Il titolo non è casuale. “This Search For Meaning”, uscito da poco in formato fisico, affronta i temi centrali che hanno sempre attraversato la scrittura di Molko: identità di genere, dipendenza, alienazione, apatia sociale, crisi climatica, e la costante tensione tra dolore e desiderio di redenzione. Il docufilm alterna interviste intime ai due membri della band a riprese in studio e materiale d’archivio mai visto prima, offrendo una riflessione lucida e personale sull’evoluzione dei Placebo come artisti e come individui. Non manca un omaggio a David Bowie, mentore e influenza che aleggia su tutta la loro storia. “Il regista mi ha chiesto di essere coraggioso, di non nascondermi dietro il personaggio”, ha dichiarato Brian Molko. “Ci sono momenti che avrei voluto tagliare, ma è proprio lì che risiede la verità”.
Nel documentario compaiono una serie di ospiti illustri e amici della band che offrono prospettive diverse sull’impatto culturale dei Placebo. Tra questi: Shirley Manson (Garbage), Robbie Williams, Yungblud, Rebecca Lucy Taylor (Self Esteem), Joe Talbot (Idles), l’attore Benedict Cumberbatch e l’artista contemporaneo Stuart Semple. Il risultato è un mosaico di testimonianze che collocano i Placebo in un paesaggio artistico trasversale tra musica, cinema, attivismo e arte contemporanea, mostrando come la loro visione continui a influenzare generazioni diverse. Il film è accompagnato dal concerto “This Is What You Wanted – Live in Mexico City”, una delle tappe del tour 2023. Lì i Placebo hanno ritrovato il contatto con il pubblico dopo anni di pandemia e silenzio, restituendo i loro brani alla dimensione catartica del live. Le nuove performance filmate ai Twickenham Film Studios aggiungono un tocco cinematografico: luci minimali, atmosfere industriali, un suono quasi claustrofobico. Tutto contribuisce a quel senso di vulnerabilità e ricerca che attraversa l’intero progetto.
“This Search For Meaning” non è un doc celebrativo, ma un’opera di autoanalisi radicale. Un diario visivo che si chiede cosa significhi continuare a fare musica in un’epoca di iperconnessione, crisi ambientale e smarrimento collettivo. Come ha spiegato Molko: “Non volevamo fare un documentario per dire ‘guardate quanto siamo stati bravi’. Volevamo chiederci se tutto questo, la musica, la fama, la resistenza, ha ancora davvero un senso. E se sì, quale”. Con “This Search For Meaning”, i Placebo firmano uno dei loro progetti più ambiziosi e sinceri. È un atto di resistenza emotiva, una dichiarazione d’amore alla vulnerabilità, e forse la chiave per comprendere davvero la loro longevità artistica. In un tempo in cui tutto corre e scompare, Molko e Olsdal scelgono la lentezza, il dubbio e la profondità. Cercano il significato.
Tanti i momenti interessanti: nel doc vengono mostrati video d’archivio degli anni Novanta, quando i Placebo esplodevano per la prima volta con un’immagine provocatoria in contrasto con il dominante “macho Britpop”. Brian Molko fotografa l’identità fluida con make-up, abiti non conformi, sguardi sfidanti. In uno di questi vecchi servizi TV, un presentatore si chiede: “Il cantante è un uomo o una donna?”, è un momento che evidenzia non solo il pregiudizio del tempo, ma anche come la band abbia sin da subito messo in crisi certe categorie rigide. Ci sono sequenze dedicate al rapporto (sia reale che spirituale) con David Bowie: come Bowie li abbia ammirati, influenzati, cosa significhi per Molko averlo conosciuto o avere Bowie come punto di riferimento. Non solo come mito, ma come persona che insegna anche con il suo comportamento, le sue scelte.
Una parte si interroga sulla cultura della sorveglianza (la copertina del doc è un “albero” di telecamere, sempre più presenti nelle nostre città): come sia cambiata la privacy, come sentirsi “osservati” influisca sul creare, sul fino a che punto si sia schiavi del gossip. Non mancano frammenti con al centro una forte vulnerabilità: non solo la droga o l’abuso, ma il disagio dentro i tour, la difficoltà di mantenere se stessi quando sei “il frontman” quando la pressione esterna si fa sentire. Ma ci sono anche intermezzi poetici: esibizioni nello studio, luci soffuse, la voce che vibra nei Twickenham Studios, le canzoni di “Never Let Me Go” che si elevano in uno spazio che respira. Un soffio di vita che ha sempre alimentato i Placebo.
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16/10/2025