Si entra nella sede della casa discografica Sony a Milano, dove è previsto l’ascolto in anteprima per la stampa del nuovo disco dei Maneskin in uscita venerdì 20 gennaio, con delle precise convinzioni e se ne esce con alcune di queste fatte a pezzi. No, i brani migliori dei Maneskin, alla loro terza fatica discografica, la prima dopo il successo internazionale, non sono più quelli in italiano. Ma anzi, il quartetto romano, con un fraseggio più scanzonato e meno serio, in “Rush” funziona meglio nei brani in inglese. Il “salto internazionale” c’è stato. No, Fabrizio Ferraguzzo e Max Martin, uno dei re Mida del pop, che insieme hanno curato la produzione del disco, oltre al coinvolgimento di diversi autori, non hanno smussato e disinnescato il progetto: “Rush” ha diversi pezzi potenti, suonati, certamente sotto un filtro più pop-rock, ma nella sua complessità non è tutto musicalmente innocuo come molta musica contemporanea da classifica.
Resta, invece, la tendenza della band a fare propri gli stilemi, i cliché e i suoni di un rock già ascoltato e reso "alla Maneskin": “Rush”, in sostanza, è una grande playlist pop-rock che tende a ripetersi. Ma il pubblico di nuova generazione a cui parlano i Maneskin, non ha appigli e riferimenti certi, non fa dietrologie e se ne frega, in parte e per il momento, di quello che c’è stato prima. Semplicemente perché non l’ha vissuto. Ed è anche giusto sia così. Per questo il pubblico accoglierà “Rush” come un grande ottovolante pop-rock, capace di divertire, far ballare e saltare rivendicando il diritto di far festa.
Own my mind
Un pezzo alla Marilyn Manson, quello più melodico e recente, con la voce di Damiano schermata, quasi provenisse da una radio. Il basso di Victoria svetta quando il brano si svuota, per poi fare da ponte all’esplosione di suoni. “Own my mind” ha groove.
Gossip feat. Tom Morello (già pubblicata)
Un pezzo con il timbro Maneskin, dal ritornello catchy: “Sip the gossip, drink ‘til you choke, sip the gossip, burn down your throat”, ripete come un mantra il frontman. C’è il tocco di Morello, che prova a fare la differenza.
Timezone
Ballata spuria dalle diverse facce, corposa, alla Thirty Seconds to Mars, con momenti più lenti e altri più energici. C’è anche il lato emo che non guasta: “So fuck what I’m dreaming, this fame has no meaning, I’m coming home”.
Bla Bla Bla
“I hate your face but i like your mums” dice quasi tutto. Il pezzo è vivace, ironico, gioca tutto sull’“ah-ah-ah, bla-bla-bla, ha-hard-ha-hard-ha-hard”. Un testo minimale con una citazione degli Smiths e un sound accelerato che, sottotraccia, ricorda i Blur.
Baby Said
Brano sinuoso, pieno di ritmo e di sesso, da ballare ovunque lo si ascolti. Ci sono gli anni ’90, ma anche un sound dance da pista anni ’80, tutto filtrato sotto la lente del quartetto romano in veste ancora più pop.
Gasoline
Pezzo dal sound metallico tutt’altro che banale, con cori sospesi e quasi militari, alla Rammstein. Si respira un’atmosfera bellica. Non è un caso che con questo brano, già suonato live, i Maneskin abbiano preso posizione contro la guerra russa in Ucraina.
Feel
Canzone sugli eccessi dello star system: “Cocaine is on the table, i know what you want”. C’è un continuo sali-scendi ritmico, che funziona, alla White Stripes, il tutto innestato su un testo semplice e da slogan. Obiettivo? Appiccicarsi in testa e non staccarsi più.
Don’t wanna sleep
“Dance dance dance dance dance until I die”: una dichiarazione di intenti che sembra una scossa elettrica capace di attraversare anche le parole di Damiano, una attaccata velocemente all’altra. Anche qui c’è la propensione a far dimenare l’ascoltatore.
Kool kids
Accento british e parole sputate per un pezzo post punk alla Idles, Shame e Sleaford Mods. “Cool kids, cool kids, cool kids, we are cool kids”, canta Damiano. Con finale a sorpresa: “eat my shit”. Uno dei pezzi più sorprendenti.
If not for you
Ballatona da abbracci con un inizio chitarra-voce e il prosieguo di atmosfere soffuse.
Read your diary
Un pezzo costruito sulla linea di basso di Victoria, un copia-incolla alla Maneskin che non si distacca da tante produzioni della band già ascoltate.
Mark Chapman
La chitarra di Thomas si mostra aggressiva per un pezzo, in italiano, sugli stalker (Mark Chapman uccise John Lennon). Il ritornello ha un sapore quasi vintage. “Vuole che tu sia in pericolo, però ti chiama idolo” è il fulcro testuale. La coda musicale finale ha un cuore heavy metal alla Iron Maiden.
La fine (già pubblicata)
Un brano rock, con qualche richiamo al punk rock di inizio 2000, in cui i Maneskin fanno i Maneskin. Il testo offre la sensazione di movimento, di viaggio, quello che ha contraddistinto la vita della band negli ultimi due anni.
Il dono della vita
“Io rinasco dalla mia cenere per non vedere più mia madre stanca”: una canzone romantica, un testo più profondo, un rock con qualche spruzzata psichedelica alla Doors condita con un assolo finale di chitarra.
Mammamia (già pubblicata)
Un mix pop-rock, con una densa parte finale in cui il ritmo accelera ulteriormente. Il testo, scanzonato e leggero, parla della percezione che le persone possono avere del comportamento altrui. I Maneskin si sono auto-coverizzati un’altra volta.
Supermodel (già pubblicata)
Un mix tra un flow stile Ed Sheeran e le schitarrate alla Red Hot Chili Peppers: gira bene, diverte e funziona. Il pubblico ha già avuto modo di ascoltarla e sembra aver apprezzato.
The Loneliest (già pubblicata)
Il testo parla di un addio sofferto. Messi da parte il sound californiano e il groove più accentuato, qui i Maneskin ripescano le atmosfere ariose e orchestrali delle vecchie ballate per fare un pezzo in cui tutti, con i cellulari al cielo durante i live, possano emozionarsi.