Cosa si fa quando la propria visionaria spiritualità non riesce a essere contenuta in una sola confessione? Semplice, se ne fonda una propria, tutta da divulgare. È quanto deve aver pensato Crispian Mills con i suoi Kula Shaker in “1st Congregational Church Of Eternal Love (And Free Hugs)”, nuovo ambizioso e immaginifico doppio album basato, appunto, su un'eccentrica congrega che professa amore eterno e abbracci liberi.
Angeli contro demoni
Un progetto, quello della band britannica, carico tanto di suggestioni quanto di informazioni, che arriva sei anni dopo il precedente “K2.0”, combinando non solo revival rock e ascetismo indiano, ma anche la ricerca di un sentimento di benevolenza e di fratellanza di fondo che mai come ora appare quasi un atto di fede. Così, in una sorta di incredibile Zibaldone di intuizioni sospese tra divertimento, anima vintage e un’inguaribile aura mistica si assiste presso lo sperduto paesino di Little Sodbury al bizzarro sermone di un predicatore - interpretato dallo stesso Mills - che invita i propri parrocchiani a riflettere sulle opere messe in atto da San Michele per combattere le forze del Male. Una vicenda che i Kula Shaker trasfigurano in venti tracce che nell’arco di un’ora, in mezzo a richieste di lasciare spenti i telefonini, passaggi in sanscrito e vibrazioni positive, prova a dare eco alla migliore luce interiore di cui si può disporre: ecco dunque l’amore per sconfiggere la paura, la libertà contro l’oppressione, gli indiani contro il colonialismo e, naturalmente, gli angeli di San Michele contro i demoni di Lucifero.
Mentre fuori le nuvole nere non fanno presagire nulla di buono, al riparo della congrega i fedeli si ritrovano per darsi conforto e intonare canti. Si passa quindi dal riff diretto di un brano di “protesta” come “Whatever it is (I’m against it)” alle armonie bucoliche di “Farewell beautiful dreamer”, come a quelle più vivide di “Burning down” o “Don’t forsake me”, mentre con “Gingerbread man” e “Bumblebee” a dare ulteriore colore a una già variopinta palette cromatica si aggiunge anche un certo tocco favolistico. Ancora, con le due sequenze di “After the fall, pt. 1” e “After the fall, pt. 2 & 3” si celebra in una sorta di mini opera-rock la conclusione di una epica battaglia tra forze contrapposte a colpi di reminiscenze indiane e piglio da spaghetti western. Ma è soprattutto nell’eterea sostanza di “The once and future King", l’episodio più prettamente lisergico, ascetico e pure vicino ai Pink Floyd di Syd Barrett di tutto l’album, in cui alla fine sembra arrivare davvero il momento di liberarsi definitivamente dei nemici per contemplare la propria contagiosa trascendenza.
Tra Ganesh e San Michele
Potrebbe suonare tremendamente lontano da questo 2022, eppure la nuova fatica di Mills e soci finisce per comporsi in ultimo di quella stessa sostanza che ha generato il suo titolo così fricchettone, proponendosi in un'abituale combinazione di folk, nenie, marcette, garage e psichedelia anni Sessanta per offrire un po’ di quell’elevazione spirituale che solo una sana - e consapevole - luccicanza può concedere. Nessun miracolo in questa chiesa, dunque, quanto piuttosto un’incrollabile fede nei propri principi, di stile e di intenti. Non solo seguendo in scia la scintilla generata da Beatles e Kinks, ma anche scomodando Ganesh e San Michele con grandi slanci di chitarre, hammond e sitar.
Sotto le mentite spoglie di un concept-album basato su una confraternita che predica pace e bene, i Kula Shaker in realtà stanno diffondendo il verbo della necessità, tutta umana, di armonia. Per la quale, a ben vedere, non occorrono cento vite, ma una dose infinita di amore e abbracci.