“Non vogliamo essere un esempio di persone di successo, ma un esempio di persone felici”. I Pinguini Tattici Nucleari si sentono ancora “i ragazzi della porta accanto”. Lo sottolinea con forza la voce del gruppo Riccardo Zanotti durante la presentazione del nuovo disco “Fake news”, in uscita il 2 dicembre: “Oggi viviamo dove abbiamo sempre vissuto, il divismo è lontano dal modo di vivere dei bergamaschi. È una terra di lavoro duro, non di apparenza. Siamo persone molto lontane dai salotti luccicanti frequentati da molti artisti”.
I numeri sono la vera fotografia dell’incredibile momento della band, passata dalla cameretta di casa ai palcoscenici più importanti d’Italia. Dopo i tutto esaurito dei concerti dell'11 luglio allo Stadio Meazza di Milano e del 23 luglio allo Stadio Olimpico di Roma, i sei musicisti hanno annunciato il loro primo tour negli stadi. Da due sono diventati dieci gli appuntamenti: a oggi su 430mila biglietti a disposizione, ne sono stati venduti oltre 300mila.
L'eccezione
“La nostra storia nasce dai live. Nasce dal guardarsi negli occhi – continua Zanotti – io credo che ci siano spazi da riempire in ogni epoca. Noi colmiamo uno spazio non frequentato a livello musicale. Fa sorridere, ma il pop mainstream che facciamo noi è una nicchia. Rappresentiamo una proposta con tante differenze rispetto a quello che esce oggi, anche dal punto di vista dell’approccio testuale. Siamo un’eccezione. In primis siamo una band e le band oggi non vanno di moda. Inoltre noi vogliamo rimanere nel tempo. Siamo felici di raggiungere dei traguardi, ma c’è tanto da fare per lasciare un vero segno”.
“Fake news” è il quinto disco della band e giunge a tre anni di distanza dal precedente “Fuori dall'hype”, pubblicato nella primavera del 2019. “Abbiamo pensato a questo nome quando la scorsa estate, dal nulla, siamo stati informati del nostro presunto scioglimento. Sappiate che, a discapito del titolo, è un album molto onesto. Abbiamo giocato proprio sul contrasto”, ricorda Elio Biffi che fa parte del gruppo insieme a Nicola Buttafuoco, Lorenzo Pasini, Simone Pagani e Matteo Locati. “Il nuovo progetto è un album molto vario – dice Zanotti – ci sono tanti temi e in alcuni frangenti è anche autoreferenziale. Penso a un pezzo come ‘Zen’ che racconta le difficoltà del nostro lavoro, le pressioni generate da quest’ultimo. ‘Non sono cool’ e ‘Barfly' sono sulla stessa lunghezza d’onda. Ci sono anche canzoni di solitudine, figlie della pandemia. Le risposte ai mali della vita per noi, però, si trovano nello stare insieme. Per questo crediamo tanto nella dimensione di band. ‘Forse’ e ‘Hikikomori’ arrivano dallo spaesamento e dal dolore per il Covid. Sono più intime. È un disco vero. ‘Fake news’ è un titolo di contrasto. È un album maturo, non marcio, in cui abbiamo sperimentato”.
Diversità musicale e testuale
“Hikikomori”, termine giapponese che significa "stare in disparte", viene utilizzato per indicare chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi, alle volte anni. “Per noi è importante la realtà fisica, non virtuale – ribatte Zanotti - ridurre il fenomeno dell’isolamento sociale alla pigrizia è sbagliato. In Giappone è molto diffuso perché la società giapponese è costantemente basata su un meccanismo di super competizione. Quindi le distorsioni di quel tipo hanno terreno fertile. Per noi, sin dagli albori, lo stare insieme è un valore. È fondamentale anche ‘come’ si sta insieme. La gara fra gli esseri umani e l’ostentazione non portano mai a nulla di positivo”.
Questo è uno dei punti su cui i Pinguini si sentono ‘diversi’. “Siamo partiti suonando nei localini e oggi parliamo a un pubblico vastissimo – concludono Zanotti e Biffi – ma siamo sempre noi. La trap, che abbiamo iniziato ad ascoltare anni fa, è stata un movimento che ha rivoluzionato la musica, ma avendo un codice sonoro molto rigido a lungo andare è ripetitivo e stancante. Quello che non condividiamo di quel genere è il flexare, il vantarsi di ogni risultato raggiunto. Ma non tutti sono così: Bresh e Leon Faun, per esempio, si distinguono. Noi come band ci sentiamo di occupare musicalmente, e anche a livello di immaginario, qualche cosa che in Italia forse mancava”.