L’Arca di Lorè: Jovanotti e la musica per sfuggire alla cupezza
Lorenzo Jovanotti uno e trino, e il riferimento biblico non è casuale. Tre sono i progetti che lo impegneranno: L’Arca di Lorè, il Jova Summer Party, il nuovo disco newyorkese che non è il volume due di “Il corpo umano” ma «un mixtape di miracoli, un lp di goduria condivisa", dice da miglior promotore di sé stesso.
Stare fermo non gli Jova. Non è proprio cosa sua, la stasi. Dopo oltre seicentomila spettatori nei palazzetti, un documentario e un disco dell’ultimo live, collaborazioni a cascata (con Carmen Consoli, Gigi D’Alessio, Eros Ramazzotti, Cesare Cremonini), stamattina Lorenzo Jovanotti ha presentato alla stampa i nuovi progetti, al plurale, perché cento ne pensa e tutte le fa.
Giacca nera e cappello fedora, barba alla Hemingway, ha un mappamondo di fianco («il primo regalo che ricevetti da bambino») e parte con una citazione di Borges: “Eravamo come sempre alla fine dei tempi”, per spiegare perché è urgente far accadere tutto questo proprio adesso: «Siamo alla fine del mondo e all’inizio di qualcosa. La catastrofe è incombente, crolla ciò che pensavamo di sapere, è un tempo di tacito sconforto, di paura, siamo dentro una nuvola, al marketing della depressione. La mia generazione è l’ultima cresciuta con la certezza che le cose sarebbero sempre andate meglio, più salute, più pace, più democrazia, più istruzione per tutti, piu libertà e perfino più allegria. Molte cose sono avvenute, ma è salita anche l’ansia, l’incomprensione, gli estremismi, la Santa Inquisizione dei social. Ho deciso di reagire, è il mio carattere, il mio sguardo. La mia soluzione è cercare la strada, il movimento, andare a vedere il mondo. Gli artisti, davanti all’orlo del precipizio, hanno il privilegio di mettere in campo l’energia. Speranza, gioia, non vuol dire negare il tragico, ma partorire il nuovo, superare la crisi».
È la sua reazione alla cupezza in cui siamo immersi, e qualcuno dirà che non è appropriato, che il pianeta è alla deriva, la pace non è ancora scoppiata e non c’è niente da festeggiare, ma lui ormai sappiamo come la pensa: il corpo sublima la violenza nella danza, e noi abbiamo il dovere di fiore dovunque e comunque, lezione di Etty Hillesum. Precisa Jova,quasi già subodorando le critiche pretestuose: «Io non posso far diventare il lamento parte della mia scrittura perché in questo non sono bravo. Faccio il dj, l’intrattenitore, non mi piace ricattare la gente con i grandi messaggi nello spazio-tempo di un concerto. Prendetemi sul serio sulla performance, sulla mia devozione al pubblico. Poi è chiaro che preferisco i buoni alle “merde”, ma non mi piace il narcisimo etico, i dogmatismi, non sono io a dire cosa devono fare gli altri».
Cita Joseph Campbell “Dove inciampate e cadrete, lì troverete l'oro” e Papa Francesco, “Siate testimoni di speranza” e arriva al punto: «Ecco, per me la speranza si nutre di contaminazioni e moltitudine. La salvezza, l’appiglio, è una pancia di balena dove salirò e porterò a bordo tanta gente».
Il tour, tra mondo e Italia
Decide di partire in tour dove non è mai stato, di suonare dove non lo conoscono nemmeno, inseguendo un concetto caro a Roberto Calasso, “la primavoltità“, in concerto dall’Australia al Congo, dalla Croazia a Barcellona, oltre i confini mentali, in cerca di coordinate umane.
L’estate però sarà totalmente italiana con il Jova Summer Party (biglietti in vendita da domenica 16 novembre alle 15.00 sui circuiti classici) privilegiando finalmente il sud, che con il tour nei palazzetti non era riuscito a raggiungere. Trasloca l’idea del Jova Beach dalle spiagge ai grandi spazi aperti da cinquamila persone ma senza ambientalisti a guastare l’ultrafesta: «Non volevo ripetere il format e poi viviamo nell’epoca in cui le notizie sono più importanti dei fatti. Siamo stati ecosostenibili, abbiamo avuto cura dell’ambiente, ma giravano notizie di devastazione e inquinamento. Non volevo rientrare in attacchi volenti e pretestuosi. Delle sedici denunce ricevute con il Jova Beach, nessuna è andata oltre il primo esame. Non è bastato essere bravi. C’era un dogmatismo con cui era impossibile dialogare. Io non voglio contribuire al clima polemico, faccio festa e faccio le cose perbene, quindi stavolta andiamo a cercare luoghi al sud dove non c’è mai stata musica, valorizzeremo i più periferici, faremo buona musica dove non te l’aspetti».
