All'inferno e ritorno: la rinascita di Paolo Nutini

La recensione di "Last night in the bittersweet", che riporta il cantautore alla musica dopo 8 anni.

Recensione del 01 lug 2022 a cura di Mattia Marzi

Voto 8.5/10

Sedici brani sono eccessivamente troppi per un disco, anche se non stiamo parlando dell’ennesimo album-monstre del fenomeno d'area hip hop, ma del nuovo lavoro di uno dei cantautori più bravi, talentuosi e influenti della sua generazione. Però il digiuno è durato così tanto – otto anni, tanti quanti ne sono passati dall’uscita del precedente “Caustic love”, prima del silenzio – che alla fine perdoni anche questa, a Paolo Nutini. Nel 2016 a 29 anni all’apice del successo – 8 milioni di copie vendute in tutto il mondo con i primi album, da “These streets” allo stesso “Caustic love”, passando per “Sunny side up”, quello della hit “Candy” – decise di prendersi una pausa a tempo indeterminato dalla musica, facendo perdere ogni sua traccia (salvo farsi pizzicare nel 2019 in un pub scozzese, dove si stava esibendo come un qualunque pianista da piano bar). Ora a 35 anni la voce di “Candy”, che con il suo successo ha di fatto spianato la strada ai protagonisti della scena cantautorale d’oltremanica, da Ed Sheeran in giù, torna con un album - questo "Last night in the bittersweet" - che raccoglie le esperienze di questi anni lontano dai palchi e dai riflettori e le racconta con una libertà d’espressione disarmante.

Il disco, anticipato negli ultimi mesi dai singoli “Lose it”, “Through the echoes”, “Shine a light”, “Petrified in love” e “Acid eyes”, che hanno progressivamente riavvicinato il cantautore al pubblico (e viceversa), è un’epopea lunga un’ora e passa in cui Paolo Nutini si toglie di dosso i panni del cantautore rassicurante della porta accanto per cantare finalmente dei suoi lati oscuri, spaziando dal rock classico al post-punk, passando per il krautrock. In certi pezzi, a partire da “Radio”, il cantautore – che, come il cognome lascia intendere, ha origini italiane – non manca di far filtrare anche un certo disgusto per le mode e le tendenze del mercato: “And there’s nothin’ on the radio / They’re all talkin’ like they’re fallin’ in love”, “Non c’è niente in radio / parlano tutti come se fossero perdutamente innamorati”, canta. Lui cerca altro: chiuso in una stanza buia disordinata, piena di oggetti sparsi qui e là, proprio come nella copertina di “Last night in the bittersweet”, Nutini racconta le sue sofferenze e le sue frustrazioni.

Prendete “Lose it”, ad esempio, in cui il suo timbro si fa cupo e profondo, à la Tom Waits, quasi a voler ricreare l’inferno della mente: “I could not seem to find / A way out of my worried mind”, “Non riesco ancora a trovare, una via d’uscita dalla mia mente preoccupata”. Poco dopo nelle atmosfere spensierate e surf rock di “Petrified in love” sembrerà quasi un’altra persona. Il disco è suonato da Dio: ci sono, tra gli altri, Gavin Fitzjohn alla chitarra acustica (è al fianco di Nutini dagli esordi e qui si è occupato anche della produzione, insieme allo stesso cantautore e al suo braccio destro di sempre Dani Castelar), John Blease e Gerard Ballestrer alle percussioni, Michael McDaid alla chitarra elettrica, Tom Herbert al basso, oltre allo stesso Nutini, che si divide tra chitarre e strumenti a tastiera. Se i nomi non vi dicono niente, vi basti sapere che è tutta gente che ha suonato con Robert Plant, Manic Street Preachers, Jamie Cullum, Goldfrapp, Polar Bear.

Da “Afterneath” a “Writer”, passando per “Everywhere” e “Abigail” (in cui Paolo Nutini gioca a fare Elvis, accompagnato da una chitarra acustica), il disco è tutto un up and down, come una corsa sulle montagne russe, tra momenti più rabbiosi e altri più intimisti, con una varietà musicale che lo rende sicuramente il più completo e maturo del cantautore scozzese finora (lo suonerà dal vivo anche in Italia, quest’estate). “Acid eyes” è la canzone che da sola vale l’intero prezzo del biglietto: “You did the damage when you walked in the room / you started whistling my favourite tune / you did the damage, yeah, stunned from the start / It's like you swallowed my heart”. Una cosa non cambia, rispetto al passato: quando canta canzoni d’amore, Paolo Nutini si conferma il più bravo di tutti.

Tracklist

01. Afterneath (04:05)
02. Radio (04:22)
03. Through The Echoes (03:41)
04. Acid Eyes (04:33)
05. Stranded Words (Interlude) (02:31)
06. Lose It (05:30)
07. Petrified In Love (03:53)
08. Everywhere (05:51)
09. Abigail (03:50)
10. Children Of The Stars (03:20)
11. Heart Filled Up (05:17)
12. Shine A Light (05:56)
13. Desperation (03:35)
14. Julianne (04:51)
15. Take Me Take Mine (06:51)
16. Writer (04:01)

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