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Max Richter, il compositore che fa incontrare Bach e i Kraftwerk

Il genio della musica contemporanea sarà in concerto il 6 luglio al Ravenna Festival.
Max Richter, il compositore che fa incontrare Bach e i Kraftwerk
Credits: Marie Sutter

«Cerco di dare più spazio all’ascoltatore, usando un linguaggio più semplice e diretto. Il che non significa che la mia sia musica semplicistica: ho impiegato un grande lavoro per farla sembrare semplice», ha detto una volta Max Richter parlando delle sue composizioni. Richter, per chi non ne avesse mai parlare, è considerato un vero e proprio pioniere del movimento neoclassico, noto per il suo stile che unisce classica, elettronica e minimalismo. Con le sue produzioni il compositore, pianista e produttore tedesco, ma britannico d’adozione, ha messo in musica un principio estetico e filosofico: less is more. Influenzato tanto da Bach quanto da Brian Eno e Philip Glass, attraverso melodie emotive e ripetitive che creano un’atmosfera ipnotica Richter si è consacrato da tempo come una figura di spicco nel panorama della musica contemporanea. Parlano per lui non solo lavori come “The blue notebooks” del 2004 (contenente quella “On the nature of daylight” utilizzata in moltissimi film, a partire da “Arrival” di Denis Villeneuve), “Sleep” del 2015 (un’opera monumentale lunga addirittura 8 ore: pensata per essere ascoltata durante il sonno, esplora la relazione tra musica e stato di coscienza) e “Voices” del 2020, ma anche colonne sonore come quella della serie “L’amica geniale” e collaborazioni come quelle con il coreografo Wayne McGregor o Marina Abramovic. Domenica 6 luglio farà tappa al Ravenna Festival col suo tour del suo più recente album da solista "In a landscape”, in concerto al Pala De André (le prevendite sono già aperte, i biglietti sono disponibili a questo link): l’appuntamento è un’occasione imperdibile, per il pubblico italiano, per conoscere più da vicino un autentico genio della musica contemporanea, considerato da molti come il ponte tra la musica colta e la musica elettronica, nella cui musica convivono tanto i grandi compositori della storia quanto i Beatles e i Kraftwerk.

È stato lui, nato in un piccolo villaggio della Bassa Sassonia, in Germania, ma cresciuto nel Bedfordshire, a nord di Londra, a rivelare come la folgorazione dell’iconica band tedesca lo abbia segnato: «Il mio primo ricordo di ascolto consapevole è stato J.S. Bach. Fui trasportato dalla percezione che ci fosse una grammatica che lo rendeva possibile». Tutto cambiò quando Richter ascoltò per la prima volta, da adolescente, la linea di basso di “Autobahn” dei Kraftwerk: «Fu come essere colpito da un fulmine». La musica è stata una sorta di ossessione compulsiva fin da quando era ragazzino: «Ho iniziato a comporre prima di sapere cosa significasse davvero - ha detto alla rivista Qobuz - all’età di cinque o sei anni, in testa avevo sempre delle canzoni che riconfiguravo e riarrangiavo, un po’ come un bambino farebbe con dei mattoncini Lego. Lo facevo in continuazione, ma non capivo che voleva dire comporre. Era una cosa inconscia, e mi ci è voluto molto tempo per rendermene conto».

È stato in Italia che Max Richter è riuscito ad espandere completamente il suo spettro musicale. Complici gli studi a Firenze con Luciano Berio, pioniere italiano della musica elettroacustica, interessato alla musica concreta, seriale ed elettronica nella tradizione del lavoro di Karlheinz Stockhausen e di John Cage. Berio, scomparso nel 2003, indicò a Richter la strada da seguire: «Ciò che trovavo così sorprendente nel suo lavoro era il modo in cui riusciva a integrare una prospettiva modernista molto rigorosa con un coinvolgimento profondo nella storia della musica. C’era qualcosa di molto inclusivo nella sua scrittura. Penso che ci fosse un forte senso di continuità musicale».

Lanciato dalla FatCat, etichetta di Brighton - nata da negozio di dischi specializzato nell’importazione di album americani techno e house - che si è fatta un nome pubblicando artisti come Sigur Rós, Múm, Animal Collective e Frightened Rabbit, oggi Richter incide per Decca. A proposito di “In a landscape”, che presenterà al Ravenna Festival, dice: «È un album sulla riconciliazione tra poli contrapposti, che fonde l’elettronico e l’acustico. È un disco di protesta, ma è più interessato a cercare di andare oltre le polarità e le opposizioni perché il mondo ora è molto polarizzato. Tutto è molto estremo e penso che ci sia la tendenza delle persone a non riuscire a parlarsi. Quello che sto cercando di fare con questo materiale è conciliare gli opposti».

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