Pink Floyd, Metallica, Nirvana: piaccia o no, Miley è rock’n’roll
Era il 2010 quando Miley Cyrus spedì nei negozi “Can’t be tamed”, il suo primo disco da cantante “adulta”, pronta a lasciarsi alle spalle quel passato pop adolescenziale che avrebbe definitivamente chiuso in soffitta quando tre anni più tardi, con “Wrecking ball”, “uccise” l’alter-ego di Hannah Montana. Tra le dodici tracce di quell’album, quasi tutte dalle sonorità dance pop (tra i produttori, però, c’era John Shanks, già al fianco di Bonnie Raitt, Joe Cocker e Stevie Nicks, oltre che Sting, Santana e Alanis Morissette), c’era una piccola perla: una cover della figlia di Billy Ray Cyrus di “Every rose has its thorn”, successo della band glam metal statunitense dei Poison datato 1988. Forse i sacerdoti del rock che si sono stracciati le vesti leggendo le dichiarazioni alle quali la cantautrice si è lasciata andare in una recente intervista, rivelando che il suo prossimo album “sarà un visual concept album ispirato a ‘The wall’ dei Pink Floyd” (come osa?!), l’avevano rimossa. Eppure quella rivisitazione dell’ex Hannah Montana della hit dei Bret Michaels e compagni è ancora su YouTube, a ricordare il pedigree rock della popstar.
Quella di realizzare un “visual concept album” ispirato al classico dei Pink Floyd è solamente l’ultima follia rock’n’roll di una popstar che, almeno nell’attitudine e nelle intenzioni, è sempre stata molto poco pop e decisamente molto rock. Quando nel 2019 pubblicò l’Ep “She is coming”, Miley Cyrus scelse di “rubare” ai Sex Pistols il loro manifesto: sulla copertina si fece fotografare con un top con su scritto “Never mind the bollocks”, “Sbattitene i coglioni”. È quello che ha fatto lei ogni volta che le è passato per la testa di confrontarsi con dei miti del rock, che si trattasse di cantare nei concerti “Smells like teen Spirit” dei Nirvana (come fece nel 2011 proprio in occasione degli show legati allo stesso “Can’t be tamed”), di partecipare a un tributo a Chris Cornell reinterpretando “Say hello 2 heaven” dei Temple of the Dog o di cimentarsi in una cover di “Why’d you only call me when you’re high?” degli Arctic Monkeys (come nei concerti del tour del 2014 legato all’album “Bangerz”, quello di “Wrecking ball”).
Mentre i puristi la ricoprivano di insulti, lei collezionava attestati di stima da parte dei protagonisti della scena. Non solo i Poison, con Bret Michaels che approvò a pieni voti la sua versione di “Every rose has its Thorn”. Nel 2015 i Flaming Lips, tra i massimi esponenti del rock psichedelico degli ultimi quarant’anni, vollero fare insieme all’ex stellina Disney addirittura un album, oggi considerato paradossalmente più di culto tra i fan di Wayne Coyne e compagni che tra quelli di Miley. “Miley Cyrus & Her dead petz” fu anticipato dalla partecipazione della popstar al tributo dei Flaming Lips a “Sgt. Pepper” dei Beatles, “With a little help from my fwends”: insieme rivisitarono “A day in the life”. “Lei è bravissima a fare il pop, quindi il risultato è sempre pop, ma con un taglio leggermente più maturo, più malinconico, più vero. Certe cose mi ricordano i Pink Floyd e i Portishead”, disse addirittura Wayne Coyne del sodalizio con la cantautrice.
A proposito di Pink Floyd. Miley si confrontò con le leggende rock già nel 2020, in pieno lockdown, quando realizzò una cover di “Wish you were here” per il “Saturday Night Live”. Lo stesso anno cantò “Just breathe” dei Pearl Jam per il suo “Miley Cyrus Backyard Sessions” e si cimentò anche in una cover di “Zombie” dei Cranberries durante uno show al Whisky a Go Go di Los Angeles (la sua versione fu elogiata dagli ex compagni di band di Dolores O’Riordan). Nel 2021 ricantò con i Metallica la cover di “Nothing else matters” che due anni prima aveva eseguito, spiazzando la folla del festival, a Glastonbury, rivelando di aver lavorato pure a un album di cover del gruppo (che però non ha mai visto la luce). E che dire della cover di “Heart of glass” dei Blondie? Finì nel disco “Plastic hearts”, uscito alla fine del 2020, insieme al duetto con Billy Idol su “Night crawling” e a quello con Joan Jett su “Bad karma”: “Voglio far capire al mio pubblico e alla mia generazione quali sono le cose che mi hanno ispirata - disse alla rivista statunitense Rolling Stone - e che hanno contribuito a creare la miscela di caos che sono”.