Marco Mangiarotti
Intuizione sul futuro, piattaforma di critica democratica, investimento sulle nuove tecnologie per parlare di musica online, ma per la prima volta in tutti i suoi aspetti, creativo, di comunicazione, marketing, industria, edizioni. Archivio ed eventi. Mente e braccio di questa rivoluzione è Giampiero Di Carlo, bocconiano, imprenditore, passato di giornalista musicale, al suo fianco Franco Zanetti, un professionista che conosce tutto dell'industria musicale, discografico, comunicatore, giornalista, scrittore. E una squadra di grande indipendenza e qualità, con Gianni Sibilia prof alla Cattolica. Oltre la critica e la musica online, Rockol è diventato, dalla cosa che non c'era, la casa di contenuti, approfondimenti e servizi. Seria, competente, attendibile. Solo complimenti e stima per voi.
Stefano Mannucci
Un rito quotidiano. Apri la finestra di Rockol e capisci subito che musica faccia, lì fuori. Passaggio obbligato, se vuoi cogliere con nettezza gli orizzonti del rock, del pop, del rap e i dettagli ravvicinati di uno scenario in cui diventa sempre più complicato orientarsi. Perché il lavoro di quella conventicola di adorabili pazzi di Rockol è quasi da missionari: in trent’anni non è solo cambiato l’intero pianeta, ma sono cambiate anche le orbite della Rete, sempre più affollate di rottami e di oggetti pericolosi. E loro lì, a rivendicare – e mostrare – onestà intellettuale, zelo e una vaga forma di ossessione per il mestiere dei gazzettieri onesti, mentre attorno gli sprovveduti internauti si lasciano inghiottire dai buchi neri del clickbait, i siti truffaldini che con titoli oltre i confini della menzogna magnetizzano l’attenzione di ragazzi che vivono con i device in mano, disposti a concedere un’attenzione di cinque, dieci secondi, sbirciando da un qualunque oblò prima di passare oltre, con un tedio mascherato da eccitazione, nel vuoto pneumatico delle emozioni. Rockol è per chi nasconde un DNA analogico e magari ha una carta d’identità digitale. Coi Boomer e la Generazione Alfa incuriositi da un linguaggio e da una linea editoriale dove la breaking musicale si allinea al Racconto, alla Storia, alla Recensione. Una narrazione verticale, dunque dal ritmo slow e meditato, che si sottrae alla vertigine delle due-tre frasette buttate lì “perché sennò i teen non ci seguono”, e che ostinatamente ripropone la sensatezza del giornalismo alla vecchia maniera, dove ogni notizia deve essere verificata e possibilmente anticipata, nella contesa di chi arriva per primo o comunque seleziona, come diceva qualcuno, “all the news that’s fit to print”. La regola aurea di ogni testata che meriti rispetto. Di ogni finestra che valga la pena aprire, ogni dannato giorno.
Tonino Manzi
E’ con grande piacere che festeggio con voi il 30° compleanno di Rockol, perché mi permette, tra l’altro, di ricordare quando al Festival della Canzone Italiana di Sanremo del 1994, Pippo Baudo, sposando le ragioni della Comunicazione, fece sue le richieste dell’Ufficio Stampa della Rai consentendoci di “occupare” le nuove tre sale del Roof del Teatro Ariston. Si riuscì cosi ad offrire un’adeguata sistemazione (negli oltre 1000 metri quadrati, che allora ci sembrarono troppi!) agli inviati della stampa italiana e straniera, a quelli delle radio-tv estere e ai fotografi, fino allora relegati nel Cinema Ritz nel piano sotterraneo dell’Ariston, dove si tenevano anche le conferenze stampa. E fu così che l’anno dopo, nel 1995, facemmo la conoscenza dei pionieri di “Rock On Line”, la prima testata web ammessa al Festival. La Rai del Festival “scoprì” così - anche grazie al mitico Bepi Nava, allora nostro Capo Redattore - l’importanza di questo linguaggio del futuro, stabilendo anche con voi un’importante collaborazione.
Quella edizione del Festival creò, così, le premesse per sviluppare un sistema integrato di comunicazione tra la “carta stampata”, le agenzie fotografiche, le radio-tv nazionali ed estere, l’informazione del web, che consente, dal 1995 all’Azienda di Viale Mazzini, di riaffermare in ogni edizione del Festival: “Perché Sanremo è Sanremo!”.
