Caparezza: “Ho visto il buio, ma l’immaginazione mi ha salvato”

“Orbit Orbit” è un viaggio spaziale, tra musica e fumetti, ma anche una rinascita.

Un’Odissea spaziale e nerd, ma anche un viaggio umano, profondo e ricco di luce. Venerdì 31 ottobre esce il nuovo e nono disco di Caparezza, “Orbit Orbit”, che il cantautore ha raccontato ai media in due ore di incontro, svelando molti dei significati e dei retroscena dietro tutte le canzoni. “Si tratta del concept più concept che abbia mai realizzato”, dice in apertura. L’album (qui la date del tour 2026) uscirà in concomitanza con un fumetto omonimo, sceneggiato dallo stesso cantautore e rapper di Molfetta e disegnato da nove fumettisti, che è utile a comprendere la trama del lavoro. “Questo è un disco sulla libertà, in cui mi sono preso tutte le libertà possibili, è un disco che racconta il superamento di una crisi, l’accettazione della mia età e il ricongiungimento con me stesso: ero convinto che non avrei più fatto musica e invece eccomi qui”, si apre Caparezza.

Il rehab? Un fumetto

“‘Mumble mumble’ nel mondo dei fumetti rappresenta il pensiero, immaginare significa fluttuare quindi per me ‘Orbit Orbit’ è diventata la sua rispettiva parola onomatopeica. Da qui il titolo. Prima del disco è nato il fumetto, che è stato la risposta ai miei problemi. L’acufene è ormai il mio compagno di vita a cui si è aggiunta ipoacusia. ‘Stai perdendo l’udito’, mi ha detto tempo fa l’otorino. Dopo l’acufene è arrivata anche questa. Un altro stop, doloroso. Non mi rendeva più felice ascoltare e fare musica perché pensavo: ‘posso peggiorare’. Dopo ‘Exuvia’ mi sono sentito totalmente perso. Ma la compassione non mi interessa”. Si ferma un attimo e prosegue: “Il fumetto, che è sempre stato la mia grande passione, ancora prima della musica, mi ha lanciato un salvagente”.

Capa si è messo a studiare sceneggiatura del fumetto e ha scritto la sua prima sceneggiatura. “E così prende forma il fumetto ‘Orbit Orbit’, il mio rehab. Non doveva trasformarsi anche in un disco o meglio poteva esserlo, ma magari strumentale. Poi però la situazione mi è sfuggita di mano. Dal pensare che non avrei più potuto fare musica, le parole sono sgorgate. In ogni canzone è citato un fumetto, è il mio grazie a questo mondo che mi ha salvato, in particolare a Galaxy Express 999”. Un dettaglio, che non è un dettaglio: “Questo è il mio primo disco con apparecchi acustici. E li consiglierei a tutti quelli che fanno musica e hanno il mio problema, ma non lo vogliono affrontare. Gli occhiali sono accettati, gli apparecchi acustici no, ma portarli non vuol dire essere sordi, come portare gli occhiali non significa essere ciechi. Ho fatto pace con tutto questo”.

Il potere dell’immaginazione

“Orbit Orbit” è un’opera di fantasia piena di realtà e, nonostante le tempeste raccontate, anche di positività. “La vera libertà è l’immaginazione. Tutte le altre libertà hanno delle contraddizioni. Nessuno può toglierci l’immaginazione. Dopo i temi della prigionia e della fuga, in questo disco parlo di libertà. Nell’ultima traccia di ‘Exuvia’ uscivo da un bosco. Il nuovo progetto riparte esattamente da lì: proseguo e mi ritrovo in un backstage in cui tutti sanno che sono Caparezza tranne me. Vado nei camerini e svengo. E così si formano due storie: una reale e una astrale, una con al centro il ‘me svenuto’ e l’altra con un ‘me astronauta e viaggiatore spaziale’”.

Il disco sviluppa la tematica dei capitoli del fumetto e ha una vera storia. “Ci sono temi come il disincanto adulto e il tempo che passa, nel viaggio incontro spettri che sono idee generate da un vulcano a cui non do più peso, ma canzone dopo canzone, tra personaggi come Darktar, avventure e pianeti, divento protagonista di una missione in cui torna l'innamoramento per fare qualche cosa, torna il fuoco, e mi riapproprio della libertà, mi riappacifico con me stesso”. 

