“Quando ho fatto questo disco i miei discografici hanno storto il naso: ‘Ci aspettavamo una cosa un po’ più commerciale, vendibile’”, dice Vipra, lasciandosi sfuggire una risatina isterica. È stato lui stesso, d’altronde, ad abituarli a una scrittura più pop di “Musica dal morto - Martini” e “Guardami! - Mango”, i primi due tasselli di un concept album che uscirà il mese prossimo, dallo spirito decisamente punk. Negli ultimi anni Giovanni Cerrati, questo il vero nome del cantautore e rapper pugliese, classe 1992, ex membro del collettivo Sxrrxwland, ha firmato da autore pezzi poi incisi da Fedez (“TVTB”, “Kim & Kanye”, “Amnesia”, “Fuckthenoia”, “Buongiornissimo”, “Un posto bellissimo”), Annalisa (“Principessa”), Mameli (“Non ci sei più”, “Qualcosa di grande”), Marco Mengoni (“Parlami sopra”), non proprio artisti con un pedigree rock: “Ma una canzone scritta per altri artisti non è mai solamente una mia canzone: è una canzone mia, scritta però insieme a qualcun altro. Si tratta di scendere a compromessi e assecondare le esigenze dei tuoi committenti”, mette le mani avanti lui. “Musica dal morto”, questo il titolo del disco, è dichiaratamente la sua valvola di sfogo: “È un progetto ambizioso. E incazzato, perché lo sono. Ho detto: ‘Voglio fare quello che mi va. E se a qualcuno non piace, non me ne frega niente’”, spiega Vipra.
Ascoltando i primi due singoli del disco, ispirati rispettivamente a Mia Martini e a Mango, ci si può fare un’idea del concept, che vede Vipra oscillare tra atmosfere malinconiche e altre più urlate e potenti, sulle orme della nuova scena post-punk internazionale, dagli Idles ai Viagra Boys (il 20 agosto aprirà l’unica data italiana del tour del gruppo svedese, al Rock Beach Festival di Bellaria Igea Marina). Nella title track dell’album, dedicata alla voce di “Almeno tu nell’universo”, Vipra racconta il tormentato rapporto dell’artista con il pubblico, gli addetti ai lavori e le istituzioni: folle tanto pronte a idolatrare quanto a distruggere. “Ho scelto la figura di Mia Martini perché il pezzo parla della tossicità dell’ambiente dello spettacolo: lei ne è stata vittima”, sottolinea. “Guardami!”, che uscirà venerdì 24 marzo, è invece associata a Mango, innovatore geniale, schivo e sensibile al quale Vipra contrappone la figura di un immaginario cantante contemporaneo, cinico e affamato di successo. Il pezzo è una critica alla costante necessità di apparire che ossessiona gli artisti mainstream: “Mi sono immaginato un personaggio grottesco, ridicolo. Il cantante che interpreto è disposto a tutto per entrare al party giusto o farsi notare dai fan - risponde Vipra - prendo in giro tutti quegli artisti, specie gli uomini e in cui ironicamente includo anche me stesso, che cercano di monopolizzare l’attenzione su di sé. Il ritornello, in cui abbandono la maschera della star in piena crisi di nervi, è liberatorio. Anche con tutti i gioielli e i soldi del mondo, una situazione del genere merita solo una risposta: un sonoro ‘Fuck!’”.
Vipra - che domani presenterà il videoclip ufficiale di “Guardami! - Mango” a Roma con un panel ospitato dalla Galleria delle Arti, proponendo anche un talk sulla rappresentatività femminile nell’industria musicale italiana, altro tema chiave del progetto: con lui ci saranno la femcee Beba, la head of marketing & promotion di Columbia Records Eleonora Rubini, la deejay e Producer Rossella Essence e l’autrice Diletta Bellotti - non teme il rischio di essere accusato di speculare sui nomi di grandi star del pop italiano scomparse: “Cito Mia Martini e Mango, tra gli altri, non per speculare, ma perché rappresentano degli archetipi”, spiega. Ogni pezzo di “Musica dal morto” è associato a un artista italiano scomparso: “Prendo come modello i grandi del passato per prendere in giro i fenomeni di oggi. Oggi l’artista medio è a cazzo di fuori”. Ogni riferimento (non) è puramente casuale: “Ma non è una cosa circoscritta solo al mondo rap. A questa intenzione di esacerbare qualsiasi cosa si faccia, da parte degli artisti, non mi sembra corrisponda maggiore autorevolezza nella musica. Prima la musica era anche identitaria, rappresentava qualcosa attorno alla quale ci si stringeva per identificarsi in qualcosa. Oggi è massificata: il suo scopo è sempre di più quello di rassicurare. Io non voglio farlo”.