Con l’augurio di potere festeggiare anche il vostro prossimo traguardo, vi ringrazio dell’amicizia.
Bruno Marzi
Se Rockol compie trent’anni vuol semplicemente dire che io e Franco Zanetti abbiamo trent’anni in più e meno illusioni. Già: gli albori del Web, che esisteva da un po’ (ad agosto arrivava Windows 95 con “Start Me Up” degli Stones come jingle) ma non si occupava seriamente di musica, se non nel mondo anglosassone e un po’ in Francia. Di certo, non in Italia. Infatti, dopo la nascita, vent’anni prima, del movimento generale delle radio private o “libere” (dai lacci e lacciuoli Rai) il mondo della radiofonia, che vedeva i primi soldi veri entrare in cassa, si tuffò di testa verso il facile ascolto tramite i network, che di per sè non sarebbe un male, se preso a piccole dosi. Insomma, qualcosa come Rockol doveva arrivare, prima o poi, ma loro sono stati effettivamente i primi, Franco per la parte giornalistica, e Giampiero “G.P.” Di Carlo per il lato tecnico e amministrativo. I Due sono ancora sulla tolda e ci rimarranno fino all’ultimo - o penultimo - respiro. Io, in pratica, inizio adesso con “brunomarzi.com” ma non vado certo in concorrenza...
Il nome completo, all’esordio e per un po’ di tempo, era “Rock On Line” e spiegava bene le intenzioni. Che erano meritorie: portare l’informazione musicale in Rete, visto che la carta stampata stava pesantemente facendo retromarcia. Va detto che negli anni sono nati diversi siti di informazione musicale italiani, ma senza la risposta di pubblico e l’autorevolezza dei Primi. Adesso infatti si parla di aziende, bilanci e utili, e di conseguenza...
Sfogliando le pagine di Rockol, oggi, vediamo che il palinsesto è rimasto sostanzialmente lo stesso, seppur modificato graficamente e con contenuti ahimé legati alla banale attualità musicale. Perché questo è quello che passa il mercato sottocasa. Anche riviste “rovinate” da noi come “Rolling Stone” (ci scrivevo nel 1980) hanno scelto la via del Web. La differenza però sta nel “manico”. E il bresciano Zanetti di manico ne ha ancora parecchio. Per cui, stiamo sereni per i prossimi trent’anni, intenzionati anche a battere record di longevità (si andrà sui cento) e a parlare ancora di Jagger e Richards, immortali.
Michele Monina
Caspita, il 2 giugno 2025 compirò cinquantasei anni, sia mai che non riesca a piazzare un po’ di autofiction anche in poche righe, ma nello stesso giorno si festeggia un compleanno decisamente più tondo, e credo anche più rilevante: i trent’anni di Rockol. Fa una certa impressione pensare che a metà degli anni Novanta ci fosse già un sito internet, perché ai tempi la rete era ancora qualcosa che per i più sembrava quasi fantascientifico, in fondo “Neuromante” era di una decina d’anni prima, e lì internet la si profetizzava. Di fatto sono esattamente trent’anni che se si vuole avere una notizia nel campo musicale, se si vuole una recensione seria, senza personalismi, se si vuole sapere quel che gira dietro le quinte come quel che succede sul palco è a Rockol che tocca fare riferimento. Considerando che da queste parti scrivono anche alcune delle rare firme che, personalmente, ahi l’autofiction, stimo tra quelli che considero colleghi, penso al mitico Franco Zanetti, che per questo mitico si incacchierà, ma anche a Gianni Sibilla, Claudio Cabona, Mattia Marzi e Luca Trambusti, beh, direi che ce n’è davvero abbastanza per alzare un immaginario calice al cielo e dire evviva. Magari neanche troppo immaginario, che la vita è già dura di suo. Buon compleanno, Rockol, altri cento di questi giorni.
