'L'evidenza' di Diego Mancino: 'Lascio libero approccio all'ascoltatore'

Impegnato in un progetto discografico che lo vede al fianco di Dj Mike Svedonio e Dj Aladin, Diego Mancino ha di recente pubblicato la sua nuova fatica in studio: dodici brani caratterizzati da una scrittura ed una composizione dense, rappresentate dal primo singolo estratto “Tutte le distanze”.
“Sono cambiate molte cose da quattro anni a questa parte”, ha dichiarato a Rockol l’artista milanese, “ho cambiato etichetta discografica – ‘L’evidenza’ è infatti pubblicato per Radio Fandango – ho cambiato abitazione, e molte altre cose ancora.
Ho lavorato a questo disco un po' a Catania e un po' a Milano, come avevo già fatto per il precedente. Sembra che in questi ultimi anni la Sicilia mi stia chiamando a se, e per me è sempre un'esperienza piacevole, un confronto con un modo diverso di lavorare e scrive. Nel frattempo sto lavorando ad un progetto con Mike e Aladin e sono stato molto contento della loro collaborazione nel mio brano ‘L'amore è freddo’ perchè ho lavorato con suoni e metodi diversi dai miei tradizionali. Anche lavorare con Max dei Deasonika sul brano ‘Le cose inutili’ è stato importante, soprattutto per quanto riguarda la scrittura, è un vero talento. Mussida e Dell’Era invece per me sono come fratelli, mi sembrerebbe strano non averli accanto: mi danno l'opportunità di mettere a fuoco quelle che sono le mie intenzioni stilistiche senza dover parlare con un monitor ma bensì con delle persone”.
“‘L’evidenza’ è disco costruito su un'immagine pittorica”, ha aggiunto Mancino, “mi piacerebbe realizzare una mostra con i dipinti che compongono il libretto dell’album. Sono un’opera di Viola – vero nome Valentina Chiappini – che ha provato a simboleggiare l'idea trismegista del disco, che è nato con lo scopo di voler usare le parole come parte integrante del suono, il suono stesso e la pittura”.
Come nasce un disco di Diego Mancino? “Di getto si scrive, ma l'elaborazione di un suono e di concetto è necessità del tempo e nasce anche da varie discussioni.
Alcuni brani sono nati un anno e mezzo fa. In due anni ho scritto, ho prodotto, ho cominciato a scartare alcune canzoni che magari canterà qualcun altro: non volevo fare un disco molto lungo, così, con questi brani, mi sembrava denso ma anche molto equilibrato. Le persone che ascoltano musica e vogliono ascoltare canzoni con una certa tridimensionalità hanno tutto il diritto di avvicinarsi a modo loro al suono e alle parole”, ha tenuto a precisare Diego, “per questo nel disco non ho voluto apparire in prima persona ma ho voluto lasciare l'approccio del pubblico il più libero possibile. Chiedere un certo sforzo all'ascoltatore mi sembra anche giusto, la musica non è come la tv dove gli occhi sono ingannati, la musica ha bisogno che tu gli occhi li chiuda, e che ti lasci anche un po' sedurre”.
“Non mi considero un cantautore”, conclude, “Il modello di canzone mio è abbastanza tradizionale, ma la mia intenzione è quella di evitare di scrivere e arrangiare un brano che vada di pari passo con l'uso conforme di prendere una canzoncina e farla diventare semplice sottofondo di una conversazione da bar. Mi preoccupa anche vedere quanta pochezza c'è in alcuni gruppi giovani di adesso, molto borghesi e convenzionali. Credo che questo sia un problema, e mi dispiace perchè penso che sia tutta carne per analisti. Vedo poco coraggio, molta presunzione nel pensare che quello che si dice e si canta non è importante, basta avere i vestiti giusti, la chitarra un po' scordata ed esser pronti a salire su un palco. Gruppi come gli Afterhours, i Marlene Kuntz, i Verdena, i Baustelle e altri ancora, sono in giro da parecchio tempo. Sono questi gruppi che fanno della vera musica, ma ormai sono in via d’estinzione come i panda: stanno mettendo in atto una vera e propria resistenza civile”.