Dagli Alabama Shakes al funk, le mille risorse di Brittany Howard
A questo giro ha scelto di far ballare. Portando un po’ più su i bpm: dalla visceralità di “Jaime”, l’album d’esordio da solista del 2019 che le fece conquistare due nomination ai Grammy Awards (Miglior canzone rock e Miglior performance rock, entrambe con “History repeats”), ai ritmi contagiosi di “What now”. Brittany Howard, l’anima degli Alabama Shakes, quattro Grammy Awards vinti in tutto, torna per mostrare ancora un altro lato di sé. Nel nuovo disco, che uscirà il 9 febbraio, la 35enne cantautrice cresciuta in una famiglia non troppo fortunata dell’Alabama salvo poi riscattarsi grazie alla musica, rispolvera la sua passione per Prince, gli Earth, Wind & Fire e la black music degli Anni ’70 e ’80 più in generale: “Quando registro dischi, mi piace prendermi del tempo, anche tre anni. Di solito è il tempo che mi occorre per sperimentare la vita e imparare qualcosa o crescere in qualche modo. Quindi la mia musica può crescere ed evolversi, perché è l’unica cosa che mi interessa veramente fare. Sarebbe molto facile per me riprodurre sempre la stessa cosa”.
Il bianco e nero di “Jaime” lascia in “What now” spazio alla psichedelia: sonorità più acide, atmosfere quasi fusion, la voce trattata come uno strumento e quindi distorta, manipolata, alterata. Brittany Howard ha lavorato ai dodici brani inclusi nel suo nuovo disco da solista insieme a Shawn Everett, produttore già al fianco di - tra gli altri - Julian Casablancas, Killers e Beck, che aveva già curato parte dello stesso “Jaime”. Ma la nuova diva della black music d’oltreoceano ci tiene a sottolineare che in “What now” c’è tanta, tantissima farina del suo sacco: “Non tutti sanno che io faccio da ingegnere, da produttrice e che suono moltissimi di questi strumenti. Non è necessariamente qualcosa che ho bisogno che la gente sappia, ma alle giovani donne là fuori voglio mostrare che questo lo possiamo fare, possiamo dominare in questo campo”, spiega lei, che ha iniziato a suonare la chitarra quando aveva 13 anni ed è cresciuta ascoltando in casa i 33 giri di Dionne Warwick e Elvis Presley, prima di scoprire negli anni del liceo - fu proprio dietro ai banchi di scuola, la East Limestone High School, che incontrò Zac Cockrell, bassista con il quale avrebbe poi fondato gli Alabama Shakes - i Black Sabbath, i Pink Floyd, gli Yes e i Cream.
In “What now”, la title track, si rivolge con estrema brutalità a un ex amante - ha fatto coming out nel 2014 e quattro anni più tardi ha sposato l’ex compagna di band Jesse Lafser, ma il matrimonio è terminato dopo appena dodici mesi - urlando: “I don’t have love to give you more / you’re fucking up my energy”, “Non ho più amore da darti, stai rovinando la mia energia”. “‘What now’ è forse la più vera e la più blues di tutte le canzoni. Non è mai mia intenzione ferire i sentimenti di qualcuno, ma avevo bisogno di dire quello che avevo in mente. Mi piace il fatto che sia una canzone che ti fa venir voglia di ballare, ma allo stesso tempo i testi sono brutali”, spiega.
A proposito di questo dualismo tra testi e sonorità: tra le fonti di ispirazione di Brittany Howard ci sono anche i classici della musica italiana. “Penso a quanto fossero tristi le canzoni d'amore nel secolo scorso, non dal punto di vista lirico, ma solo musicale. Così tristi, così sognanti, così travolgente. Penso a Burt Bacharach e a cose del genere. Compositori italiani e compositori spagnoli, compositori brasiliani. I testi erano così dolci. E in qualche modo sembrava agrodolce, perché l'amore in un certo senso è così. Anche se è davvero, davvero, davvero bello, c'è sempre questa piccola sfumatura di ‘E se succedesse questo?’”.