Lo stregone King Krule e il suo antidoto contro i tormentoni
Quattro brani, per un totale di undici minuti tra vocalizzi spettrali, chitarre distorte, assoli di sax che spuntano da nebbie di fantasmi. Lo stregone King Krule è tornato per offrirci il suo antidoto contro i tormentoni. L’Ep “Shhhhhhh!”, appena pubblicato, è una boccata d’aria fresca che arriva nel bel mezzo dell’anticiclone. No, non quello che sta infuocando l’Italia in questi giorni, ma quello delle hit estive che hanno già monopolizzato le classifiche. Archy Ivan Marshall, questo il vero nome del 29enne cantautore di Southwark, arriva per spazzarlo via: basta solo avere voglia di immergersi nell’ascolto delle quattro tracce pubblicate sulle piattaforme, già contenute nei flexi-disc che l’artista aveva venduto durante i concerti del tour dello scorso anno (chi lo aveva acquistato, ora se lo rivende su Discogs, sito per appassionati e collezionisti di vinili, alla modica - si fa per dire - cifra di 1000 sterline).
Si parte con l’industrial di “Achtung!”, titolo non proprio rassicurante, poi si prosegue con il punk rock di “Time for slurp”, con la spettrale bossa nova lo-fi di “Whaleshark” e si arriva al jazz psichedelico di “It’s all soup now”. L’Ep arriva a un anno di distanza dall’ultimo album del musicista, “Space heavy”, che ha consacrato King Krule come uno dei cantautori più originali e interessanti della sua generazione. Rappresenta una sorta di anticipazione di quello che potrebbe essere il prossimo lavoro dell’artista: la barca nella quale nel videoclip di “Time for slurp” - girato in bianco e nero e diretto da Josh Renaut - Marshall e i suoi compagni di band, il sassofonista Ignacio Salvadores e il batterista George Bass, si addentrano in una palude sembra essere una metafora. Un invito a un viaggio tutto da scoprire, oltre le Colonne d’Ercole del pop, verso chissà quali lidi, quali dimensioni.
Potrebbe volerci un po’, per ascoltare dopo l’Ep “Shhhhhhh!” nuova musica da parte di King Krule. Del resto, il musicista - che con quel suono unico e imperfetto, specchio della noia e del malessere della gioventù britannica, si è sempre posto come un’antitesi delle popstar della sua generazione e per questo è stato osannato dalla critica, ritagliandosi un grosso seguito di nicchia: su Reddit quella dedicata a lui è una delle più grandi community sulla piattaforma - si è sempre preso i suoi spazi e i suoi tempi, tra un disco e l’altro. Tra “The OOZ” del 2017 e il successivo “Man alive!” del 2020 passarono tre anni e trentasei messi trascorsero anche tra l’uscita dello stesso “Man alive!” e il successivo “Space heavy”.
In un’intervista al The Creative Independent ha detto, criptico ed enigmatico com’è: “Voglio avere meno note e più spazi. Spazi, non silenzio. Lo spazio è risonante. Io voglio godermi quella risonanza, sentirla crescere, poi il suono successivo può arrivare”. E a Clash ha ribadito: “Non posso compromettere la mia arte per il capitale. Sento che c’è un limite che non voglio superare e che non supererò. Penso sia piuttosto importante non diventare un qualcosa di grottesco per le persone che ti rispettano”. Più King Krule per tutti, grazie.