Brian Setzer, Slim Jim Phantom e Lee Rocker, al secolo Stray Cats. I profeti del rockabilly nati a New York in piena epoca punk. Gli anni Ottanta furono quelli del successo, poi una reunion dietro l'altra, qualche disco che non trova più il favore del pubblico e, nel 2019, dopo 26 anni, un nuovo album "40". Ed è riproponendo la recensione di quest'ultimo loro disco che festeggiamo il compleanno del chitarrista e frontman del gruppo Brian Setzer, che ne fa 64.
Gli Stray Cats sono tornati con un album nuovo di zecca intitolato “40”. Quel numero rimanda ai quaranta anni che ci separano dal 1979, l’anno in cui questi tre ragazzi, a Long Island, decisero di mettersi insieme per dare lustro al movimento rockabilly in piena epoca punk. Un loro nuovo album va trattato con l’eccezionalità che si deve a un evento, data la parsimonia con la quale il terzetto - che ha alle spalle una storia quanto mai discontinua – si è dato al pubblico in questi quattro decenni di attività, basti dire che erano ben 26 anni, dai tempi di “Original Cool”, che non pubblicava un album. Nonostante ciò (o forse proprio per questo motivo) oltre, naturalmente, grazie alle loro indubbie capacità, ogni qual volta gli Stray Cats si muovono e pubblicano musica o annunciano concerti riescono sempre ad attirare su di loro l’attenzione generale.
Brian Setzer minimizza il concetto per farlo risaltare ancor di più, e dice: ‘Per capire l’unicità Stray Cats come band, basti pensare che ci sono io con una chitarra, Slim Jim con due o tre tamburi e Lee Rocker che schiaffeggia un contrabasso e con poco posso scrivere dei pezzi e suonarli con i miei amici di sempre, Semplice idea si, ma il come il tutto poi diventa musica è la parte più eccitante’.
“40” è stato registrato ai Blackbird Studios di Nashville alla vecchia maniera, con i tre ‘gatti’ uno al fianco dell’altro, agli ordini del produttore Peter Collins. Una maniera che sarà pure vecchia, ma che, almeno nel caso degli Stray Cats, funziona alla grande. I dodici brani di “40” non tradiscono gli stilemi del rock’n’roll degli albori, quindi, tanto per iniziare, – sia mai! – difficilmente la loro durata si spinge oltre i canonici tre minuti. Dodici pezzi che paiono tutti già ‘sentiti’, di cui uno strumentale, “Desperado”, cinematografico quanto basta da farci pensare, una volta di più, ‘anche questo l’ho già sentito’. Pensiero del tutto inutile, se ne esiste uno, poiché gli Stray Cats non sono degli sperimentatori, propongono puro divertimento, quello che l’America bianca degli anni Cinquanta si era regalata fingendo che l’innocenza fosse ancora qualche passo di là dall’essere persa.
Come detto, parte del segreto degli Stray Cats risiede probabilmente proprio nella discontinuità con cui la band si affaccia al mercato musicale lasciando che si abbia sempre ‘voglia’ di ritrovarli. Ma il vero motivo, e l’ascolto di “40” ne è la prova lampante, è la qualità delle composizioni e della interpretazione che ne viene data, in primis dall’ottimo Brian Setzer, chitarrista di gran talento. Gli Stray Cats 2019 hanno sempre un gran bel tiro: i ciuffi non saranno più rigogliosi come agli inizi, ma la magia (e la maestria) quella è rimasta intatta.
La fiamma del rockabilly difficilmente raggiunge le dimensioni di un falò, ma, altrettanto difficilmente, va a spegnersi del tutto. Gli Stray Cats incarnano il volto più conosciuto di questo genere musicale e proprio per questo ogni loro ritorno riesce gradito a critica e pubblico. Non sappiamo quanto e se, in qualche modo, nelle intenzioni dei tre “40”, oltre a proporre della nuova musica, avesse un intento celebrativo di una intera carriera: comunque sia, il bersaglio è stato colpito nel suo centro.