Massimo Poggini
A Giampiero Di Carlo bisogna riconoscere di essere stato un visionario. Trenta anni fa, quando fondò Rockol, il web per i più era qualcosa di misterioso, per non dire di sconosciuto. Erano in tanti a snobbarlo, a cominciare -almeno in Italia- dai grandi gruppi editoriali. Io all’epoca lavoravo a “Max”, edito dalla Rcs Periodici. Per alcuni anni sono stato uno dei componenti del Cdr (Comitato di redazione), quindi ebbi l’onore e l’onere di partecipare alle prime riunioni con “la dirigenza” per parlare di questo oggetto che nessuno sapeva esattamente cos’era. Erano riunioni in cui spesso venivano coinvolti presunti “esperti” che pretendevano di spiegare non tanto le potenzialità di questo nuovo mezzo di comunicazione, quanto come avremmo dovuto scrivere i nostri articoli da quel momento in poi, in sintonia col marketing. Ovviamente facendo incazzare parecchia gente. Anche perché questi “esperti” in realtà sparavano cazzate a raffica (scusate il francesismo).
Qualche tempo dopo, nei primissimi anni duemila, quando persino i geni del marketing stavano iniziando a intuire che il web stava diventando una cosa seria, alla Rcs stanziarono una cifra consistente, tre milioni di euro, gestita da un gruppo di persone libere di investirla come meglio credevano, e alle quali nessuno poteva chiedere niente, né noi del Cdr, ma nemmeno i vertici aziendali. Insomma, per dirla con Corrado Guzzanti, “facciamo un po’ come c… ci pare”. E se posso permettermi di esprimere un parere basato sui risultati ottenuti, direi soldi buttati.
Tornando a Rockol, non credo che abbiano mai avuto a disposizione una cifra così consistente e, non essendo presente, non so cosa dicevano nelle prime riunioni Di Carlo e gli altri membri fondatori. Ma penso che parlassero dei temi che avrebbero affrontato, in particolare di musica, con competenza e passione. Infatti Rockol si è imposto fin dall’inizio come il più completo e più seguito sito italiano di musica, realizzato da persone che sanno maneggiare come si conviene l’argomento. A cominciare dal direttore Franco Zanetti, un super-esperto che si occupa di musica da tutta la vita, e che ne ha eviscerato ogni aspetto, prima come discografico, poi come giornalista e autore di libri importanti.
Ma tutto lo staff di Rockol merita un encomio. Per non far torto a nessuno, non cito altri nomi (il rischio di dimenticarne qualcuno è sempre alto). Ma sono certo che ognuno di loro, oltre che la propria esperienza, ci mette il cuore nelle cose che scrive e nelle varie attività collaterali che porta avanti.
Anche per questo, quando Rockol mette il proprio timbro su una nuova iniziativa, potete star certi che diventerà qualcosa di importante. È il caso dei Rockol Awards, nati nel 2017 e che da allora, eccezion fatta per l’edizione 2020 (causa Covid), alla Santeria di Milano hanno premiato i migliori album e i migliori live. Magari in qualche occasione sarà pure capitato di storcere il naso per la scelta fatta, però non si può negare che hanno sempre premiato nomi di valore: quasi sempre gente che fa buona musica.
Del resto questa è la mission di Rockol in un’epoca in cui -purtroppo- i giornali di carta su cui si sono formati quelli della mia generazione sono scomparsi quasi del tutto: avere un punto di riferimento che ci aiuti a comprendere cosa c’è di interessante in quel mondo sempre meno intelligibile che è la Musica (scritto con la M maiuscola, mi raccomando).
Buon compleanno, amici di Rockol. Spero di leggervi ancora a lungo.
Francesco Prisco
Ho “letto” per la prima volta Rockol su un giornale di carta. Su una rivista, più precisamente: non mi ricordo nel dettaglio quale fosse – forse Linus, il Mucchio, Buscadero, boh: leggevo di tutto 30 anni fa o giù di lì – ma ricordo che ero in treno. E ricordo questo articolo che salutava la nascita di un portale (termine molto in voga all’epoca) interamente dedicato alla musica rock, principale ragione di vita del ragazzo che ero. Il nome del direttore editoriale, Franco Zanetti, non passava poi inosservato agli occhi di un beatlesiano militante. Insomma: ce n’era abbastanza per chiudere la rivista cartacea, prendere il telefonino e cominciare a sfogliare Rockol. Il problema era che non avevo ancora un telefonino e, seppure ce l’avessi avuto, i telefonini non navigavano ancora su Internet. E, per avercelo a casa, il cosiddetto web, avrei dovuto aspettare ancora un paio d’anni. In fondo quella che mi era capitata tra le mani, sfogliando la rivista di quel viaggio in treno, era una specie di cartolina spedita dal futuro. Un futuro di 30 anni dopo nel quale in Italia le riviste musicali esistono ancora, certo – anzi: sono probabilmente più numerose dei loro stessi lettori – ma, se vuoi recuperarne lo spirito originario, fai prima a collegarti con Rockol.
