Lowtopic cerca nell’elettronica qualcosa di sé
Lowtopic è un produttore, polistrumentista e live act genovese, direttore artistico di Boem Festival e della neonata Unsouth Records, con una trentina di tracce all’attivo tra album, ep e remix pubblicati per etichette italiane e internazionali. È quella tipologia di artista che quando lo si incontra si nota il suo avere qualcosa di ancestrale e allo stesso tempo di moderno, immerso tra ritualità antiche ed emozioni collettive legate all’oggi. All’anagrafe Francesco Bacci, classe 1989, è stato membro della band punk-hc 1000 Degrees (2008-2015) e chitarrista della band indie pop Ex-Otago (2010-2022). Nella musica elettronica ha ritrovato casa e una nuova anima a cui ha scelto di dare spazio e priorità con continue pubblicazioni, live e collaborazioni. Ha recentemente esteso il progetto alla composizione di colonne sonore per cinema, teatro e installazioni. “Sono sempre stato ‘un ragazzo da band’ che però alla fine ha dovuto fare i conti con la solitudine – spiega – perché l’elettronica e il lavoro in studio, da soli, porta a quello. Il mio studio è sotto casa di mio nonno e quando ho dovuto salutarlo perché è morto, quella sensazione è aumentata. Così nei pezzi, soprattutto negli ultimi che ho realizzato, ho inserito frammenti di ricordi e di momenti con persone con cui ho condiviso attimi speciali. I miei figli, la mia compagna Paola, i miei amici. È come se nella mia musica cercassi un senso al perché di quello che sono tutti i giorni”.
Il progetto Lowtopic ha casa a Genova, ma se ne sta parlando sempre di più anche fuori dai confini liguri, merito dei suoi live europei e soprattutto della qualità di quello che fa. Ha casa in uno studio, quello sotto casa del nonno che purtroppo non c’è più, pieno di chitarre, sintetizzatori, un pianoforte, pedalini, statuette, piante, posaceneri, libri e macchinette per il caffè. Lowtopic live è accompagnato da Emilio Pozzolini (port royal, Earth Begins) ai sintetizzatori modulari e Nicola Villa (Visual Substance) ai visuals, in una performance immersiva fatta di improvvisazione, tracce riarrangiate, mashups, breakbeats, clubbing, cavetti, potenziometri, tasti e accordi nostalgici al piano elettrico.
“Nell’elettronica ho ritrovato il punk, la controcultura, la voglia di muovermi, studiare, mettermi in discussione – prosegue l’artista - mi sono spostato dalla zona di comfort. Ho un’identità atipica, non certo quella del producer/clubber. Ho due figli, un PhD e abito in una città che ha un cattivo rapporto con la contemporaneità. Ma continuo a credere che non ci sia niente di meglio che andare a suonare. Caricare i synth, collegare cavetti, prendere un aereo, leggere le espressioni del pubblico, fare chiacchiere e chilometri. Alla fine mi interessano più le persone, i potenziometri e le casse che vibrano piuttosto che i reel. So con relativa certezza di aver fatto più di cinquecento concerti in quasi venti anni di musica e suonato in una quindicina di Paesi, ma non ho molta idea di quanti stream abbiano collezionato le mie tracce. Lowtopic ha cinque anni, uno in meno della mia prima figlia, ma è già la cosa più identitaria e lucida che abbia mai fatto. Ho scelto la musica quando stavo per perderla, come se prima mi fosse semplicemente capitata”.
Il suo ultimo lavoro è “Places”, in uscita il 13 giugno, è una collezione di ricordi in ordine sparso. È il suo progetto più vario. Un pretesto per capire qualcosa di sé parlando degli altri. Una scusa per ricordarsi le persone raccontando i luoghi. “Emilio Pozzolini mi ha detto: ‘la cassa dritta è la tua copertina di Linus’ e così a questo giro mi sono scornato con i beat, con la timbrica, ho cambiato ancora strada per non ripetermi”, sorride. Nuove tracce, un insieme eclettico di elettronica strumentale fatta di sintetizzatori analogici e modulari, tasti, corde, samples e field recordings. Breakbeat e downtempo, accenni al clubbing, suoni organici e una capillare ricerca di sound design lo rendono un lavoro coeso ed eterogeneo per chi ha voglia di muovere le spalle tra sé e sé. “Tutta la musica è autobiografica – ammette - scrivo per capire qualcosa del modo in cui cerco di stare al mondo. Quando passo le ore a cercare un suono mi sento come Pirsig ne ‘Lo Zen e la manutenzione della motocicletta’. C’è sempre più musica elettronica in giro: anche se è un linguaggio con un bel po’ di decenni alle spalle, pare ci sia molto spazio ancora da esplorare”.