Anna Carol: 'La mia musica è sempre in movimento'
NUOVO IMAIE propone una serie di incontri con protagonisti e protagoniste del panorama musicale italiano per parlare dei loro progetti, ma anche per approfondire le dinamiche che ruotano intorno all’essere Artista Interprete Esecutore.
Se le chiedi di presentarsi, ti risponde che è “una cantautrice che ha avuto un lungo percorso di sperimentazione in nord Europa e che è poi tornata alla sua cultura di nascita ricominciando a scrivere nella sua lingua madre, l’italiano”. Anna Carol, in realtà, è molto più di questo. Classe 1992, ha cominciato con il jazz, genere che ha approcciato mentre viveva all’estero e che ha perfezionato con masterclass alla School of Jazz and Contemporary Music di New York. Poi il ritorno alle origini, appunto, con un approccio più vicino al cantautorato pop: il suo secondo album, “Principianti”, è uscito nel 2025 e l’ha portata sul palco del Primo Maggio e in tour in tutta la penisola. Qualche settimana fa, inoltre, è arrivato un nuovo singolo inedito, “Invece di stare con te” in collaborazione con Dente.
Sei cresciuta in Italia, ma in una città unica nel suo genere: Bolzano. Com’è la scena musicale lì?
Nascere in questo luogo per me ha significato essere molto aperta anche alle influenze di quello che arriva da fuori. Essendo un luogo di confine, mi ha spinta verso culture diverse e sicuramente anche verso la ricerca di un'identità. E poi mi ha lasciato addosso la curiosità di vedere cosa succedeva nelle città più grandi. Crescendo è stato difficile trovare altre persone che avessero una passione viscerale come la mia per la musica, quindi sono sempre stata molto in movimento.
Cosa hai trovato all’estero, a livello di stimoli e ispirazione?
Da un certo punto di vista ho trovato soprattutto ciò che non mi apparteneva. Dopo questi sette anni tra la Germania, Londra e Rotterdam ho capito che mi mancava l'Italia e quello che rappresentava. Ma mi ha dato modo di sperimentare, di capire tanti altri modi di vivere la vita e quindi poi anche di applicare questa nuova cognizione all’arte, alla mia identità. Inoltre, mi ha permesso di esplorare nuovi generi che conoscevo meno.
In effetti, nonostante il tuo punto di riferimento apparente sia il cantautorato italiano, tra le tue influenze citi sempre molti altri generi tradizionalmente esteri...
Il primo genere in cui mi sono buttata capofitto è stato il jazz. Per molti anni mi ci sono proprio incaponita, perché in qualche modo sentivo di riconoscermici e allo stesso tempo era lontanissimo da me. Dal jazz sono passata al soul e all’R&B, che non a caso erano molto ascoltati in nord Europa. Alla fine sono ritornata al pop, il mio punto di partenza insieme al cantautorato. Nella mia infanzia ho ascoltato tanto Lucio Dalla, Luca Carboni, Elisa, Giorgia, ed è stato bello riscoprire tutto quello che mi ero persa nei sette anni in cui vivevo all'estero.
Tra cui l’esplosione dell’indie pop italiano, appunto. Tra i tuoi collaboratori abituali ci sono molti punti di riferimento dell’indie di casa nostra: Federico Dragogna, i Selton...
Ho notato che finisco per fidarmi di qualcuno musicalmente soprattutto quando mi fido della persona che c’è dietro. Penso che in qualche modo le affinità entrino per osmosi anche nelle canzoni, anche per l’atmosfera che si può creare durante le prove e la lavorazione. Federico l'ho conosciuto quasi per caso: aveva ascoltato il mio primo disco, gli era piaciuto molto e aveva compreso la direzione che volevo imboccare per il secondo album, da lì è nato tutto molto naturalmente. Insieme a lui abbiamo capito che i Selton sarebbero stati la band perfetta da portare in studio con noi, perché a livello musicale avevamo diversi punti in comune.
Si dice spesso che il 2025 è stato l’anno dei cantautori. Tu che sei inequivocabilmente parte in causa, che ne pensi?
Mi riesce sempre difficile mettere un’etichetta a ciò che faccio: dipende anche da ciò che si intende quando si parla di cantauturato. A prescindere da questo, però, penso che ci sia una grande voglia di ascoltare la verità nelle canzoni, e che mettersi a nudo nei propri testi possa avere un valore aggiunto, possa essere un atto ancora più potente, autentico e tangibile. E la gente lo percepisce.
Tra l’altro, a proposito di scrivere, al tuo ultimo progetto discografico hai affiancato anche un libro...
Da una parte è stato quasi un gioco: era partito dalla voglia di lasciare qualcosa di concreto a chi veniva ai concerti. C’erano molti racconti che avevano ispirato in qualche modo il disco: l’album stesso, Principianti, prende il nome da una raccolta di racconti di Raymond Carver. Avevo voglia di dare spazio alle narrazioni che non erano riuscite ad entrare nelle canzoni, ma che ne facevano parte o potevano farne parte. Con una mia cara amica, la filosofa e scrittrice Sonia Lisco, abbiamo avuto l’idea di creare una raccolta di racconti ispirata alle canzoni, ma che potesse avere una vita propria, a cui abbiamo poi abbinato anche delle fotografie. Un buon modo per riempire anche il tempo di attesa tra l’uscita di un album e il successivo, che di solito è abbastanza lungo.
Oltre a essere una songwriter, sei anche una performer a 360 gradi. NuovoIMAIE lavora da sempre a tutela degli artisti interpreti esecutori: che importanza ha avuto per te, da artista emergente, la consapevolezza di avere dei diritti da poter fare valere anche in quest’ambito?
Di diritti connessi spesso non si parla molto, ma per me, ai tempi, venire a sapere della loro esistenza è stata una scoperta e una novità: non tutti hanno occasione di approfondire, magari perché c’è qualcun altro che si occupa della materia per te, ma credo sia importante avere coscienza di ciò che ti spetta e di quali sono gli strumenti a tua disposizione, soprattutto per artisti giovani, che ancora devono intraprendere un percorso più strutturato.
E a proposito di percorso: cosa ti aspetta prossimamente?
Mi sto preparando per le prossime date del tour autunnale nei club. Dopo la tranche estiva vorrei tornare in sala prove con la mia band e lavorare sul live set e sullo show, una cosa che mi piace molto fare perché mi riporta alle origini. Ho iniziato a fare musica in una saletta e sperimentando sulle canzoni, provando a riarrangiarle: è bello ripartire da lì.