Arrivò all’improvviso, dal nulla. E all’improvviso se ne andò, tornando nel nulla. Probabilmente il nome Eamon non vi dirà niente. E non vi dirà niente neppure il titolo della unica, grande hit: “Fuck it (I don’t want you back)”. Era l’estate del 2004, vent’anni fa, quando il cantante, all’epoca ventenne, si ritrovò catapultato dalla sua cameretta a Staten Island in vetta alle classifiche mondiali, diventando un fenomeno: in Italia la canzone più venduta di quella stagione discografica fu proprio la sua “Fuck it (I don’t want you back)”. La storia, a rileggerla e a raccontarla oggi, a distanza di due decenni, è a metà strada tra il geniale, il grottesco, il comico e il goffo, tra colpi di scena - o di teatro, verrebbe da dire - e sorprese spiazzanti.
La canzone era una sorta di masiniana “Bella stronza”, ma in chiave r&b. E in inglese, naturalmente. Nel testo, Eamon - vero nome Eamon Doyle, nato a New York City da madre di origini italiane e padre discendente irlandese - si rivolgeva a una sua ex e le urlava tutta la sua rabbia per un presunto tradimento: “Vaffanculo a quello che ti ho detto, non vuol dire un cazzo adesso / vaffanculo, i regali puoi anche buttarli / vaffanculo a tutti quei baci, non volevano dire niente / vaffanculo tu, puttana, non ti rivoglio”. Oggi sarebbe massacrato, ma anche all’epoca non la passò poi così liscia: “Avevo 16 anni quando la scrissi. Un giorno dei miei amici mi raccontarono che la mia ragazza mi stava prendendo in giro. Così, arrabbiato, tornai a casa e scrissi quelle parole, aiutandomi con una tastiera, cercando di sfogarmi. Tutto qua. Non mi sono mai posto il problema se potesse avere successo, anche per questo me ne sono fregato della parolaccia nel titolo”, rispose lui alle critiche. Un ragazzo di vent’anni che parlava ai suoi coetanei: non poteva spiegarsi in altro modo il successo di Eamon. Quella parolaccia, oscurata nel titolo da un paio di asterischi, fu uno dei segreti dell’exploit del brano tratto dall’album d’esordio del cantante, “I don’t want you back”, che poche settimane dopo la sua uscita - era maggio - spopolò tanto negli Stati Uniti quanto in Europa.
Il primo colpo di scena arrivò quando nella classifica relativa alle vendite dei singoli del Regno Unito Eamon e la sua “Fuck it (I don’t want you back)” furono spodestati da una altrettanto misteriosa Frankee e dalla sua “F.U.R.B. (Fuck you right back)”. Le affinità tra il titolo della hit di Eamon e quello della cantante non erano casuali: “F.U.R.B.” di Frankee era la risposta a Eamon, scritta e incisa da quella che sosteneva di essere la ragazza alla quale il cantante newyorkese aveva dedicato il brano. Il titolo del singolo di Frankee era traducibile più o meno come “A fanculo vacci tu”. E nel testo gli diceva, tra le altre cose: “Pensavi davvero di farmi godere / ma io facevo sesso migliore da sola”. Il tutto sulla stessa melodia di “Fuck it” di Eamon. “Mi sono sentita pubblicamente umiliata dopo aver sentito la canzone di Eamon. E allora ho fatto questo brano di risposta. Non credo che riuscirà a replicare”, disse la ragazza. Qualcuno sospettò che lo scambio di gentilezze tra i due cantanti non fosse altro che un astuto gioco per poter vendere più dischi. Eamon, forse spiazzato, in un primo momento sembrò vuotare il sacco. Poi, però, smentì tutto: “Non è la mia ex fidanzata”. Frankee, dal canto suo, replicò: “È tutto vero, anche se lui cambia versione tutti i giorni e ultimamente dice di non avermi neppure conosciuta”.
Il secondo colpo di scena, che però riguardò più il mercato italiano che altro, arrivò alla fine dell’estate di quell’anno, quando venne annunciata l’imminente uscita di una versione di “Fuck it” in italiano. Il testo? Sarebbe stato adattato da J-Ax. Tutto vero. “Solo” uscì a settembre, con un testo a dir poco ripulito. Il ritornello faceva così: “Solo con te, le stelle ed il mare / solo il tuo viso riuscivo a guardare / solo un’estate tu sei stata mia / solo è finita e ti porta via”. “Fuck it” vendette a livello mondiale 1,5 milioni di copie complessive, quando i singoli si acquistavano ancora in formato fisico. Solo negli Usa superò il mezzo milione di copie, mentre nel Regno Unito raggiunse quota 600 mila copie vendute. Nel 2006, due anni dopo il tormentone “Fuck it”, Eamon spedì nei negozi il secondo disco “Love & pain”: “Non ho scritto il mio secondo album con l'ossessione di bissare il successo del primo - specificò lui - io posso solo fare del mio meglio, scrivendo brani più belli e cantandoli meglio: del resto non mi preoccupo, perché saranno i miei fan ad esprimere il verdetto”.
Non fu un verdetto gentile. Il disco si rivelò un clamoroso buco nell’acqua: il capolinea della parabola di Eamon. A Frankee non andò meglio: dopo l’esordio del 2004 con “The good, the bad, the ugly”, nel 2006 la cantante pubblicò “Watch me”: il singolo fu un flop. Eamon, truffato dalla casa discografica per la quale aveva firmato un contratto discografico dopo il boom di “Fuck it”, sarebbe tornato sulle scene discografiche solo undici anni dopo, nel 2017, con un nuovo album, “Golden Rail motel”. Il cantante, oggi 40enne, continua a fare musica, anche se lontanissimo dal clamore di un tempo, aggiornando i fan sulle sue uscite tramite i social. Frankee ha fatto perdere ogni sua traccia.