Stormzy, rapper britannico classe 1993, è stato a lungo un simbolo dell’underground, diventando in poco tempo una bandiera del grime, un’evoluzione rapida e sincopata del mondo urban che ha abbracciato da oltre un decennio tutto il Regno Unito. Stormzy è stato il primo artista grime a debuttare alla prima posizione delle classifiche Uk con entrambi i due album in studio pubblicati nel 2017, “Gang Signs & Prayer”, e nel 2019, “Heavy Is the Head”. Ora, però, l’artista cresciuto nel South Norwood, con origini ghanesi, si sta evolvendo: il nuovo album “This Is What I Mean” è la fotografia più limpida di questo cambio di passo. In questi anni, ha segnato in modo forte la cultura musicale britannica: ha aperto il Festival di Glastonbury, tenuto un discorso all’Università di Oxford, lavorato a un progetto editoriale dedicato alle voci degli emarginati, supportato borse di studio per studenti di colore, protestato contro il governo, fatto da headliner ai festival di Reading e Leeds, ricevuto nomination ai Mercury Prize, è stato nominato la terza persona nera più influente del Regno Unito nella Powerlist del 2021, è stato la star dei Brit Awards.
È salito letteralmente sul trono come ha ricordato i-D, che lo ha messo in conversazione con Rick Rubin, ripercorrendo la sua carriera. Quello di oggi è uno Stormzy lontano, lontanissimo da quello degli esordi. "This Is What I Mean" è ampio, sincero e decisamente vasto: il rapper ha realizzato quello che ha tutti i presupposti per aprire la strada a una nuova sfaccettatura artistica, condensando un gran numero di stili e generi disparati in una musica che supera coraggiosamente il divario tra la moderna musica nera britannica, il soul e l'hip-hop. È un disco morbido e pieno d’anima, crudo e denso di emozioni. È un album che parla di Dio, di famiglia e di amore, di come affrontare la fine di una relazione, mettendo sotto analisi le proprie scelte. Stormzy, per la prima volta, canta su arie di pianoforte malinconiche, è circondato da cori e offre spazio a guest star come Sampha o a emergenti come Debbie.
Non è un album grime, è un disco che mira molto più in alto, che vuole superare steccati e generi. Si parla del perdono del padre assente in "Please" e fa riferimento alle sue sfide con la paranoia, la depressione e i dubbi su se stesso nella penultima traccia, "I Got My Smile Back", che vede anche la partecipazione vocale della cantautrice India.Arie. Si tratta di un progetto maturo, che mette in secondo piano alcuni temi di strada e più propriamente politici, per affrontare drammi e ferite personali in cui tanti possono rispecchiarsi. Forse è questo, in realtà, il più alto atto politico di Stormzy. Il disco, prodotto dal producer britannico Prgrshn, scandaglia temi intensamente personali e lirici, non nasconde le vulnerabilità, i rimpianti, le fragilità, la guarigione, la gioia e il trionfo, in un modo e in una misura che riformula la nozione di ciò che gli artisti rap tradizionalmente potrebbero fare ed essere.
In una lettera pubblicata sui suoi social media, Stormzy scrive: "Quando Tyler, The Creator ha pubblicato il capolavoro 'IGOR', ha condiviso un messaggio e io volevo fare lo stesso, ma ero esitante. Soprattutto perché mi piacerebbe che fosse la mia musica a parlare, ma ho pensato di condividere comunque questo messaggio. Faccio molte interviste e dimentico che tutto ciò che dico sarà condiviso in lungo e in largo, il che probabilmente è ingenuo da parte mia. Le cose che dico nella vita reale non hanno lo stesso effetto quando le vedo in un testo”. Poi in un altro estratto scrive: “Farò rap per il resto della mia vita, canterò per il resto della mia vita, farò arte per il resto della mia vita. E in nessun momento farò una di queste cose per un motivo diverso da quello di volerlo fare e di sentirmi bene. Non ho una mente calcolatrice con la capacità di valutare che tipo di musica fare e quando farla, sento e poi la lascio uscire. La gente ha cercato di incasellarmi per anni, ma spero che questo capitolo faccia cambiare idea”.