Massimo Cotto è stato in passato già direttore artistico e presidente di commissione di diverse manifestazioni musicali e festival: “Certo a Sanremo è completamente diverso. Ho sentito molto la responsabilità di questo incarico, ma non devi farti condizionare troppo se no non vivi bene il tuo lavoro, ma di sicuro senti il peso dell’attenzione che non deve mai calare. Qui a SanremoLab non dovevo valutare un artista con una carriera alle spalle di cui conoscevo tutto, ma dovevo giudicare persone completamente sconosciute, con il rischio di poter sbagliare giudizio. Uno dei dodici finalisti abbiamo rischiato di mandarlo fuori nel primo turno perché aveva portato una cover, non era stato molto originale, aveva cantato male. Bisogna far sapere ai giovani che i buoni propositi non bastano: se uno scrive una canzone che secondo lui è meravigliosa deve anche accettare il fatto che per altre persone può non essere la stessa cosa”.
A proposito delle selezioni finali, Cotto esprime il suo parere: “Ci sono molti rammarichi, artisti che avrei voluto in finale, ma di cui non faccio i nomi per non dimenticarmene nessuno. Dovevamo scegliere dodici persone, alla prima sessione ne abbiamo scelte dieci e poi ce ne erano altri dieci da cui dovevano venirne fuori altri due, e questi ultimi dieci erano tutti bravi, perciò la difficoltà è stata sceglierne solo due. Ci sono state discussioni tra me e la commissione, ma sono cose normali che avvengono tra diverse personalità come lo sono la mia, quella di Zanetti, Ruggeri e degli altri. Avevamo anche chiesto se era possibile anche avere un ex aequo, ma non è stato possibile: il regolamento di SanremoLab nasce tra una convenzione tra il Comune di Sanremo e la Rai, ed è come una camicia di forza. È un regolamento vecchio che andrebbe rivisto, ma per proporre una qualsiasi modifica bisogna passare attraverso la giunta, gli assessori, il sindaco... è talmente complicato che non ci si prova nemmeno”.
“Ho avuto l’impressione di avere davanti diamanti grezzi che devono essere lavorati, con un talento ancora da affinare, ma per questo ci vogliono delle persone che dicano ai giovani cosa devono fare e cosa non devono, su cosa devono concentrarsi di più e cosa invece devono lasciare perdere. Per questo motivo”, ha aggiunto, “vorrei lavorare molto per creare l’anno prossimo una vera e propria scuola, in modo che l’accademia sia accademia di fatto e non solo di nome. Mi piacerebbe organizzare dei laboratori con addetti ai lavori che spieghino cose anche banali: come ci si presenta sul palco del Teatro Ariston per esempio, come si deve andare vestiti in televisione, come utilizzare la voce. Un gruppo di autori che suggerisca di usare rime un po’ meno banali, un gruppo di persone che possa dare suggerimenti e per poi dire ‘prova a riproporci il brano tra dieci giorni con i consigli che ti abbiamo dato’”.
I tre giovani artisti che hanno superato tutte le sessioni e parteciperanno al Festival di Sanremo sono Valeria Vaglio, Ariel e Giua: “Valeria Vaglio è una straordinaria cantautrice, una vera rivelazione. Ha grande padronanza dei mezzi espressivi, tratta dei grandi temi con molta sensibilità ed ha una voce alla Fiorella Mannoia e quindi è molto duttile. Inoltre scrive tante canzoni, quindi è prolifica: la mia soddisfazione è che Baudo abbia scelto una cantautrice come lei che qualche anno fa probabilmente non avrebbe scelto. La seconda vincitrice è Ariel. Mi piace moltissimo, è una ragazzina giovanissima, ha diciotto anni, ha molta grinta e una grande voce. La sua grandezza si vede dal fatto che controlla molto bene l’emozione pur patendola tantissimo, delle tre è quella meno di rottura rispetto alla tradizione del Festival. Giua invece è più conosciuta rispetto alle altre, ha una canzoncina molto divertente e allegra, musicalmente ha dei cambi di basso che magari in prima battuta non si notano ma che un esperto può sicuramente apprezzare. Auguro a tutte e tre di vivere nel migliore dei modi questa fantastica opportunità”.