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20/06/2008
Jason Mraz: 'Io, timido e benedetto dal successo'
Si definisce timido ("Un po' sfigato, un
geek
) ma il successo pensa che sia "una benedizione, perché non ho mai avuto voglia di rimanere incastrato dietro a una scrivania. Guadagnarmi da vivere suonando è sempre stato il mio sogno". Anche se "non vivo il successo come tutti gli altri. Mi diverto, certo, ma non sono il tipo da andare nei locali alla moda con le star. Ho il miei amici, il mio 'giro', e tanto mi basta". Jason Mraz, nativo della Virginia trasferitosi a San Diego ("il posto che chiamo casa, e dove torno, appena posso") ha un atteggiamento perlomeno particolare per essere, tutto sommato, un artista mainstream americano. Più vicino a Jack Johnson, come attitudine, che ad uno dei pupilli dei dei produttori
a la page
, per realizzare il suo nuovo album, "We sing, we dance, we steal things" ha interrotto qualsiasi attività: "Non volevo che l'industria discografica mi pressasse. Mi spiego: lavoro con un team fantastico, ma rimanere coinvolto nei live, nei tour e nella promozione ti costringe ad una routine che può essere logorante. Così ho 'staccato', sono tornato a casa e mi sono messo a lavorare alle canzoni".
With a little help from his friends
, verrebbe da dire, viste le presenze di Colbie Caillat in "Lucky" e James Morrison in "Details in the fabric": "Già, ed è stata una cosa molto piacevole perché incredibilmente spontanea. Con Colbie, il rapporto è talmente collaudato che le cose sono andate a posto da sole, mentre con James Morrison ci conosciamo dai tempi della mia permanenza a Londra. Così come con Martin (Terefe, il produttore), il rapporto personale è fondamentale, in questi casi, per la buona riuscita del lavoro. Almeno se si lavoro con persone come me...". Sempre a proposito di "Details in the fabric", c'è qualche istanza politico-sociale nel testo della canzone, che riprende - seppure in maniera piuttosto vaga - "Modern times" di Charlie Chaplin? "Non direi, anche se in effetti qualche richiamo si potrebbe vedere. In linea di massima, comunque, la mia fonte di ispirazione rimangono le persone e il quotidiano: non credo che la politica sia mai entrata nella mia musica". Forse non nella musica, ma almeno sulla pagine di Myspace sì, a giudicare dal polverone sollevato dal suo pubblico appoggio a Barack Obama nella corsa al ticket democratico: "Ah, ma quello è un altro discorso. Avevo semplicemente espresso la mia opinione, e qualche mio fan, forse dalle vedute non eccessivamente aperte, ha avuto da dire perché non riteneva giusto accettare un suggerimento politico da un cantante. Ma prima di essere un cantante sono un cittadino ed un elettore, che ha il pieno diritto di avere un parere e di esprimerlo, se crede".
Liberal
non solo sulla carta (o, meglio, sul blog), Jason incoraggia il
bootlegging
ai suoi concerti: "Sono cresciuto coi bootleg di Grateful Dead e di gruppi del genere. Chiunque ne ha mai ascoltato uno, sa bene che certe sfumature che cogli dal vivo sono irriproducibili in studio, nonostante la tecnologia oggi utilizzata in sala di registrazione. E' una cosa bellissima, a mio parere, sia per l'artista che per il pubblico. E' come congelare un momento speciale, unico...". Le case discografiche non sempre sono d'accordo... "Al diavolo! La mia sì. Sono ottime persone, ripeto, e capiscono le mie ragioni. Viene da pensare, per quelle che osteggiano iniziative del genere, quanto davvero gli stia a cuore la musica...". Riusciranno mai a "botleggarti" i fan italiani? "Ci sto lavorando, al momento non c'è nulla di certo, ma è probabile che in autunno qualcosa si riesca a fare...".