"Alice Cooper banned in Italy", strilla la pagina di giornale della fittizia "The Italian Gazette", stampata su un enorme telone che domina il centro del palco e ne cela il cuore scenico. È il segnale che lo show sta per iniziare. Dall'immagine, gli occhi dell'artista, circondati dal suo inconfondibile trucco nero colato, fissano la folla di spettatori, mentre i componenti della band iniziano ad animare la scena. Sono da poco passate le 21.50 e l'oscurità della sera si è ormai impadronita del Parco delle Caserme Rosse di Bologna, che la sera dell'8 luglio ospita l'unica data italiana del tour "Too close for comfort", nell'ambito della rassegna estiva Sequoie Music Park. La pioggia è passata, permettendo al pubblico di godersi il concerto in tranquillità, ma lasciando anche un clima ben diverso dai giorni precedenti. L'atmosfera si scalda subito da sé, però. Le chitarre squarciano il silenzio, la batteria entra frenetica, e l'ombra di Alice Cooper appare dietro il tendone che scherza con la memoria collettiva, richiamando i tempi in cui, all'inizio degli Anni Settanta, i suoi show venivano banditi in alcuni Paesi per via delle sue performance considerate "primitive, barbariche e devianti". L'artista, oggi 77enne, squarcia in due la notizia che si è fatta sipario, per prendersi il centro della scena. "I'm back in your dreams / You can take my head and cut it off / But you ain't gonna change my mind / If you don't like it you can lock me up": i versi sovversivi di "Lock me up", dall'album "Raise your fist and yell" del 1987, dettano l'inizio del concerto, e i musicisti si stringono attorno a Cooper per amplificarne la teatralità. Il palco del Sequoie Music Park si trasforma in un luogo di narrazioni oscure, di sfide provocatorie e di visioni inquietanti, perfettamente in sintonia con lo stile che ha reso Alice Cooper un'icona: tra horror, ironia e performance vera e propria. Ecco che il rock diventa teatro dell’orrore.
Con il suo caratteristico cilindro in testa e i pantaloni in pelle neri, la voce corrosa dal tempo ma intatta nello spirito, Alice Cooper richiama fantasmi e memorie. Ma non c’è spazio per la nostalgia, solo storia e presente, per un viaggio nella sua ultracinquantennale carriera. “Welcome to the show”, dal recente "Road" del 2023, è un invito a lasciarsi andare alla spettacolarizzazione. Il pubblico, incantato più che partecipe, resta in bilico tra finzione e verità, dove il rock smette di essere solo musica e si fa linguaggio e visione. Accanto a Cooper è schierata la formazione che da tempo lo accompagna in tour, mentre il palcoscenico, con due scalette laterali e dei megaschermi sullo sfondo, è costruito per permettere continui movimenti. Dalla chitarrista Nita Strauss a Tommy Henriksen, ai più storici Ryan Roxie e Chuck Garric, fino al batterista Glen Sobel, ogni componente della band contribuisce ad animare lo spazio partecipando al racconto portato in scena. Non c'è staticità, ognuno si fa personaggio e le canzoni si susseguono a favore dello spettacolo. Per un'ora e mezza di concerto, con 24 brani in scaletta, Alice Cooper fa leva sui pezzi più significativi del suo repertorio. "No more Mr. Nice Guy" lascia subito spazio a "I'm eighteen", in cui il "Padrino dello shock rock" brandisce una stampella. "He's back (The man behind the mask)" vede comparire un’interprete nei panni di una turista invadente o di una fan fuori controllo, che rincorre Cooper con una macchina fotografica. La sua insistenza le costa cara: viene sgozzata da una figura mascherata, uscita da un vecchio film dell’orrore, con tanto di sangue finto che le cola vistosamente dal collo. In un altro momento dello show, immancabilmente, Alice porta poi sul palco Ethyl, la sua bambola a grandezza naturale, per il classico “Cold Ethyl”, ricreando questo storico dialogo tra due amanti, uno ancora nel regno dei vivi, l’altra ormai oltre. Dopo tanti anni è ancora una parentesi abbastanza inquietante da riuscire sempre a colpire, ma - per fortuna - la bambola tende a essere talmente ridicola nell’aspetto da smorzare la tensione. Come in ogni atto da Alice Cooper. Ma, a volte, è meglio non rifletterci troppo. Segue quindi "Go to hell", che lascia subito spazio a uno dei brani più amati, "Poison". Il celebre monologo di Vincent Price tratto dallo speciale TV del 1975 "Spirit of the Nightmare" regala una pausa ai performer e musicisti, pronti a riprendersi la scena subito dopo l'assolo di Nita Strauss.
Si riprende lo show con l’intramontabile "Ballad of Dwight Fry", in cui Cooper, stretto in una camicia di forza, interpreta un altro momento disturbante capace di lasciare il segno anche dopo cinquant’anni. Si passa così al famigerato momento della ghigliottina su "I love the dead", con Alice Cooper che viene simbolicamente decapitato. L'esecuzione è a opera della moglie dell'artista, Sheryl Cooper, vista già in azione, nella sua smagliante forma da ballerina ancora a 69 anni, in "Go to hell". Vestita come Maria Antonietta, Sheryl si diverte nella ben collaudata performance mostrando sul palco la testa mozzata di Alice, chiudendo la parte teatrale dello spettacolo. Dopo un altro cambio d'abito, da vero trasformista, con un completo bianco e cilindro coordinato, l'artista riporta tutti sotto i riflettori per il finale con un altro brano amato dal pubblico, "School's out". La chiusura del pezzo lascia sempre spazio alle celebri battute di "Another Brick in the Wall, Part 2" dei Pink Floyd, prima che la scena venga invasa da un mostro gigante per "Feed my Frankenstein" e lasciare Alice Cooper e la sua band salutare definitivamente Bologna.
Ecco la scaletta:
Lock Me Up
Welcome to the Show
No More Mr. Nice Guy
I'm Eighteen
Under My Wheels
Bed of Nails
Billion Dollar Babies
Snakebite
Be My Lover
Lost in America
He's Back (The Man Behind the Mask)
Hey Stoopid
Drum Solo
Welcome to My Nightmare
Cold Ethyl
Go to Hell
Poison
"The Black Widow" segment from Alice Cooper: The Nightmare (registrata)
Guitar Solo
Black Widow Jam
Ballad of Dwight Fry
Killer
I Love the Dead
School's Out
BIS
Feed My Frankenstein