La musica dei Calibro 35 è una macchia di Rorschach

La band racconta il nuovo album “Nouvelles aventures” in cui confluiscono logica e istintività.

Dopo l’esperienza di “Scacco al Maestro”, due dischi dedicati alla straordinaria opera di Ennio Morricone, e della colonna sonora originale della serie campione di ascolti Blanca, in onda su Rai 1, per i Calibro 35 era il momento di tornare a fare musica propria, rimettendosi in viaggio. Dall’incontro magico fra Tommaso Colliva, Fabio Rondanini, Massimo Martellotta ed Enrico Gabrielli, è nato “Nouvelles aventures”, un disco che certifica ancora una volta il “suono Calibro 35”, subito distinguibile, ma che allo stesso tempo rappresenta anche un’evoluzione. Come una creatura misteriosa con lo stesso sangue di sempre, ma dall’aspetto e dal comportamento inedito.

“Impegnati sul progetto di Morricone e nella colonna sonora di Blanca, era da tempo che non facevamo musica tutta nostra – ammette Massimo Martellotta – come è successo già in passato quando siamo volati a Londra e a New York per lavorare ai nostri dischi, anche in questo caso abbiamo sentito l’esigenza di entrare in un altro spazio, in un’altra dimensione. E così ci siamo chiusi in una capsula spazio-temporale all’Auditorium Novecento di Napoli. Ed è stata una scommessa vinta perché la città è finita dentro il disco”. Non a livello sonoro, ma di ispirazione. “Abbiamo resistito al processo di appropriazione culturale – sorride Tommaso Colliva – c’è stato un momento, essendo molto fan della musica napoletana  e di band come i Napoli Centrale, di fare un tributo a quel mondo. Ma poi ci siamo detti: perché mai dovremmo farlo? C’è chi già lo fa benissimo, penso ai Nu Genea. E noi quell’amore lo abbiamo già fatto nostro, non c’è bisogno di calcarlo. Più che la città e la sua musica, sul disco ha avuto influenza fortissima lo spazio in cui abbiamo lavorato, l’Auditorium Novecento, lo studio di registrazione più antico d’Italia. Un certo sound poteva solonascere lì”.

Un disco che vede il gruppo utilizzare a pieno le risorse coltivate, affinate e arricchite negli anni per tornare a fare "la musica dei Calibro": quel miscuglio strumentale di funk, rock progressivo, jazz alternativo e musica cinematica ad ampio spettro con cui il pubblico ha imparato a conoscerli in questi quindici anni di carriera. Come nei viaggi di Verne, immaginari e straordinari, la band ha esplorato pianeti sonori lontani dove non era mai stata, ma anche dove tornare senza accorgersene in lidi più familiari per scoprirli con occhi nuovi.

Ci sono band che si evolvono in maniera migliorativa, altre che perdono il fuoco perché si snaturano, noi volevamo ribadire chi eravamo, ma anche inserire delle profonde novità – continua Martellotta – nel disco ci sono strumenti acustici, mai utilizzati, c’è un dialogo inedito fra sample e pianoforte: sono pezzi marchiati Calibro 35, riconoscibili, che diventano qualche cosa di diverso”. Continua la riflessione Colliva: “Paradossalmente cambiare tutto è molto più facile rispetto a evolversi. Mi viene in mente un gioco semplice, ma esplicativo, contenuto nel libretto sull’ispirazione Steal Like and Artist: se provi a disegnare venti volte la stessa stella su un foglio, noterai che non è possibile. La personalità è sempre la stessa, ma il tratto differente. Noi non vogliamo essere la tribute band di noi stessi, ma allo stesso tempo coltiviamo il nostro suono. La bellezza dei Calibro è anche nella forza che si crea quando stiamo insieme: nessuno dei componenti, con i suoi progetti solisti, fa qualche cosa di simile”.

“Nouvelles aventures”, a livello strutturale e sonoro, regala davvero la sensazione di un viaggio. Ma in questa esplorazione in movimento quanto c’è di personale? Come si trova l’equilibrio fra tutti i singoli componenti in una narrazione collettiva? “Nei Calibro c’è una tensione tecnica, un modo di scrivere che per forza di cosa ha dei codici – dice Martellotta – ma c’è anche un aspetto di pancia. Quando uno di noi si abbandona ed entra nella dimensione ‘gioco’, inserisce il suo vissuto. È lì, in quel momento che esce il singolo elemento della band. In quell'istante c’è un aspetto di verità che non può e non deve essere sostituito, anche se la take registrata magari non è perfetta. Sono orgoglioso quando alcuni mi dicono: ‘non capisco nulla di musica, ma amo le vostre canzoni’. Quei filtri abbattuti sono preziosi”. Un equilibrio costante fra istintività della creatività e programmazione del lavoro. “Per me la musica dei Calibro è come una macchia di Rorschach – conclude Colliva – ognuno ci vede quello che vuole, è definita, ma allo stesso tempo no. E qualunque cosa venga fuori in qualche modo ci rappresenta sempre”.

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