Il 27 ottobre 1981, esattamente 44 anni fa, il mondo ascoltava per la prima volta una delle collaborazioni più iconiche della storia del rock: “Under pressure”, firmata dai Queen e da David Bowie. Un incontro casuale, mitologico e irripetibile da cui è nato un brano rimasto negli annali.
Galeotti furono gli studi Mountain di Montreux, in Svizzera, dove i Queen stavano lavorando al loro decimo album, “Hot space”. Bowie – che stava registrando nello stesso complesso – passò a salutare per una semplice visita amichevole. Da una jam session improvvisata, tra birre, risate e una linea di basso che John Deacon tirò fuori quasi per gioco, nacque la scintilla di “Under pressure”. Il “doom doom doom da da doom doom” di Deacon, semplice ma perfettamente efficace, divenne il cuore pulsante su cui Freddie Mercury e David Bowie costruirono il loro celebre dialogo.
Dialogo è la parola giusta, perché le due voci non si fondono mai davvero. Si sfidano, si rispondono, si rincorrono. Mercury ha l’esplosività del pathos, Bowie la gravità dell’introspezione. È un duetto che rappresenta la dualità dell’animo umano: il caos e la calma, l’ego e l’empatia, la paura e la speranza. Il testo, scritto a più mani, riflette una tensione universale: vivere sotto pressione, schiacciati dalle aspettative, dal giudizio, dalle ingiustizie. Ma nella seconda metà del brano arriva la svolta, con la voce di Mercury che implora: “Love dares you to care for the people on the edge of the night”, l’amore ti sfida a prenderti cura delle persone sull’orlo della notte; l’amore come atto di coraggio, come unica risposta possibile alla pressione.
All’uscita, “Under pressure” raggiunse subito la posizione numero 1 nelle classifiche britanniche, diventando uno dei brani più amati tanto dei Queen quanto del Duca Bianco. Più che per la sua popolarità, la canzone resta immortale per la sua umanità, dall’ansia sociale alla fragilità emotiva fino al bisogno di empatia. Quando David Bowie morì nel 2016, Brian May ricordò quella sessione come “una collisione creativa tra due forze della natura”.
Solo tre anni prima, Bruce Springsteen usciva dalla sua cabina di registrazione per regalare “Because the night” a Patti Smith, impegnata nello stesso studio. Oltre alla bellezza, brani come questi ci lasciano un insegnamento meraviglioso: è dal superamento dell’ego e dall’incontro con l’altro che nascono i capolavori.