Il disco del giorno: Ornette Coleman & Prime Time, "Tone Dialing"

Consigliato e raccontato da Carlo Boccadoro

Ornette Coleman & Prime Time
"Tone Dialing" (Verve/Harmolodic 527483-2)

I puristi del jazz si sono veramente imbufaliti quando Ornette Coleman ha incominciato la sua avventura «elettrica» negli anni
’70 con la formazione dei Prime Time. Dischi come "Dancing in Your Head" e "Time Design" attingevano a piene mani dal calderone rock unendolo a sonorità derivate direttamente dal funk; nei concerti dal vivo, contraddistinti da sonorità violente e volumi altissimi, Coleman si presentava in scena con impresentabili giacche a colori psichedelici e zatteroni di altezza vertiginosa, degni di quelli indossati da George Clinton. Gli appassionati di classici come "Tomorrow Is the Question", "Change of the Century" e "Free jazz" scrissero il nome di Coleman accanto a quello di Miles Davis e Herbie Hancock nell’elenco dei musicisti-traditori passati all’ala più commerciale della musica.

Naturalmente (è il caso di dirlo?) non c’è nulla di banale o artisticamente compromesso in questi lavori che a distanza di anni suonano ancora convincenti. Nel caso di "Tone Dialing", uscito nel 1995, Ornette ha inserito nel suo coloratissimo mosaico musicale spunti derivati dal mondo rap e hip-hop. Ricordo bene le facce schifate di molti «esperti» quando questo disco uscì; diversi critici attaccarono con forza Coleman, dandolo ormai per perduto artisticamente. Ma come si fa a prendere, mi chiedo, una cantonata del genere?

Basta ascoltare pezzi magnifici come "Street Blues" e "Search for Life" oppure il geniale "Bach Prelude", paradossale riscrittura poliritmica del Preludio in Sol Maggiore dalla Suite N°1 per violoncello di Bach, per capire che l’estro di Coleman non è affatto annebbiato. Del resto Ornette appare in forma scintillante sia come autore che alle prese col sax, muovendosi con agilità su tappeti di batterie elettroniche, bassi sintetizzati, fiati, voci campionate, chitarre elettriche frastagliate e splendenti.
I ritmi alternano momenti trascinanti e ballabili ad altri estremamente complessi, sempre ispirati alla tradizione africana, che
Coleman riesce a coniugare con il proprio linguaggio armonico e l’inconfondibile carattere penetrante delle sue melodie.
"Sound Is Everywhere" (Il suono è dappertutto) si intitola uno dei brani, ed è proprio questa totale disponibilità intellettuale a farsi meravigliare da qualsiasi stimolo sonoro esistente a fare di Coleman uno dei pochi autentici Maestri.
 

Carlo Boccadoro, compositore e direttore d’orchestra, è nato a Macerata nel 1963. Vive e lavora a Milano. Collabora con solisti e orchestre in diverse parti del mondo. E’ autore di numerosi libri di argomento musicale.

Questo testo è tratto da "Lunario della musica: Un disco per ogni giorno dell'anno" pubblicato da Einaudi, per gentile concessione dell'autore e dell'editore.

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