Muscolare e spigolosa, ma anche sorprendentemente intima e divertente. Capace di mutare in un battito d’ali. Little Simz, classe 1994, inglese con origini nigeriane, una delle artiste e rapper più rilevanti di questa generazione, vestita come una ricercatrice in una giungla spietata, presenta all’Alcatraz di Milano il suo nuovo album “Lotus” e lo fa con un live suonatissimo, capace di mescolare energia e vulnerabilità, rivelando fino in fondo l’ambizione di questo progetto, che è un grande atto d’amore verso la black music, reso reale anche dal coinvolgimento in studio di vari musicisti della scena tra cui Michael Kiwanuka. Un’operazione, con tutte le debite proporzioni, alla “To Pimp a Butterfly” di Kendrick Lamar che già nel 2015 la definiva come “uno dei nomi più interessanti al mondo”.
Simz, che ha una presenza scenica magnetica, non a caso è sempre più in auge anche nel mondo del cinema, rappa e canta sputando fuori le sue angosce, accompagnata nella prima e nell’ultima parte dello show da una band, composta da quattro musicisti, che rende denso e multistrato il suono di tutte le tracce. Il suo live ha un’anima, fa muovere il corpo, la mente ed è contrassegnato da un eclettismo in cui più generi si fondono, palesando così il suo background londinese contaminato. A metà concerto, per esempio, c’è un dj set in cui Simz diventa la dj di se stessa: alla consolle gioca con la musica, rappa sulle basi e poi fa deragliare il sound verso un tribalismo elettronico liberatorio. Il pubblico, caldissimo, risponde ballando, battendo e le mani e trasmettendo entusiasmo.
C’è un antefatto rilevante per comprendere quanto “Lotus” sia particolarmente sentito dalla rapper britannica e perché rappresenti una nuova luce: Simz ha intentato una causa legale contro il suo ex produttore, Inflo della band Sault, per recuperare 1,7 milioni di sterline che l'artista sostiene siano stati dati come prestito per coprire i costi dell'album e finanziare un evento live. La causa, con conseguente separazione artistica, deriva da una disputa economica tra i due proprio riguardo a questo prestito che non sarebbe stato ripagato. Simz si è sentita impotente e defraudata del suo lavoro, ma ha saputo risorgere come un fiore di loto dal fango, che infatti fa da scenografia allo show. “Thief”, “ladro”, che apre il live, non solo è un diretto atto di accusa, ma sembra anche la caustica colonna sonora di un thriller. È l’inizio di questa risalita dall’oblio che arriverà fino a tracce come “Free”. In “Flood”, un pezzo con un arrangiamento etnico, attraverso un gioco di numeri, crea un manuale di sopravvivenza nell’industria musicale: “Numero uno è prendere la tua posizione, non fidarti di tutte le mani che stringi”.
Le nuove tracce occupano il fulcro della scaletta e vengono presentate con un’urgenza che le rende subito “materiale maturo”. “Young”, nel cui video è travestita da vecchia, è un manifesto giovanile con un ritornello pop, a cui fa da contraltare il mood dark di “Venom” del 2019 in cui si scaglia contro la sottovalutazione subita dalle donne. Un inno femminista. Prima di “Introvert”, che trasmette un senso di rivolta, si lascia andare in un freestyle in cui ricorda il genocidio che sta avvenendo in Palestina. Ogni tappeto sonoro sembra spingere in avanti la narrazione, con Simz che alterna barre serrate a momenti più riflessivi. È qui la sua forza e quella generale del concerto. La voce muta: a volte si spoglia dalle sovrastrutture sonore per diventare confessione come in “Lonely”, in altre si accende e si fa uragano. L’equilibrio tra potenza e fragilità è la cifra che la contraddistingue. Sembra poter fare tutto: su “Lotus” arriva anche a suonare la chitarra. A questo si aggiunga una penna che affronta temi spessi, dalla lotta per l’emancipazione alla salute mentale fino a posizioni critiche nei confronti dello show business, senza però toni da “santona”, ma sempre motivazionali.
Un brano simbolo, intriso di puro spirito hip hop, che raccoglie tutti questi argomenti è “Gorilla”, con cui chiude il live: il passaggio “monkey to gorilla” è una metafora della crescita, del diventare una figura sicura di sé. Dentro c’è una citazione bellissima e ovviamente non scontata a Mac Miller, artista spesso ricordato come capace di reinventarsi, crescere e mantenere una forte integrità, qualità che la rapper sente vicine al proprio cammino. La serata milanese ha confermato quello che il percorso recente di Little Simz lascia intuire: siamo di fronte a un’artista in piena evoluzione, capace di attraversare i generi senza perdere coerenza, di trasformare la rabbia in catarsi e la debolezza in forza comunicativa. Dopo n dischi e mixtape, questo fiore di loto sboccerà anche nel mainstream internazionale? Lo meriterebbe, ma non è per questo che ha messo in musica la sua rinascita.