il suo massimo fascino. L’impianto sonoro è in gran parte quello della ambient music, scenari sonici di grandissima ampiezza, probabilmente frutto in parte della logica ‘generativa’ che sottende molte opere di Eno, ma contenuta, perché in questo caso c’è più ‘presenza’ dell’artista, che ha decisamente voluto orientare il suono lasciando l’alea, la casualità, in un ambito più ristretto.
Difficile, comunque, parlare di ‘arrangiamenti’, il sound resta liquido e in gran parte inafferrabile, ma è un suono che più di ogni altra volta precedente, è in qualche maniera descrittivo. E la descrizione è quella del mondo che resterà dopo di noi, freddo, vuoto, ma carico delle nostre memorie, di voci lontane, di ricordi e emozioni.
Per assurdo è il disco più ‘umano’ che Eno abbia realizzato, è fatto sostanzialmente di sentimenti, trasformati in melodie, che si snodano, malinconiche e sentimentali, su tappeti sonori elettronici che dipingono uno scenario meraviglioso e vastissimo, affascinante e coinvolgente. L’album, se ci è permesso di usare un aggettivo in maniera del tutto impropria, è ‘immersivo’, va ascoltato abbandonandosi completamente al coinvolgimento sonoro ed emotivo, non basta ‘ascoltarlo’ e non è musica d’arredamento, è invece un lavoro che, nei due livelli possibili di lettura che offre, offre il massimo della complessità intellettuale e il massimo della semplicità poetica. È un lavoro estremamente interessante e per molti versi bellissimo, proprio perché completamente contemporaneo e al tempo stesso magico e irreale, una sorta di ‘album di fantascienza’ in cui si ascolta la voce dell’ultimo essere umano rimasto nel pianeta ormai privo di vita naturale.