Kraftwerk e Run DMC

Le canzoni hanno una precisa impostazione musicale, come forse mai accaduto prima nella sua carriera. “Il riferimento principale è alla musica space ed elettronica della fine degli anni ’70. Kraftwerk, Rockets, i Ganymed, I Signori della Galassia, Gli Space, tutti artisti che si travestivano: sono stati tra i miei punti di riferimento per questo lavoro. I miei dischi sono sempre stati schizzoidi, questa volta invece il progetto è compatto dal punto di vista sonoro. Poi tra le fonti c’è anche Moroder: ‘Io sono il viaggio’ parte dal suo sound e per me si mischia anche con ‘The Neverending Story’. In Autovorbit c’è la drum and bass”.

Non manca il rap, con riferimenti più classici e rockeggianti alla Run DMC, che tra l’altro hanno una loro collana di fumetti, ma tutto è filtrato in modo diverso. “Sì, c’è il rap, ma non volevo fare il giovanilista, volevo fare il rap da cinquantenne, non da ragazzino. Quando ascoltavo Battiato da giovane lui mi parlava dall’alto della sua età, non faceva il ragazzino. Qui io ho messo più in luce un’intimità che per tanti anni è stata nascosta da una coltre di giochi di parole, giochi che non ho più voluto utilizzare”.

Da Enzo Del Re a Morandi

“‘Comic book saved my life’ è un pezzo centrale, ha un sample dei Rockets e spiega perché il fumetto mi ha salvato la vita. Da bambino mi ha aperto all’immaginazione. Poi mi ha fatto conoscere la musica, perché mi sono innamorato delle band e degli artisti che si travestivano. E poi dopo ‘Exuvia’, quando ho visto il buio, mi è venuto in soccorso”. Un brano curioso è “Il banditore”: Si tratta della mia prima cover realizzata in un album ufficiale, è un omaggio a Enzo Del Re, che attraverso i suoi suoni onomatopeici incarna il grido di battaglia del fumetto e del disco. Enzo è un cantautore della mia terra che si esibiva percuotendo una sedia. ‘Il banditore’ è una canzone pazza. A proposito di artisti italiani: ne ‘Gli occhi della mente’ compare un inaspettato campionamento del brano ‘Deliri’, interpretato da Gianni Morandi. È una canzone che mette in guardia dal credere alle storie che ci immaginiamo. Il pezzo parla della versione negativa dell’immaginazione, che è importante, ma che non va sostituita con la realtà”. 

Pathosfera

“Vivo in un mondo che è l’esatto opposto di quello che avrei sperato. Guerra, genocidio, imbruttimento, c’è tanta oscurità. E spesso abbiamo un paraocchi. Siamo arrivati a vedere dei soldati che dopo aver ucciso delle persone, fanno i balletti. Non so cosa ci possa essere dopo un tale orrore. Le canzoni sono intrise anche di realtà. ‘Pathosfera’ parla del recupero dell’empatia, dobbiamo tornare a riconoscere sia le cose belle, sia quelle brutte”. Il disco è tutt’altro che negativista. “Nella vita non c’è alcuna missione. Io sono quello che sono, non quello che faccio. Questo è un disco positivo. Gli accidenti fanno parte dell’esistenza, non c’è un disegno. Il disco mette me al centro, ma il finale è corale, con un’orchestra di 74 elementi. Volevo allargare la lente. Il messaggio finale è: l’umanità è capace di fare cose terribili e meravigliose. ‘Perlificat’, la traccia finale, è un invito a creare, è un’ode all’atto creativo, che nel mio caso mi ha salvato l’esistenza”.

Capa e lo streaming

“Orbit Orbit” è un disco denso, che merita di essere spiegato, approfondito. E necessita di ascolto, di una soglia dell’attenzione alta, in totale controtendenza con il fruitore di oggi che passa da una canzone all’altra sulle piattaforme. “Il piano della fruizione è un altro campo, campo in cui non gioco. Osservo. La spiegazione dà più valore alle cose, è vero. Ma io sono vecchio, la fruizione non riesco a capirla oggi. Vengo da un mondo in cui i dischi si compravano senza sapere nulla di prima. Quando acquistai il disco dei Run DMC a Molfetta lo ascoltai con i miei amici e condividemmo qualche cosa, un’esperienza. La fruizione scattante non mi rappresenta, io vado per la mia strada. Chi mi ascolta vuole il disco fisico, vuole l’approfondimento. Le piattaforme di streaming dovevano darci la possibilità di trovare tutto, darci ‘la libertà’, ma oggi sono le playlist preconfezionate il faro. Preferisco essere fuori da queste dinamiche”.

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