A Franco, Giampiero, Gianni, Davide e a tutta la redazione i miei migliori auguri di buon compleanno!
Stefano Senardi
Conosco e leggo Rockol dalla prima ora. Per quanto mi riguarda è stato ed è tuttora il principale strumento di mio aggiornamento sullo stato della professione della musica in Italia e all’estero. Lo trovo preciso e puntuale, senza troppi fronzoli; anche oggi che sono personalmente e professionalmente lontano dalle vicende dell’industria discografica, in qualche modo mi sembra di farne parte. Ma soprattutto Rockol mi aiuta
Andrea Spinelli
Competenza, affidabilità, autorevolezza sono valori non proprio scontati per chi fa informazione. Rockol ha saputo mantenerli intatti per trent’anni, rimanendo anche per questo un riferimento obbligato del settore e di quanti ancora considerano la musica una ricchezza della vita.
Renato Tortarolo
Ho sempre letto molto. Di musica. Non c’era altra strada. O erano pochissime: viaggiare, ascoltare dischi, andare ai concerti. Soprattutto leggere ogni sillaba su quel mondo. Un giorno scopri che qualcuno la pensa come te, ha i tuoi stessi sogni. Scrive come vorresti parlare, o tu cominci a raccontare quello che la compagna di banco non ha mai scoperto prima. Era una meraviglia. C’era un tempo infinito davanti. E c’è stato davvero.
Sono cresciuto con Rolling Stone americano, Billboard, le classifiche quando erano reali. Il segno del talento, la brutale disillusione subito dopo. Non c’è mai più stato nulla del genere, una bolla alimentata sino alla nascita del punk e del rap. In Italia avevamo qualcuno che ci capiva, e anche bene, due riviste: Gong e Muzak. Chilometri di pensieri e recensioni, come andare verso un tramonto e rendersene conto solo quando ormai è tutto buio.
Poi, trent’anni fa, è arrivato Rockol.
Senza remore. Impavidi, quelli che scrivevano. Niente snobismi. Poche concessioni all’industria. Un passo dopo l’altro, commenti che sono lame affilate, intuizioni che mi riportavano ai tempi d’oro. Per fortuna è durata. E’ un tempo infinito. Trent’anni. Viva gli indipendenti, c’è quella cantautrice, brava ma non se la fila nessuno. C’è quella band, almeno non sono maistream. C’è un modo di vedere le cose con lucidità e un po’ di spericolatezza. Se vuoi sapere com’è l’altra faccia di un pianeta che vive solo di numeri, perlopiù gonfiati, atterra su Rockol. Male che vada, imparerai qualcosa, un nome, uno stile, un’idea. Bravi.
Federico Vacalebre
Cresciuto con le fanzine (quelle lette, quelle fatte, gli spazi vuoti in pagina lasciati con la didascalia «qui doveva esserci una foto ma non è arrivata in tempo»), approdato al giornalismo musicale su un quotidiano, «Il Mattino», in direzione doppiamente ostinata e contraria (quella del giornale, voce sudista in un modo musicale non nordista ma di più; quella mia, salvato dal punk e da Giulietta Sacco, oltre che dai Velvet Underground), ho visto in rete affacciarsi tante realtà che provavano a raccontare la musica in divenire con alterna fortuna, alterna qualità, alterni risultati.
I trent’anni di Rockol ci dicono oggi una cosa partendo dal nome, ostentatamente vintage, con richiamo al «rock» quasi un ossimoro in tempi di «on line», di suoni virtuali, di vite virtuali. Contro quei suoni/vite leggicchio sempre con piacere le news della piattaforma, soprattutto a prima mattina, dopo il secondo caffè (al primo non sono ancora me stesso): mi dicono che... eppure il vento soffia ancora (Bertoli docet), che «forse qualcosa si è salvato» (Vasco canta), che «if the kids are united they will never be divided» (qualche dinosauro come me ricorda gli Sham 69?), che, insomma «eppur si muove» (Galileo Galilei, ma non è una band).
