“Yo, Brothers and sisters”: il “libro brutto” di Jovanotti

Un capitolo dal libro di Auroro Borealo “Il libro brutto dei libri brutti”

Come leggerete più avanti, del libro al quale Auroro Borealo (qui la nostra intervista) dedica questo capitolo del suo “Libro brutto dei libri brutti” io ho qualche responsabilità. Ne conservo ancora due copie, una persino ancora blisterata, che un giorno mio figlio venderà su eBay (dove attualmente si può acquistare a 129 euro).

Per gentile concessione dell’autore e delle edizioni Blackie posso condividere con voi il capitolo dedicato a “Yo, Brothers and sisters” di Jovanotti.

 

titolo Yo, brothers and sisters. Siamo o non siamo un bel movimento?

autore Jovanotti

editore Fratelli Vallardi Editori

anno 1988

 

Il 1988 è l’anno d’oro di Jovanotti. Escono il suo primo album, «Jovanotti for President!» e i singoli spacca-classifica “È qui la festa?2 e “Gimme five”, che catapultano Lorenzo Cherubini nell’olimpo della musica italianada cui non scenderà più.

Lo strepitoso successo di Jovanotti non è solo dovuto alla sua musica, ma anche al suo stile e al suo modo di comunicare. Lorenzo porta in un’Italia ancora bacchettona una ventata di freschezza. Con i suoi vestiti larghi, la sua parlantina velocissima e il suo slang incomprensibile agli over 18 diventa immediatamente il beniamino dei giovani.

Questo è il suo periodo considerato «festaiolo», «tamarro», «deficiente» o, come scrisse Michele Serra, del «cretinismo integrale». Un arco temporale breve ma intenso, poco più di due anni, dalla fine del 1987 fino al 1990, dopodiché con il terzo album d’inediti, “Giovani Jovanotti”, nonostante i soliti brani leggeri e spensierati, si capì che qualcosa era cambiato. L’era degli «Yo!» e di «È qui la festa?» era finita.

Ma torniamo al 1988. Si rende necessario eternare questo nuovo trend in un documento che resterà alle future generazioni. Ecco quindi che, previa approvazione dell’onnipresente Claudio Cecchetto, scopritore di Lorenzo e all’epoca suo manager, esce la prima autobiografia ufficiale di Jovanotti, intitolata “Yo, Brothers and Sisters. Siamo o non siamo un bel movimento?”.

Più che un’autobiografia, il libro è una raccolta di concetti chiave su cui Lorenzo va a ruota libera, parlando dell’argomento che dà il titolo al paragrafo. Si va dalla scuola allo specchio, dalle scarpe alla televisione, da Londra a Riccione.

Prima però la prefazione di Roberto d’Agostino, che nel tentativo di interpretare il linguaggio di Jovanotti scrive una lunghissima "Rap-sodia per Yo", di cui riporterò solo alcuni versi:

Jovanotti è un tipo in bomber

Jovanotti è una bomba di hamburger

Jovanotti è Maramaldo

Jovanotti è un ribaldo

Jovanotti è linguacciuto

Jovanotti è «grazie di brutto»

Jovanotti è Bilancia ascendente Bilancia

Jovanotti è con una guancia come un’arancia

Jovanotti è «ragamuffin»

Jovanotti è «rap-buffin»

Jovanotti è Jovanotti

Uno dieci mille casinotti.

Mando un PayPal di 50 Euro a chi mi saprà spiegare che cos’è il «rap-buffin».

Entriamo nel vivo di questo libro di cui, a quanto mi risulta, Jovanotti non ha più parlato pubblicamente dagli anni ’90 in poi. E in effetti, a leggere ora il capitolo sulla prima volta che Jovanotti provò il McDonald’s a Londra, sembra quasi che questo libro provenga da un universo parallelo lontano miliardi di anni luce dal Lorenzo che conosciamo ora.

«Ma il top era McDonald. Era la prima volta che vedevo un McDonald, per me fu un flash. Quegli hamburger erano una vera pippa, poi le patatine... madonna, se ripenso a quello che ho provato quando mi sono sparato il milkshake! Era bellissimo, aveva un colore mitico, un colore spaziale. Bello McDonald, gran bel posto».

