Forse il suo nome non vi dirà niente. Eppure vi basterà ascoltare i ritornelli di alcune delle canzoni che anche grazie al suo timbro, a quel vibrato distintivo, sono diventate hit, per realizzare che Jess Glynne non è proprio una popstar anonima. A partire da quella “Rather be” che nel 2014, insieme ai Clean Bandit, la catapultò in testa alle classifiche internazionali e rappresentò il primo passo della sua scalata al successo: “Pensavo fosse una bella canzone, ma per me è stata solo una sessione in studio di un giorno”, dice oggi la cantautrice britannica, con tono sprezzante. Glynne è entrata nella storia diventando la prima artista solista birtannica a raggiungere, tra il 2013 e il 2018, sette volte il primo posto della classifica settimanale dei singoli più venduti nel Regno Unito. Nell’ordine: “My love”, “Rather be”, “Not letting go”, “Hold my hand”, “Don’t be so hard on yourself”, “I’ll be there” e “These days”. Così Jess Glynne ha lasciato nelle classifiche un’impronta addirittura più profonda di quella di sue eroine come Amy Winehouse e Adele, ma anche Kate Bush, Sade, Annie Lennox e qualsiasi altra artista solista britannica di sempre, collezionando 1,2 miliardi di streams sulle piattaforme. Eppure negli ultimi cinque anni, trascorsi quasi interamente lontano dai riflettori, la rossa cantautrice britannica, che stasera sarà in concerto alla Santeria Toscana di Milano con l’unica data italiana del tour legato al suo nuovo album “Jess”, uscito ad aprile, ha seriamente preso in considerazione l’ipotesi di rinunciare a tutto per sempre: “Ero profondamente infelice. Sentivo di essere vista solo come un prodotto, non come un essere umano”.
Alla fine del tour mondiale del 2019 Glynne si sentì “esaurita”. La popstar fu ricoverata in un ospedale per una crisi e oggi ricorda: “Non volevo più vedere un microfono”. Così, per ritrovare la salute mentale, ha pianificato una breve pausa e che poi, causa Covid, si è rivelata uno stop decisamente più lungo: “Avevo sempre pensato di prendermi solo sei mesi di pausa e alla fine sono stati tipo quattro, cinque anni. Il che è folle, ma è la vita. Dopo essere stata in tour per sette anni incessantemente, pubblicando, andando in tour ovunque, penso che avessi semplicemente bisogno di vivere la mia vita, respirare e stare con la mia famiglia, con i miei amici, andare al cinema, uscire a cena, camminare per le strade ed essere semplicemente libera. In quel processo, credo di essermi innamorata di nuovo della musica perché ho iniziato ad ascoltare vecchi dischi, cose che mi hanno ispirato prima ancora di iniziare a fare la cantante. Sono stata nuovamente ispirata e mi sono sentita rinvigorita per tornare in studio e provare cose nuove”, ha confessato al portare Vanyland.
A sbloccarla è stata una canzone, “Enough”, che in un’intervista al quotidiano britannico The Telegraph ha descritto come “un pezzo che ho scritto per proteggermi dopo tutta la merda che ho passato”. L’ha composta mentre viveva da sola a Los Angeles, sentendosi “davvero depressa, persa e sola”, ascoltando Joni Mitchell in loop e piangendo "perché non sapevo come esprimermi”. Il pezzo è stato prodotto da Greg Kurstin, già braccio destro di Adele: “Ho voluto lavorare con Greg fin dall'inizio della mia carriera. Ho sempre ammirato Adele e quello che ha fatto con lei è incredibile. Quindi il solo fatto che gli piacesse quello che facevo, mi ha lusingata, mi ha fatto sentire che sono abbastanza brava”. Dopo aver rotto con Atlantic, parte del gruppo Warner, Glynne ha firmato un nuovo contratto con Emi, parte del gruppo Universal. A prenderla sotto la sua ala protettiva ci ha pensato Jay-Z con la sua Roc Nation: “Mi hanno fatto sentire importante. Jay-Z è un uomo molto divertente, molto caloroso. Una volta stavamo guardando lo spettacolo di Beyoncé e l'ultima cosa che mi ha detto prima di andarsene è stata: ‘Ora è il tuo turno. Tocca a te’”.
Nell’immagine di copertina del disco, in bianco e nero, Jess Glynne è immersa in acqua e indossa un bikini che è tutto un vedo-non vedo. Anche nelle foto condivise sui social la popstar sembra aver scelto di rappresentarsi in modo più sessualmente esplicito che in passato: “Ero davvero in una bolla molto limitata all'interno del mio team - racconta - mi è stato detto sinceramente: 'Non puoi essere sexy, devi essere riconoscibile'. Per molto tempo, sono stata umiliata o fatta sentire come se non potessi essere sexy. E quindi ero insicura su queste cose”. E ancora: “Sono stata tirata in molte direzioni diverse: mi è stato detto che non mi è permesso fare questo; devo indossare questo e andare lì; devo essere quello; non posso dire questo e non posso fare quello. Questa industria ama mettere le donne le une contro le altre, come se fossi in competizione per chi è la meglio vestita, chi ha un aspetto migliore o suona meglio. È davvero triste, in realtà. È la rovina di così tante donne”.
Nel nuovo album, intitolato semplicemente come il suo nome, che stasera presenterà dal vivo al pubblico italiano, Jess Glynne racconta la sua maturità e le sue consapevolezze: “Sento che è stata la prima volta nella mia carriera che sono stata completamente, autenticamente me stessa nel processo creativo. Mi è stata data così tanta libertà nello scrivere, nel cantare, nello scoprire cosa volevo mettere nel disco. E penso che quando si è trattato di dare un titolo, all’inizio, ‘Jess’ sembrava semplicemente avere senso con il messaggio, i testi, la vulnerabilità, l'onestà. Penso che avrebbe potuto esserci un altro nome, ma per me sembrava giusto, e seguo sempre il mio istinto penso che sia stato un periodo di grazia per me, non avere nessuno che cercasse di controllarmi”.