Quest’anno ho seguito Sanremo da casa, assistendo su Raiplay a tutte le conferenze stampa del mezzogiorno (ore buttate ad aspettare qualche domanda che riguardasse la musica, che è ciò di cui noi ci occupiamo, e non le collane griffate o le magliette con sigle misteriose che sembrano essere state l’interesse principale di chi occupava le sedie della sala stampa) e seguendo – non per intero, e non tutte - le serate televisive.
I pareri di Rockol sul Festival sono stati espressi da chi era sul posto, Gianni Sibilla e Claudio Cabona. Il mio non interessa, ma vorrei dedicare qualche riga a un gesto che non mi aspettavo e mi ha colpito.
Il 14 gennaio scorso è morto Fausto Cogliati. L’avevo conosciuto nel 1980: eravamo entrambi sotto le armi, ed entrambi ci eravamo dati un gran daffare per ritagliarci uno spazio che non fosse (solo) quello delle marce e delle guardie. Incaricato dal comandante della caserma Piave di Albenga, il tenente colonnello Giuseppe Farina, avevo preso in mano l’organizzazione di uno spettacolo di arte varia – comici, attori, musicisti - che si sarebbe tenuto a dicembre a Casarsa della Delizia, in Friuli. Per questo avevo selezionato, fra i militari in forza alle caserme di Albenga (Piave e Turinetto), quelli che avrebbero potuto dare un contributo alla realizzazione dello spettacolo, che avremmo intitolato con scarsa modestia “Le Stelle dell’Ariete”. Per fortuna, e anche per un po’ di fiuto da talent scout, il cast dello spettacolo comprendeva alcuni nomi che si sarebbero fatti strada nella musica. Nel gruppo musicale, la Cremisi Fez Band, c’era Danilo Minotti, che poi sarebbe diventato un chitarrista importante, avrebbe collaborato fra gli altri con Claudio Baglioni e Mina, ed è purtroppo scomparso giovanissimo nel 2015. C’era Daniele Di Gregorio, che sarebbe diventato il percussionista di Paolo Conte. C’era Francesco Romagna, che poi avrebbe suonato a lungo con i Giganti. C’erano Marco Strada e Beppe Semeraro, ottimi tastierista e armonicista. E c’era anche Fausto Cogliati, che stava per concludere la sua naja e che riuscii a inserire nel cast nonostante a lui mancassero solo pochi mesi per togliersi la divisa. Con lui preparammo il repertorio del gruppo - che apriva la prima e la seconda parte dello spettacolo con due canzoni di Fausto (“Fuoco!” e “Canzone per Elena”) – e ci divertimmo a mettere insieme un medley di canzoni tradizionali delle varie regioni italiane riarrangiate a disco music, che intitolammo “Disco Italia”.
Fausto non partecipò al tour delle caserme che “Le Stelle dell’Ariete” intrapresero da gennaio 1981 in avanti: era già tornato a casa (io avevo ancora qualche mese da passare in grigioverde). Lo ritrovai nel 1988 a Sanremo, quando partecipò con i suoi Lijao al festival con “Per voi giovani”, e ho poi sempre seguito la sua attività da musicista e da produttore: ci siano incrociati altre volte, altre ancora ci siamo sentiti per telefono, abbiamo partecipato a una reunion di commilitoni in una cena milanese, e insomma non ci siamo persi di vista, ecco. La notizia della sua morte mi ha addolorato molto, e sono andato al funerale, affollatissimo, dove sono certo di aver visto sia J-Ax sia Fedez (se c’era qualcun altro fra quelli che hanno lavorato con lui, mi scuso per non averlo riconosciuto o citato). E mi ha fatto piacere che ci fossero.
Così come mi ha fatto molto piacere, ed ecco che torno al titolo di questo articolo, quando sabato sera Fedez, dopo aver cantato “Battiti”, ha ricordato Fausto con poche ma sentite parole. E’ stato un bel gesto, e ringrazio Fedez per questo.