Non sarà un concerto ma un vero festival, ispirato al Burning Man, con una città temporanea che nasce e muore, intanto però vive al massimo, con dj e artisti da tutto il mondo e da tutti i generi: «Io ci sarò dal pomeriggio» anticipa «Farò il direttore del circo». L’altra ispirazione, più nostrana, è il Cantagiro: «Faremo una tappa dopo l’altra come un tempo facevano Celentano e Morandi, ma noi useremo la bicicletta. Ci fermeremo nei paesini, sarà un bellissimo racconto in diretta nell’agosto italiano. Voglio anche stimolare le amministrazioni a investire sulle ciclovie per un turismo più lento e consapevole». La carovana dei marinai di terraferma sarà aperta a tutti.
Jova al Massimo
Il giro si concluderà a Roma, la città dove è nato e vissuto fino ai 19 anni, quella del Veleno, del Piper, dell’Hysteria, delle radio private. Jova al Massimo. Il logo lo ritrae alla guida della biga e a cavallo della lupa. Si prende il Circo Massimo il 12 settembre come una conquista, un approdo, a pochi giorni dai suoi 60 anni portati bene («Ho il santino di Mick Jagger, scherza): «Sarà bellissimo, anche se a Roma sono le sedie vuote a commuovermi: i miei genitori, mio fratello. Mia madre si sarebbe data delle arie». Tutto sempre accompagnato dalla superband sentita al PalaJova: «In altri concerti vedi pochi musicisti e molti ballerini, noi invece facciamo il contrario».
Un album "americano" (ispirato a Dalla)
Intanto il 20 novembre esce il nuovo disco “NIUIORCHERUBINI” (per Island Records), un titolo che omaggia il Dalla di DallAmeriCaruso”, partorito a New York: «È la città dove sono nato musicalmente, da lì arrivava il rap. Ci sono andato a ottobre scappando, come facevo sin da ragazzino davanti alle liti dei miei. Ero sovrastato dalle notizie di guerra, sentivo grande impotenza, volevo qualcosa che mi facesse sentire bene». Doveva registrare un solo brano, la versione salsa dura di “Senza se senza ma” con la Spanish Harlem Orchestra di Oscar Hernandez, ma poi ha affittato lo studio a Brooklyn per una settimana, convocando vari artisti contattati su Instagram: «Ogni giorno una jam con musicisti diversi, al terzo giorno ho capito che non erano schizzi ma proprio canzoni. Tredici pezzi fighi. Ero felice. L’ho registrato in presa diretta su nastro analogico, senza sovraincisioni e senza correzioni, ed è il mio disco preferito. Sarà un successo anche se lo ascolteranno in cinque. Perché è un disco senza tempo, fuori dal campionato della musica dove tutto va veloce e le cose invecchiano rapidamente». Conterrà cumbia, funk, tanto ritmo, e sarà un lavoro più da “funky preacher“ che da cantautore.
Sanremo?
A chi gli chiede di una possibile tappa al Festival di Sanremo, risponde: «Non è previsto, lo guarderò come tutti gli anni. La futura direzione artistica non è tra i miei obiettivi e da conduttore… se un giorno Fiorello va e mi vuole, io ci vado. Lo dico perchè Fiorello ha detto che non ci torna più». Sulla collaborazione con Gigi D’Alessio, replica: «È nata spontanea, era convinto che gli dicessi di no. Quando un artista ha tanti anni di carriera come lui, bisogna avere ammirazione. Il nostro è un business violento, sei primo in classifica e poi all’improvviso non esisti più. Di recente sono andato al carcere di minorile di Nisida, ho incontrato i ragazzi, tutti pazzi per il rap, ma sopra il rap per loro c’è il Papa, c’ è Gigi».
Lorenzo Jovanotti torna più volte sulla necessità di mettere in circolo tante energie in questo momento storico: «Nel mondo qualcosa è andato storto ma qualcosa è andata in maniera splendida. Siamo nel cuore di un cambiamento, i ragazzini cresciuti dentro al digitale ci sorprenderanno per slancio e idee, non ho dubbi. Il rischio è un eccesso di moralismo e conformismo, l’algoritmo che porta su ciò che già sappiamo, ma ci siamo noi, quelli che agiscono per trovare nuove possibilità C’è un viale e noi siamo i controviali, le vie parallele. Dobbiamo fare tutto per raccontare un’altra storia, bella, non solo brutta. Io ci credo. La mia intenzione è dare il senso della meraviglia, anche ai più piccoli. Mi sento in sintonia con il mio demone solo quando semino allegria e luce». Ancora una volta proverà a presentare tutti i mondi possibili, con l’occhio settato sulla bellezza per salvare il salvabile.
Le date
Le tappe italiane di L’Arca di Loré –Jova Summer Party
7 agosto OLBIA –ARENA SOUND PARK
12 agosto MONTESILVANO –MUSICARENA
17 agosto BARLETTA–MUSIC ARENA
22 agosto CATANZARO –CALABRIA MUSIC ARENA
29 agosto PALERMO–IPPODROMO LA FAVORITA
5 settembre NAPOLI–IPPODROMO DI AGNANO•
12 settembre ROMA–CIRCO MASSIMO