«Invettive musicali», il libro di Nicolas Slonimsky da poco pubblicato da Adelphi Edizioni, è un campionario di «giudizi prevenuti, ingiusti, maleducati e singolarmente poco profetici» che critici autorevoli - ma non sempre così illuminati - hanno espresso nei confronti di grandi compositori, da Beethoven fino a Copland. Scopriamo per esempio, scorrendo le citazioni ritagliate dalle forbici affilate di Slonimsky, che la musica di Berlioz è simile «ai farfugliamenti di un grande babbuino», e «Un americano a Parigi» di Gershwin «uno sproloquio ... volgare, prolisso e inutile. A Brahms hanno dato dell’«epicureo sentimentale», a Wagner dell’«eunuco demente», Verdi è stato etichettato come un «signore italiano» autore di «tiritere per ottoni e piatti tintinnanti», Liszt come «uno snob uscito dal manicomio»… l’antologia di Slonimsky si legge, dunque, con grande divertimento, e con un po’ di rimpianto per come si è ridotta la critica contemporanea – anche e soprattutto quella della popular music – che ormai non osa più (o non può più osare di) essere “davvero” critica libera e indipendente.
Di questo ho parlato con Carlo Boccadoro, che è il curatore dell’edizione italiana del libro di Slonimsky.