Pochi giorni fa è diventato virale sui social un video nel quale un cantante iraniano, Aydin Nazmi, cantava “Zombie” dei Cranberries sotto i bombardamenti di Israele su Teheran. Girata su una collina della città iraniana, la clip vedeva Nazmi reinterpretare i versi del testo della hit di Dolores O’Riordan e soci legandoli alla situazione in Medio Oriente: «But you see, it’s not me, it’s not my family / In your head, in your head, they are fightin’ / With their tanks and their bombs and their bombs and their guns / In your head, in your head, they are cryin’». Dire struggente è dire poco. La cover ha sottolineato ancora una volta la triste attualità della canzone dei Cranberries, che purtroppo sembra non passare mai di moda. O’Riordan compose “Zombie” in memoria di due ragazzi, Jonathan Ball e Tim Parry, rimasti uccisi in un attentato a Warrington, nel Regno Unito, per mano dell’Ira, ovvero l’Esercito Repubblicano Irlandese, un’organizzazione paramilitare terroristica che in quegli anni si batteva per la fine della presenza britannica in Irlanda del Nord e la riunificazione con la Repubblica d’Irlanda. Era il 1993. La canzone sarebbe uscita un anno più tardi, nel settembre del 1994, pubblicata come anticipazione del secondo album della band irlandese, “No need to argue”. «A volte sembra che siano passati solo pochi anni, altre volte sembra un’eternità. Ci sono tanti ricordi ancora vividi nella nostra mente. È difficile credere che siano passati trent’anni dalla sua uscita», dice oggi il batterista degli allora semisconosciuti Cranberries, Fergal Lawler, a proposito del trentesimo anniversario dell’album che catapultò O’Riordan - scomparsa prematuramente nel 2018, a soli 46 anni - e soci in testa alle classifiche internazionali.
La ristampa del disco, che segnò una svolta per la band
A celebrare l’anniversario ci pensa un cofanetto deluxe in edizione limitata contenente tre vinili, in uscita oggi. Il 15 agosto arriveranno invece un’edizione deluxe in doppio lp e doppio cd, un lp, un cd e un’edizione digitale. Pubblicato originariamente il 3 ottobre 1994, “No need to argue” rappresentò una svolta per il gruppo irlandese, che già con i singoli estratti dall’album d’esordio dell’anno precedente “Everybody else is doing it, so why can’t we?” aveva catturato l’attenzione di Mtv, all’epoca un player centrale per l’affermazione delle band. Rispetto al loro album di debutto, più dream pop e jangle pop, “No need to argue” mostrò un suono più cupo, più potente e grintoso, che strizzava l’occhio al grunge. A partire proprio da “Zombie”, il brano simbolo del disco, che segnò anche una rottura netta con i toni più romantici e post-adolescenziali del primo disco, dando ai Cranberries un’identità più politica e impegnata. «Non c'è stata alcuna “sindrome da complicazioni da secondo album”. Dolores non aveva problemi a scrivere in tour e, anzi, era piena di idee. Spesso, una volta completata una canzone, veniva inserita direttamente nel set live, così il pubblico poteva ascoltare molti dei brani prima che fossero registrati. Ricordo di aver suonato “Zombie”, per esempio, all'inizio del 1993, durante il nostro primo tour europeo con gli Hothouse Flowers. La gente la adorò da subito», ricorda Lawler.
Le critiche per "Zombie"
"Zombie” denunciava la situazione di violenza in cui in quegli anni versava l'Irlanda del Nord. La canzone parlava della disumanità e della violenza: gli zombi del testo sono coloro che non vedono, assuefatti come dei morti viventi, incapaci di rendersi conto della violenza senza fine. «La gente dice che non avremmo dovuto scrivere “Zombie”, ma io sono irlandese. Sono un essere umano. Mi è permesso provare sentimenti per l’Irlanda del Nord, così come mi è permesso provare sentimenti per quello che sta succedendo in Bosnia. Li esprimo nelle mie canzoni. Sta alla gente decidere se ascoltarle o meno», spiegava nelle interviste Dolores O’Riordan. “Zombie” era senza dubbio il brano più apertamente politico e impegnato di “No need to argue”, ma il disco conteneva anche altri brani che, seppur in modo meno diretto, toccavano temi sociali o culturali. “Yeats’ grave”, ad esempio, era un omaggio al poeta irlandese W.B. Yeats che poi si allargava fino a diventare un tributo alle radici irlandesi della band, a sottolineare - con una vena patriottica - il valore della memoria artistica e nazionale. “The icicle melts” era ispirata al rapimento e all’omicidio del piccolo James Bulger, caso di cronaca nera che nel 1993 scosse il Regno Unito: una riflessione sociale dura e critica che parlava dell’orrore della violenza sui bambini.
L'eredità di "No need to argue"
“Zombie” conquistò il primo posto in classifica in Australia, Danimarca, Francia, Belgio, Germania, raggiunse la vetta della classifica Alternative Airplay di Billboard, e fu premiata come "Song of the Year" agli MTV Europe Music Awards del 1995. La speciale confezione in vinile da tre lp in edizione limitata di “No need to argue” include una demo inedita di "Zombie", registrazioni live di Woodstock '94 e l'MTV Unplugged della band, trasmesso originariamente il 18 aprile 1995. «Fu un onore partecipare all'MTV Unplugged e sono davvero orgoglioso che le nostre canzoni non avessero bisogno di tutti i fronzoli che si trovano in studio per suonare meglio. Funzionavano altrettanto bene, essenziali e suonate in acustico», riflette a distanza di trent’anni Lawler. “No need to argue” viene spesso citato come l'album che ha contribuito a consolidare la musica irlandese a livello mondiale: «Credo davvero che ciò che spinge le persone ad ascoltare i Cranberries sia l'onestà della loro musica - affermava Dolores O’Riordan - alcuni fan chiedono: “Non ti imbarazza cantare di queste cose?”. Ma io rispondo: “È questo che mi rende quello che sono. Non cambierò per nessuno”».