E' uscito per Salani "Breve storia del K-Pop", un (per niente "breve": oltre 500 pagine) libro che ricostruisce e ripercorre questo fenomeno musicale internazionale fin dagli inizi ai giorni nostri. Ne è autore Ivan Canu, uno dei massimi esperti dell'argomento.
Pubblichiamo qui un estratto dalla prefazione, rimandando la recensione a dopo la lettura del volume.
Due momenti, nel tempo.
Estate 2022. Cerco su YouTube un po’ di musica diversa dal solito. Incappo in Maniac degli Stray Kids. La ascolto più e più
volte, mi cattura questo pop non banale, i cambi di ritmo, di tempi, i prestiti disinvolti da altre sonorità. Mi affascina una lin-
gua che ha un’altra musicalità da quelle latina e anglosassone, che mi sono più familiari. Ma, anche, una costruzione coreografica che gli otto ragazzi interpretano con un’energia che le boy band degli anni ’90 si sognavano anche nelle
migliori performance dei Menudo, degli NSYNC o dei Backstreet Boys. Vado a cercarne altri, percorro a ritroso la discografia degli SKZ, guardo le fan-cam, le live su TikTok, pezzi di programmi e show, i best of delle ship che i fan costruiscono fra
i membri del gruppo, i video di reazioni di coreografi e preparatori vocali, la performance di Hyunjin come artista del mese
nella coreografia di Motley Crew. E via via quell’infido Sir Biss che è YouTube mi insuffla nelle orecchie che c’è molto altro:
"guarda ad esempio gli ATEEZ, Say My Name, Deja Vu e perché non ti interessa Jackson Wang, così internazionale, con Blow e
Drive You Home, o Crazy di Wonho? Ma cerca i classici, Mirotic dei TVXQ! e Lucifer degli SHINee". Risalgono entrambe a
quattordici anni fa, che dev’essere stata un’annata di diamante per il K-pop. Dopo, una valanga. Love Shot e Monster di EXO,
Beautiful Liar di MONSTA X, il meta-universo dei BTS, Sorry, Sorry di Super Junior, l’epifania di Taemin, la dance vintage di 6
Key, Birthday di Ten, Turn Back Time di WayV, Rover di Kai, Sugar Rush Ride e poi tutto dei TXT, Psycho di Jun, Criminal
Love e Fever di Enhypen.
Arriva la domanda spontanea: ma i gruppi femminili? Inizio con Invitation di Uhm Jung-hwa, anche nella cover deliziosa dei TXT, poi subito scopro le Blackpink, ho in testa Boombayah e Playing with fire, devo ascoltare le Mamamoo, Red Velvet, Aespa, TWICE, (G)I-idle, NewJeans, Le Sserafim, ITZY, la calamita di Trouble Maker, via via andando sempre più indietro nel tempo, nelle sonorità e nell’estetica dei primi anni 2000, I Am the Best e Fire di 2NE1, Nobody e So Hot di Wonder Girls, Number 9 e Roly Poly di T-ara, Change e Bubble Pop! di HyunA, Mister di KARA, Bad Girl Good Girl di miss A, So Cool di Sistar, Hot Summer e Danger di f(x).
Ancora più indietro arrivo dove tutto è cominciato, nel 1992 con i tre Seo Taiji and Boys. Ho appena fatto una, molto relativa e parziale, playlist da Spotify.
Da quel momento, per un paio d’anni ho ascoltato, guardato e poi letto e studiato allo stesso tempo tutto quello che trovavo
e mi incuriosiva sul K-pop. Ci sono entrato attraverso YouTube prima e le live poi, nel mondo e nel quotidiano di questa musica: del perché sui social sia ascoltata e perché gli idol, gli artisti che la performano, siano seguiti da milioni di appassionati e da
fandom organizzati a livello internazionale.
Estate 2024. A conclusione di questo progetto, vado a vedere il mio primo concerto K-pop, agli iDays di Milano, il 12 luglio. Si esibiscono le giovanissime NMIXX e gli Stray Kids, questi ultimi attesi da circa settantamila fan come si attende qualcosa
di messianico, a lungo promesso. Neanche la grandinata e l’ippodromo di San Siro trasformato in un arcipelago di fan zuppi in mezzo a laghetti fangosi impedisce l’epifania di uno dei gruppi simbolo delle nuove generazioni del K-pop, che in un’ora e venti di concerto perfettamente suonato, cantato, ballato e performato dai video sui mega-schermi ha realizzato quanto il K-pop sia in grado di riempire spazi finora destinati ai gruppi rock o a Taylor Swift. È un cerchio, che con gli SKZ inizia e con loro si chiude con un ideale nuovo inizio, questo libro.
Hic sunt tigrides.
Ivan Canu