Il ritorno di Joseph Arthur (in tour in Italia)
Oggi è una tecnica resa famosa da Ed Sheeran: usare la chitarra con un pedaliera e una loop station, campionando chitarre e voci in tempo reale, costruendo strato sonoro su strato sonoro. Così si trasforma un singolo artista in una band: Joseph Arthur la usava già 30 anni fa. Grazie a questa tecnica, e alla sua capacità di scrittura, a metà degli anni ’90 venne scoperto da Peter Gabriel. L’ex-Genesis lo mise sotto contratto per la Real World, gli pubblicò i primi album; reinterpretò pure a sua “In the sun” (dal secondo album “Come to where I’m from”) per un album tributo alla Principessa Diana, lo coinvolse nell’album collettivo “Big blue ball” con Karl Wallinger, frutto di recording session ai leggendari Real World Studios di Bath.
Nel 2006 “In the sun” apparve in “Grey’s Anatomy” , in una versione reincisa l’anno prima da Michael Stipe con Chris Martin e Justin Timberlake, come singolo benefico per i danni causatti dall’uragano Kathrina. I R.E.M., sempre nel 2005, avevano portato Arthur in tour, con Peter Buck che spesso saliva sul palco per suonare con lui.
Negli anni successivi Arthur mise in piedi supergruppi come i RNDM con Jeff Ament dei Pearl Jam e i Fistful of Mercy con Ben Harper e Dhani Harrison, figlio di George. Nel 2014 incise un album tributo a Lou Reed, suo amico da 20 anni: aveva assistito al suo primo provino per Peter Gabriel e l’aveva preso sotto la sua ala protettiva. Nel 2018 uscì un album con Peter Buck dei R.E.M.: i due si erano ribattezzati “Arthur Buck”
Per 20 anni Joseph Arthur è stato un stimato nome del cantautorato americano: poi è arrivata la pandemia, e il suo mondo musicale si è dissolto.
Mistico, salutista e praticante di yoga, poco dopo l’arrivo del Covid, Arthur si è radicalizzato, iniziando a postare video sui social con teorie complottiste. Non è stato l’unico musicista a farlo - si pensi a Eric Clapton e Van Morrison - ma non avendo il grande seguito di altri colleghi, è finito al centro di polemiche che gli hanno alienato fan e contatti. La New Frontier rifiutò il secondo capitolo degli Arthur Buck, mentre Arthur pubblicava singoli in cui parlava di “nuovo fascismo” o invocando “Stop the shot”, sostenendo che la falsa teoria che i vaccini contenevano grafene. Nell’estate dello stesso anno il Los Angeles Times pubblicò un ritratto raccontando la sua storia (“He was a celebrated singer-songwriter with famous fans. Then he started posting about the vaccine”): Arthur fece causa alla prestigiosa testata californiana per 25 milioni di dollari, seguito da un avvocato noto per per rappresentare politici sodali di Trump in cause analoghe contro la CNN e il Washington Post.
I media americani di settore raccontarono le polemiche, ma smisero di parlare della sua musica: da beniamino della critica Arthur venne semplicemente ignorato.
Ora Arthur sta provando a ripartire: dopo una serie di concerti in Francia è in tour in questi giorni in Italia: ieri sera ha tenuto il primo dei suoi show italiani, da Germi - il locale di Manuel Agnelli a Milano. Sui suoi social parla di temi più universali e mistici , mostra i suoi dipinti. Ha appena reinciso “In the sun” e pubblicato una nuova canzone, “One life”, che anticipa il primo disco in 5 anni.
Anche in concerto nessuna menzione alle passate polemiche, ma canzoni dedicate alla figlia di 3 anni e alla gratitudine con titoli come “Thank you is my mantra”, guidando il pubblico in coro a cantare in italiano “Ti amo mi dispiace per favore perdonami, grazie” o “Coney island baby” di Lou Reed, oltre a classici dei primi dischi come la già citata “In the sun”, giocando in maniera magistrale con pedaliere loop e microfoni. Potrebbe presto annunciare un nuovo supergruppo con amici famosi - intanto queste le prossime date, a partire da stasera:
Mercoledì 2 Ottobre - Castelvetro (Mo)- Ca'berti Vini & Spumanti
Giovedì 3 Ottobre - Pisa - Caracol Pisa
Sabato 5 Ottobre -Marostica (Vi) Sala Oratorio Don Bosco