O ancora, quando parla di Silvio Berlusconi prima della sua carriera politica:

«Una volta leggevo un giornale, e c’era scritto che Berlusconi guadagnava una roba tipo 50.000.000.000 all’anno, che voleva dire una cifra di soldi proprio spaziale. Da quel momento mi è stato simpatico, perché uno che guadagna così tanto non può essere antipatico. Per me Berlusconi è come Paperon de’ Paperoni, più Paperone che Rockerduck: Paperone si sbatte perché alla fine vuole fare il bagno nei soldi, mentre Rockerduck è uno che vuole fare i soldi per metterla nel culo a Paperone.

Berlusconi vuole solo fare il bagno nei soldi. Vuole stare nel suo deposito e farci il bagno. Una volta l’ho incontrato, Berlusconi. Ero al Gran Galà della tv. Mi gasa troppo pensare che uno sia il principale di Pippo Baudo e di Raffaella Carrà, che gli dia lo stipendio a fine mese! »

A concludere quella che mi piace definire «la trilogia del turbocapitalismo di Jovanotti», il capitolo su «I vestiti YO!», la marca d’abbigliamento ideata da Lorenzo e da Cecchetto che produceva chiodi, magliette, cappellini e zaini:

«La roba YO non è fatta per i fighetti, è fatta per gente che viene dal Bronx. Gente abituata al Bronx. Se non siete abituati è un casino. La linea YO è fatta apposta per sopravvivere nel Bronx della vostra città. Perché ogni città ha il suo Bronx - Roma, Milano, qualsiasi paesino. Anche se hanno nomi diversi. Cosi potete andare in giro tranquilli, nei vostri bronxettini, nelle discoteche più tremende e fare tutto il casino che vi pare. Il casino vero».

Per me questo libro è una reliquia. Un Sacro Graal che racconta un momento preciso della cultura giovanile italiana. Per saperne di più ho intervistato la persona che nei crediti del libro compare come editor, ma che in realtà, scoprirò a breve, è la persona che questo libro l’ha effettivamente scritto. Franco Zanetti è una figura leggendaria nel mondo della cultura italiana. Giornalista, direttore di Rockol, ha scritto per tantissime testate ed è stato anche discografico in EMI e CGD, ma soprattutto ha fondato il Mi-Sex, la fiera del sesso di Milano.

All’epoca Zanetti scriveva per la rivista “Deejay Show”, l’organo di propaganda ufficiale di Radio Deejay, voluto fortemente da Claudio Cecchetto. Venne naturale quindi affidare al team della rivista la stesura del libro di Jovanotti. Franco racconta che Lorenzo, come tutte le star nel loro momento d’oro, era impegnatissimo in quegli anni, quindi non poteva certo fermarsi a scrivere, per questo la segretaria di redazione Sabina Piperno andò a intervistarlo con un miniregistratore a cassette. Registrò circa un’ora e mezza di nastri, in cui lei forniva l’argomento e Jovanotti parlava a ruota libera; dopodiché Zanetti aveva sbobinato, sistemato i discorsi e riordinato gli argomenti. Racconta di aver impiegato esattamente un weekend a scriverlo. La cosa più complicata è stata decidere l’ordine, in modo che ci fosse un discorso, un’organicità, un flow, per restare in tema.

Ma, cosa più importante, Franco Zanetti conferma che quello che emerge dalle pagine del libro non è il frutto di un calcolo letterario, bensì è proprio Lorenzo al 100%, con i suoi modi di dire, le sue espressioni, i suoi pensieri, la sua filosofia. Un Jovanotti in purezza, annata 1988.

Di questa purezza devo dare credito a Lorenzo, sebbene ci siano alcuni passaggi invecchiati piuttosto male, come il capitolo sulle «pischelle»:

«Per esempio, con le groupies. Le tratto male, anzi malissimo, sono cattivo con loro e faccio il figo, non m’abbasso neanche. Perché questa è una piaga che ho scoperto del mondo della musica. Secondo me una ragazzina cos. è stupida, e una stupida non voglio scoparmela. Perché io ho molto rispetto per me. È come se tu vai in una discoteca di merda, se hai rispetto per te stesso non vai in un posto di merda. Devi scegliere un posto dove stai bene. E allora non mi va di andare con una che magari se l’è scopata un’ora prima quello di Johnny Hates Jazz, non me ne frega un cazzo. Però ce ne sono un sacco di queste qui. Io consiglio di non comportarsi mai da groupie, anche perché per quasi tutti i cantanti sono proprio l’ultimo gradino, sono oggetto di presa per il culo. Anche se, naturalmente, per alcuni di loro sono la vita».