La mole di informazioni mi riporta a quelle fanzine, «Megawave» fu la prima del Mezzogiorno d’Italia, ciclostilata o fotocopiata, a seconda di quello che trovavamo a disposizione, quando un 45 giri di una nuova band australiana ci sembrava evento epocale, quando l’arrivo in provincia di un gruppo scozzese si imponeva con il passaparola e poco importa che quando arrivava il giorno prefissato si scoprisse che il concerto era stato annullato, ne approfittavamo per scambiarci registrazioni live dei Ramones o dei Suicide e poi bere birra e provare a convincere la punkina di turno ad improbabili evoluzioni sessuali.
Ecco, insomma, buon compleanno Rockol e, quand’è possibile, restate carbonari, parlatemi di un nuovo gruppo tex-mex di Austin. Mi serve.
Marinella Venegoni
Dopo le notizie del “New York Times”, Rockol è la mia seconda lettura del mattino. E’ passato così tanto tempo che nemmeno mi ricordo di come sia andata la scoperta, anche se mi pare ovvio sia stato Franco Zanetti il diretur, amico di lunghissima data, ad avvertirmi della rivoluzione in corso, in quei primissimi tempi.
Allora mi sembrò una novità straordinaria, che volava sopra i confortanti disagi della carta e ti dava il mondo della musica popolare fresco e appena sfornato come un croissant. Con il tempo e le abitudini, è cresciuta la scelta online ma francamente - e non perché sono qui a spegnere le candeline - dico che ancora oggi Rockol mi sembra la panoramica più completa, a volte persino troppo, di tutto ciò che accade su quel terreno: apprezzo le anticipazioni, le notizie ma anche e soprattutto le recensioni, che sono diventate sempre più rare (sui quotidiani sono in verità scomparse), da quando la musica va “di moda” solo per le cazzate, e infatti sul web ormai, nel campo, sono quelle a prevalere.
Qui invece trovi i giudizi, non tutti ma moltissimi, in quella sola forma nella quale è possibile parlare di un album in uscita. Cosa non facile, che si andrà perdendo.
Una specie di piccolo santuario, questo sito, con quella reliquia che è diventata la musica fatta sul serio e non solo per la serie “prendi i soldi e scappa”. La parte dedicata all’industria è utile ma non mi piace vederla separata graficamente, e tanto mica faccio il direttore posso pure dire quel che penso.
Ho fatto amicizia con alcuni di questi pazienti e onesti signori che danno il voto a prescindere su Rockol. Sono una devota di Sibilla, delle puntigliose ricostruzioni di Zanetti, della freschezza tosta di Mattia Marzi, tanto per dirne qualcuno. Anche qui ci sono poche donne eh, anzi quasi nessuna, ma nessuno come me sa che in questo campo la rivoluzione non è accaduta, essendo stata troppo a lungo l’unica nelle truppe cammellate che girano (giravano) il mondo a raccontare le star e i concerti.
Buon compleanno Rockol, e tu che puoi non invecchiare.
John Vignola
Per me Rockol è autorevolezza, non solo perché viene gestito con un piglio giornalistico di un tempo, che utilizza la Rete per ribaltarne l'inattendibilità, quasi miracolosamente.
Soprattutto, perché la maggioranza delle firme che lo attraversano - fra cui la mia, fortunatamente per il sito, non è mai apparsa - è la migliore garanzia di una storia che celebra una delle rare vittorie della divulgazione musicale in un'epoca di sparizione o di impoverimento progressivo, non solo in Italia, delle cosiddette riviste cartacee in tema.
Rockol ribadisce invece che si può, o si potrebbe, fare ancora approfondimento, creare notizie e mettere insieme un archivio sensato su quello che chi scrive ama di più, il pop dai vasti orizzonti artistici. Per questo gli va da parte mia tutta la riconoscenza, prima ancora che di un addetto ai lavori, di un sincero appassionato di buona comunicazione.