“Ma ottanta euro per vedere i Fall Out Boy nel 2023?”, è una delle domande ricorrenti - e più che legittime - che hanno preceduto questo concerto. La risposta meriterebbe di essere molto articolata, andando a scomodare analisi di mercato, prospettive musicali d’oltreoceano e tutta le retorica di ciò che non ha un prezzo, come il ritorno di fiamma dell’adolescenza. Ma non serve: c’è un concerto andato in scena al Mediolanum Forum di Assago il 20 ottobre 2023 a rispondere esaustivamente.
Ci siamo: i Fall Out Boy tornano in Italia dopo quattordici anni dall’ultima data da headliner, per il tour di “Folie à Deux”, e a nove anni dall’ultima apparizione, quando furono il pregiatissimo opening act dei Linkin Park nella storica data di Milano del 2014. Lo fanno con un ritorno discografico di assoluta qualità, che li vede lavorare di nuovo con il loro produttore del cuore, Neal Avron, e li ricolloca in una posizione dominante con assoluta credibilità. Il timing di questo disco e di questo tour è oltretutto eccezionale. Vent’anni fa i Fall Out Boy pubblicavano il loro debutto, “Take This to Your Grave”, e dieci anni fa tornavano da uno hiatus di quattro anni, pubblicando “Save Rock and Roll”, uno spartiacque fondamentale nella loro carriera.
Due decenni nei quali sono rimasti sempre e solo loro quattro: Patrick Stump, Pete Wentz, Joe Trohman e Andy Hurley, arrivato nel 2003 proprio per chiudere la formazione definitiva e provare a lasciare il segno, se non altro in una generazione di sbandati. Provenivano tutti e quattro da background molto più heavy, avendo militato in band hardcore, metalcore e grindcore, prima di congiungersi in questo progetto che partendo dal pop-punk ha toccato talmenti tanti generi e ispirato talmente tante band di talmente tante scene musicali diverse, da aver conquistato uno status raro: quello delle icone. Per tanti, ma non per tutti.
A supporto dei Fall Out Boy ci sono nothing,nowhere, rapper americano che ha deciso da qualche anno di saltare a piedi uniti nel mondo alternative metal e che per l’occasione ripulisce miracolosamente la scaletta dei brani più depressi per provare a divertire, e i PVRIS, autori di uno show assolutamente perfetto. E già qui, il costo del biglietto inizia ad ammorbidirsi. Poi salgono sul palco i quattro ragazzi di Chicago e tra fiamme, luci futuristiche, coriandoli, fuochi d’artificio, palloni, bolle di sapone e scenografie imponenti insinuano il dubbio che il costo del biglietto, in fondo, potesse essere a malapena un rimborso spese.
Patrick Stump è ancora oggi uno dei migliori cantanti rock in circolazione. Nonostante un avvio diesel e un paio di testi persi per strada, la sua performance è da autentico fuoriclasse. Intorno alla sua potenza canora si avvolge il granitico sound della band, che come una pianta rampicante raggiunge ogni anfratto del Mediolanum Forum. Lo fa anche con il carisma di Pete Wentz, che da due decenni padroneggia l’arte dell’essere un “emo king”, idolatrato al pari di un frontman. Non che sul palco si muova molto, ma quando lo fa, lo fa sputando fuoco dalla paletta del basso come fosse un personaggio di Mad Mad: Fury Road o improvvisandosi illusionista, sparendo dal palco come in uno show di David Copperfield. Ma ottanta euro per vedere i Fall Out Boy nel 2023, quindi? Eh, sì, ottanta euro per uno show da tripla A.
Con la doverosa eccezione di “So Much (for) Stardust”, l’ultimo album in studio che si prende giustamente la promozione che merita con sei brani che dimostrano di essere già entrati nel cuore del fandom, il resto della scaletta va a distribuirsi equamente tra tutti i capitoli della storia dei Fall Out Boy. Tutti, tranne “Mania”. E il perché è noto a chiunque conosca la band da vicino. Il penultimo disco era un tentativo, fallito, di rispondere ad un mercato che, per citare Pete Wentz, “sembrava diventato ostile verso le rock band”. Il risultato fu un lavoro pieno di frustrazione, divisivo anche internamente, tant’è vero che lo stesso Joe Trohman se ne chiamò fuori e non prese parte alla sua creazione e portò la band ad un nuovo, silenzioso hiatus. Ma questo, come ogni incidente di percorso che si rispetti, trova il suo significato nel suo superamento. E il suo superamento consiste in un album - “So Much (for) Stardust” - e un tour che hanno restituito al mondo una delle band pop-rock più significative dei Duemila, forse qui al suo meglio.