Per non parlare della personale classifica stilata da Jova sulle figure più importanti della notte, in ordine dalla più importante alla meno importante:

Top ten della notte

1. Disc-jockey

2. Addetti alle public relations

3. Portieri dei locali

4. Attori, modelli, gente della tv, cantanti

5. Gay

6. Baristi (anche cornettari)

7. Belle fighe

8. Buttafuori

9. Paganti

10. Metronotte

A quanto pare i gay facevano categoria a sé. Non poteva esserci, che so, un cornettaro o un metronotte gay. Segue ora un trittico di capitoli che definirò «confusi»; partiamo da quello sulla palestra:

«Ora non ci vado già più. Prima ci andavo, perché leggevo dei cantanti che vanno sempre in palestra, di Madonna che va in bici, e allora ci sono andato anch’io. È bello, però adesso è un casino. Mi piacerebbe diventare grosso, avere i muscoli, che quando canti per tre ore non ti stanchi, l’efficienza fisica tipo Superman, che sali dieci metri e poi canti, poi pensi e hai la pensata geniale. Mi piacerebbe poter fare bene tutto quello che mi viene in mente. Mi piacerebbe saper volare».

Proseguiamo con la sezione dedicata ai boxer (le mutande, non i cani):

«I boxer li ho scoperti tardi, purtroppo, li ho scoperti due anni e mezzo fa, per. poi non li ho più mollati, perché è troppo bello avere il pisello che viaggia, è troppo bello. lo ho sempre portato i calzoni larghi, ma con gli slip non serve avere i calzoni larghi, allora quando ho scoperto che oltre ai calzoni larghi si potevano portare anche le mutande larghe, è stata una liberazione. Poi i boxer stanno bene, no?».

Per concludere con il capitolo sulla droga nel quale, dopo aver ribadito categoricamente che non si droga, non si è mai drogato e mai si drogherà, Jovanotti fa partire uno strano dissing nei confronti di Toto Cutugno:

«Un buon disc-jockey deve mettere la musica giusta, sudare e far sudare la gente. E deve tenere lontani i rovinati, perché i rovinati rovinano anche gli altri. Se arrivano i rovinati è un casino. Se cominciano ad arrivarne venti è un grande casino. Ci sono sempre le eccezioni: non usare droghe, in questo ambiente, è un’eccezione.

Tutta la musica, sempre, è stata influenzata da un tipo particolare di droga; la mia droga è speciale, particolare, unica... anche la musica di Toto Cutugno è influenzata da un tipo di droga, che è il vino rosso; la mia non è influenzata da nessun tipo di droga, semplicemente dal sudore, dal casino, dal ridere, dall’ubriacarsi di risate: mentre io mi ubriaco di acqua gasata, e così poi sudo, sudo e mi diverto anche a sudare».

Questo libro testimonia davvero uno zeitgeist, un momento peculiare della carriera di Jovanotti, forse il momento in cui è stato più profondamente divisivo. Mi sono sempre chiesto che cosa ne pensi di questo libro il Lorenzo dei giorni nostri. Mi sono permesso di chiederlo a Franco Zanetti che, anche in virtù della sua posizione di autorevole giornalista, con Lorenzo ha sempre avuto un buon rapporto. Zanetti ha risposto: «Non ho ancora capito se lo tenga come un ricordo prezioso di quel tempo che non c’è più, quindi da custodire gelosamente, o se semplicemente lo consideri come un guilty pleasure di quando era giovane».

Ai posteri l’ardua sentenza. Per quanto mi riguarda non posso che concludere riportando l’ultimo capitolo, che mi asterrò dal commentare:

La donna ideale

«Senza trucco, sempre allegra, di quelle che non rompono il cazzo, una che faccia tutto quello che le dici, sempre sorridente e gentile, una di quelle intelligenti che quando parli capiscono tutto, subito alla prima, che non si incazzano mai, che ti fanno duemila coccole però poi non rompono, e sono intelligentissime e parlano benissimo e quando sei in compagnia ti fanno fare una figura spaziale perché sono anche delle fighe esagerate. Perché non mi sposo? Perché non la trovo una così»!

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