Dallo spazio: Camera 66, 'In sospeso' tra post-rock e recitazione

Nome artista: Camera 66
Luogo di provenienza: Ferrara
Anno di formazione: 2003
Genere: post-rock
Indirizzo Myspace: www.myspace.com/camera66
Canzone: “Tutto bene quel che finisce”

Ci sono canzoni cosiddette “estive”, scanzonate per sonorità e tematiche, che spesso è effettivamente bello abbinare alla stagione più calda. Talvolta però, come dissero i Perturbazione, “agosto è il mese più freddo dell’anno” e si ha comunque voglia di qualcosa che vada nel profondo, un sound e delle parole che scuotano il cuore anche in spiaggia.
Succede così di imbattersi nei Camera 66, formazione in bilico tra post-rock e Massimo Volume (cantato recitato ed intimista). Il gruppo nasce nell'autunno del 2003 dall’incontro tra Patrick e Cristian Altieri (rispettivamente piano e chitarra/voce), Alessandro Biancani (batteria) e Alex Giatti (basso).
Da subito l’intento è quello di far convivere le diverse influenze provenienti dai background musicali di ciascuno dei componenti (rock psichedelico di fine anni 60, elettronica sperimentale a 360 gradi, post rock).
Dopo un lavoro autoprodotto nel 2005 (“Nessuna fretta di partire”) e la partecipazione ad alcune compilation, i Camera 66 nei primi giorni del 2008 stampano il loro secondo capitolo (nuovamente autoprodotto) “In sospeso” (distrib. Audioglobe).

Nella loro pagina Myspace ci si imbatte in quattro brani dell’ultimo lavoro, una summa di quanto si può trovare nell’intero disco. Ecco così la strumentale (e decisamente post-rock) title-track e tre episodi nei quali le sonorità dilatate baciano un cantato recitato e poetico che ricorda, senza esagerare, Emidio Clementi: la splendida “Piano per distorto”, cullata dal pianoforte e bruscamente risvegliata dalle chitarre e dall’urlo di Altieri (“Puntando il dito allo specchio senza mai vedersi”) e la meno convincente “L’evoluzione della pioggia”, ottima nelle melodie alla Slint/Mogwai, ma con una voce recitante forse troppo pressante.
Davvero emozionante “Tutto bene quel che finisce”, canzone nella quale la combinazione tra le sonorità dilatate a base di piano e chitarra e la poesia sussurrata/cantata giunge al suo picco, con un ottimo cambio di tempo nel mezzo ed un testo/analisi sull’uomo: “Stavo come tutti al riparo dalla verità di quel che sono […] Quando tuo figlio crescerà credendo ad un Dio che non esiste, chiedendoti risposte per domande che hai dimenticato/ Da bravo uomo che ha imparato in fretta che fa male farsi domande strane e dubitare per capire”.

Alla resa dei conti i Camera 66 si rivelano un gruppo davvero interessante, profondo e sensibile. E, ahimè, per pochi eletti. Ma questo forse loro lo sanno e con coraggio si autoproducono da anni i loro ottimi lavori. Chissà, forse dopo tutto, non gli dispiace affatto…

(Ercole Gentile)

Per ascoltare il brano “Tutto bene quel che finisce” dei Camera 66 andate sulla nostra pagina di Myspace: http://www.myspace.com/rockol_it.
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