Il rock diretto e sincero di Ligabue
Il decimo album in studio di Ligabue, "Mondovisione", usciva il 26 novembre 2013. Un titolo dalla doppia valenza come rilevato dallo stesso rocker emiliano: "Mi procuro una frattura durante un concerto e due minuti dopo può vedere la caduta un mio amico di Los Angeles. E' ufficiale: siamo tutti in mondovisione. Mondovisione però è anche la 'visione di un mondo'”. Nel giorno in cui il disco compie nove anni lo ricordiamo riproponendo la recensione pubblicata al tempo.
Mondovisione è parola che deve essere cara a Luciano Ligabue: nulla di strano, tutti noi ne abbiamo qualcuna. La usò anni fa quando fece la cover (di molto successo) in lingua italiana della canzone dei R.E.M. “It’s the end of the world as we know it” diventata per l’occasione “A che ora è la fine del mondo?”.
E’ parola cara tanto da meritarsi l’onere e l’onore del titolo del nuovo album. Un album che giunge a tre anni e mezzo di distanza dal precedente disco “Arrivederci, mostro!”. Un bel lasso di tempo che con il cantautore reggiano non sembra mai così tale poiché la sua innata urgenza creativa lo porta a vestire spesso altri panni, come quello dello scrittore ad esempio, così che la sua assenza non è mai tale del tutto. Quando poi non sono la nostalgia del palco e la catarsi purificatrice del concerto a mordergli le viscere e a portarlo a calcare le assi di un teatro o quelle meno nobili di uno stadio.
“Mondovisione” è un lavoro composto di canzoni che parlano e riflettono principalmente le sue esperienze. Questo è uno dei segreti che lo hanno reso, lo rendono e lo renderanno riconoscibile e amato in saecula saeculorum. Uno stile, un lessico e un modo di affrontare le questioni che gli hanno permesso di essere uno degli artisti italiani ad avere un seguito tra i più numerosi e affezionati. Il Ligabue 2013 dichiara di aver lavorato molto sulla parte musicale e di aver convogliato in quella direzione lo sforzo maggiore, alla ricerca di un suono “diverso”, magari eterogeneo, ma all’altezza della situazione. Il risultato è apprezzabile. E sarà probabilmente ancora più apprezzato quando queste canzoni verranno proposte in concerto.
Quel che però, banalmente, colpisce e stupisce sempre nei lavori di Ligabue sono i testi che propongono qua e là immagini fulminanti e perfette per sintesi e profondità. Parole che emozionano nel mondo incantato e sospeso de “La neve se ne frega” oppure in quella dichiarazione di amore totale che è “Tu sei lei”. Per non dire della autobiografica (ma in molti ci si può riconoscere) “Per sempre” dove protagonista è quel Moloch ingestibile che riguarda il rapporto con i propri genitori “…per sempre, solo per sempre, cosa sarà mai portarvi dentro solo tutto il tempo per sempre…”.
Non mancano le parole di rabbia e indignazione che mai come di questi tempi la cronaca ci strappa dal petto,“…chi doveva pagare non ha mai pagato…” de “Il muro del suono” e, ancora, ne “Il sale della terra”, “…siamo la Montblanc con cui ti faccio fuori…”. Diretto e senza sconti in “Siamo chi siamo” “…conosco le certezze dello specchio, e il fatto che da quelle non si scappa…”. “La terra trema, amore mio” è ispirata da quella tragedia chiamata terremoto che ha colpito la sua Emilia lo scorso anno e “Ciò che rimane di noi” ha più di una chiave di lettura – amore, morte, società, lavoro – e ascoltate in questo periodo le parole “…è un Natale molto duro, sembra vuoto dentro…” hanno una forza ancora maggiore. A chiudere il disco “Con la scusa del rock’n’roll” e “Sono sempre i sogni a dare forma al mondo”: un congedo più leggero ma non vuoto, un invito a tenere botta per credere in una vita migliore, un messaggio di speranza che non può mancare.
Il Liga ha messo insieme 53 anni e ha ancora molte cose da dire sulla sua visione del mondo. Certe volte, ad alcuni, potrà sembrare pedante e ripetitivo, altre volte invece avrà trovato proprio le parole esatte – del resto è il suo mestiere e gli riesce piuttosto bene – per descrivere quel che tutti pensiamo e proviamo. Altre volte ancora potrà proporre una canzone che non è proprio una hit, a volte invece il riff e le liriche sono proprio quelle giuste. Quel che però non gli si potrà mai rimproverare però è l’onestà del suo intento. E’ questo il segreto, semplice semplice, che risiede dietro il successo ultra ventennale di Luciano Ligabue.
In definitiva “Mondovisione” è un banchetto dalle molte portate che possono piacere senza dubbio fin dal primo assaggio ma che si gustano ancora meglio se assimilate con calma e nel tempo. E’ un album che si inserisce perfettamente senza stonare nel continuum della sua discografia ma, nello stesso tempo, è un passo in avanti verso il Ligabue che verrà.
Ad accompagnare l'ascolto del disco potrà essere utile "La vita non è in rima (per quello che ne so)", un libro pubblicato recentemente da Laterza che ha per sottotitolo "Intervista sulle parole e i testi". Il libro nasce da 12 ore di conversazione tra Giuseppe Antonelli (docente di Linguistica italiana presso il dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Cassino), già autore dell'ottimo "Ma cosa vuoi che sia una canzone. Mezzo secolo di italiano cantato"; negli 11 capitoli in cui è suddiviso Ligabue parla di sè e delle sue canzoni, e il volume contiene anche tutti i testi dei brani di "Mondovisione".