Peter Hook, 67 anni, non ha alcuna intenzione di passare per un “sopravvissuto”. Il tempo lo rispetta, ma non lo teme. Pantaloncini corti bianchi, basso cupo e vigoroso, il cui suono sembra poter dividere le acque del mare di Genova, due ore e mezzo di concerto con i suoi The Light e alla fine, come un rocker di vent’anni, dopo aver fatto ballare le oltre 1.500 persone presenti al Goa-Boa su “Love Will Tear Us Apart”, si toglie la maglietta e rimane a petto nudo. Il live in programma al Porto Antico, unica data italiana per il bassista dei Joy Division nel 2023, è epico (qui la galleria fotografica).
È un tuffo nella storia che parte da piccole gemme come “No love lost” e “Warsaw”, i primi vagiti di una band che avrebbe cambiato per sempre la storia della musica, passando per “Unknown Pleasures” e “Closer”, album uscito postumo dopo la morte del cantante Ian Curtis e la cui copertina raffigura una tomba del cimitero di Staglieno a Genova. Si tratta della tomba della famiglia Appiani. Il soggetto della cover non venne scelto a caso, ma a seguito dei tragici fatti, ovvero del suicidio di Ian, che precedettero l'uscita del progetto: l’istantanea scattata da Bernard Pierre Wolff doveva riflettere l'atmosfera dell'album, far trapelare il continuum spirituale di quel gruppo magico, ma allo stesso tempo decretarne lo scioglimento fisico, che infatti poi avvenne. Nel 2015, quando Hook venne a suonare a Genova, andò a visitare la tomba, dicendo: “Ian avrebbe amato questa scultura”. Il concerto viene introdotto e chiuso da un ospite d’eccezione: Irvine Welsh, che, con un reading e dj set dopo il live, nel trentesimo anniversario del suo capolavoro “Trainspotting”, crea una sorta di filo rosso indissolubile fra vari mondi della cultura popolare e undergorund da cui i suoi personaggi, proprio come i Joy Division, sono sbucati fuori.
La scaletta del live è densissima e si divide in due grandi blocchi, rappresentati dai due dischi: nel primo ci sono canzoni simbolo come “Disorder”, “New Dawn Fades”, “She's Lost Control”, “Shadowplay” che raccontano le viscere del gruppo britannico, l’animo punk e inafferrabile. Un’istintività sonora che, come ha raccontato negli anni lo stesso Peter Hook, con “Closer” si attenua, virando più verso costruzioni sonore dense, cupe ma vivide. La potentissima e magica coda musicale di “Decades”, resa ancora più spessa dalla band di Peter Hook, è pura meraviglia strumentale. Il secondo blocco è composto da brani che i Joy Division, a causa della prematura scomparsa di Ian, non hanno mai potuto suonare dal vivo e che fanno intendere quanto la band stesse crescendo e puntando in alto a livello musicale. C’è proprio uno scatto in avanti rispetto ai primi pezzi. Un altro momento che fa vibrare la pelle è il bis in cui trovano spazio pezzi come “Atmosphere” e “Transmission”.
È una celebrazione, lo abbiamo detto: Hook non parla con il pubblico, suona dando tutto se stesso, sentendo ancora addosso quella storia e vivendo oggi una sorta di responsabilità nel tramandarla. È l’unico che può farlo, al netto di una voce non sempre impeccabile, ma conduttore di un suono intatto e senza tempo, di cui lui è stato in grande parte scultore. Tanti over quaranta fra il pubblico, ma anche diversi ragazzi con la maglietta Joy Division. Il finale, su “Love Will Tear Us Apart”, la canzone più famosa della band, è un puro esorcismo delle ferite che causano i sentimenti. Ballare sopra quei tagli invisibili e interni rimane sempre impagabile. Hook non si sente un superstite e lo si capisce dalla passione con cui interpreta e suona ogni brano. È un custode, è una luce sempre accesa in mezzo alla tempesta.
Scaletta:
No Love Lost
Leaders of Men
Warsaw
Failures
Disorder
Day of the Lords
Candidate
Insight
New Dawn Fades
She's Lost Contro
Shadowplay
Wilderness
Interzone
I Remember Nothing
Atto due:
Atrocity Exhibition
Isolation
Passover
Colony
A Means to an End
Heart and Soul
Twenty Four Hours
The Eternal
Decades
Bis:
Atmosphere
Digital
Transmission
Ceremony
Love Will Tear Us Apart