Luca Bizzarri, in un recente incontro organizzato da Fondazione Gaber al Teatro Duse di Genova, ha raccontato che per lui uno dei grandi meriti del canta-attore milanese è stato quello, con il suo teatro-canzone, di riempire le platee con canzoni e monologhi che nessuno aveva avuto modo di ascoltare prima. “Oggi chi comprerebbe il biglietto per un concerto di un artista di cui non abbiamo mai ascoltato un brano in precedenza?”, si è domandato il comico e attore genovese lodando invece la grande capacità di Gaber di essere rilevante senza una vera pre-promozione.
Inediti sul palco
È lo stesso magico principio su cui si basa la sfida di “Una cosetta così” di Ghemon, che ritorna in un tour in Italia (qui tutte le date) con una rappresentazione che si pone in egual misura come un concerto, un monologo teatrale e anche uno spettacolo comico. Una performance in cui Ghemon offre respiro a tutte le sue anime e rimette al centro lo stupore del pubblico. “Ho appena finito di scrivere due brani inediti che presenterò sul palco e che nessuno ha ancora ascoltato – racconta l’artista – pensa che Gaber, pur conoscendolo prima dell’inizio di questo percorso, lo sto approfondendo solo ora perché in tantissimi trovano analogie, con tutte le debite proporzioni, tra quello che sto facendo e il suo approccio. Partiamo dalla stessa volontà, dallo stesso atto di coraggio. Oggi con la fruizione della musica ‘sempre e ovunque’, grazie allo streaming, i concerti sono diventati dei grandi karaoke. Alcuni, nel mondo trap, tengono perfino la voce sulla base. Ma non voglio commentare questo, appartengo a un’altra scuola. Quello che voglio sottolineare è l’importanza di un ritorno allo stupore da parte del pubblico. Il piacere della sorpresa non va dimenticato”.
Creare stupore
Quello che crea Ghemon, tra teatro, musica e comicità, è uno spazio di libertà creativa in divenire dove l’obiettivo è sciogliere le briglie, per offrire allo spettatore qualcosa di diverso da quello che già conosce. A ogni data viene fatta solo una richiesta al pubblico: niente spoiler. Per un’ora e mezzo si può fare a meno dello Smartphone. “Il mio approccio a questa dimensione? Da rapper – sorride – mi tuffo dentro, mi affido all’arte della parola e rivivo alcune sensazioni di quando ho iniziato la mia carriera: il salire sul palco sapendo di dover dare per forza tutto. In molti credono che il rap e la stand up comedy si possano fare in un solo modo. Non è così, ci sono tante sfumature. È in quella diversità che si annidano una bellezza e una grande occasione per mettersi in discussione”.
Lo studio della stand up comedy
Una carriera sempre in evoluzione, il racconto di una maratona, di un momento durante la vita di coppia, di attimi di felicità e di debolezza, il tutto con la musica ad accompagnare le immagini. Dopo il tour che ha attraversato la Penisola la scorsa primavera, e che ha visto Ghemon portare il suo nuovo progetto nei teatri e nei castelli, cosi come nei club, "Una cosetta così" torna rinnovato. “Nello spettacolo parlo sempre di vita e di lavoro, di tutti quegli aspetti che mi rendono vicino alla gente – svela – non mi autocelebro, non racconto l’esistenza più o meno famosa, preferisco mettere sotto i riflettori gli incidenti e le debolezze, quelle che ci accomunano tutti. Solo così si crea empatia. È un grande tuffo dentro la normalità, sviscerata in modo comico. Non c’è l’esaltazione dell’ego, proprio come nei miei brani. La passione per la stand up comedy è ultra-decennale: il primo spettacolo lo vidi a New York nel 2012. Da quel momento non ho mai smesso di studiare. In tante mie interviste ho spiegato come Elio e Le Storie Tese, Corrado Guzzanti, Nino Frassica siano stati importanti per la formazione nonostante le mie canzoni andassero in un’altra direzione. Tutto questo amore e approfondimento oggi mi è tornato indietro”.
Il rischio che si prende un artista
Lo spettacolo, scritto anche con l'aiuto di Carmine Del Grosso, vede sul palco Giuseppe Seccia alle tastiere e Filippo Cattaneo Ponzoni alla chitarra. Realizzandolo, si sente il sapore del rischio? “Sì e bisogna prenderselo sulle spalle – conclude Ghemon – ho lottato tanto per questo spettacolo, chi ho vicino, come è normale che sia, è più conservativo, mi spingeva verso altre direzioni. Ma secondo me un artista che vuole davvero fare qualche cosa di importante, in primis per se stesso, deve assumersi la responsabilità di certe scelte. Questo format per me è una vera analisi, dico e affronto questioni personali di cui non ho mai parlato. Mi fa bene e per questo ne sono felice”.