Girava voce che l'album dei Marlene Kuntz fosse pop

Oggi Cristiano Godano compie 56 anni

Il nuovo secolo dei Marlene Kuntz di Cristiano Godano – che oggi compie 56 anni – si aprì con il quarto album "Che cosa vedi", uscito nell'ottobre del 2000. Un disco importante quello, la band di Cuneo era in forte ascesa e i fari di critica e pubblico erano puntati su di loro. Prima della sua uscita circolò la voce che fosse una raccolta di canzoni più melodica, meno rock delle precedenti, accusa (se così si può definire) che Godano ricusò con fermezza nella conferenza stampa di presentazione del disco: “Credo che i Marlene non abbiano mai temuto di mostrare la loro componente melodica; a volte era nascosta, a volte intellettualizzata. Forse ora è più immediata. Però non siamo esattamente 'pop': tirare fuori canzoni più intime o lente, con una certa enfasi interpretativa, non vuol dire poter essere definiti in questo modo." Sono trascorsi ventidue anni da "Che cosa vedi", il loro presente si chiama "Karma clima", album pubblicato poco più di un mese fa, ma per festeggiare il compleanno del frontman della band ripubblichiamo la nostra recensione di quel disco ormai lontano nel tempo.

Capita raramente che un disco di rock italiano venga atteso come questo lavoro dei Marlene Kuntz. Un’attesa giustificata, perché nessun altro gruppo nazionale è riuscito a costruirsi una credibilità e un seguito fedele come quelli dei quattro cuneesi. Un’attesa che si è trasformata, negli ultimi giorni, anche in paura. Come ogni cosa amata, si teme di perderla. Così alcuni, sentendo parlare di “canzoni” e di “melodia”, hanno pensato che i Marlene Kuntz si fossero svenduti.

Chiariamo subito una cosa. “Che cosa vedi” è un disco dei Marlene in tutto e per tutto. Basta sentire i trenta secondi iniziali di “Cara è la fine” per rendersene conto: ritmo incalzante, chitarre graffianti, voce sofferta. Come tutti i grandi gruppi, però, i Marlene sono cresciuti. Questo disco fa un passo avanti rispetto al precedente “Ho ucciso paranoia”: l’approccio compositivo è cambiato, non ha paura di scoprirsi alla melodia, da sempre presente nelle canzoni del gruppo, ma spesso celata sotto l’aggressività delle chitarre.

I Marlene non hanno perso la cura maniacale dei dettagli (sentite le poche ma perfette tastiere presenti nel disco, suonate da Gianfranco Fornaciari), né il loro stile unico. Semplicemente l’hanno portato dove non era mai stato. Nelle 13 canzoni del disco non c’è un attimo di calo della tensione, sia che si passi da atmosfere più sature ad altre più rarefatte (da questo punto di vista, la sussurrata “La canzone che scrivo per te”, in duetto con Skin, è un gioiello di minimalismo).

Poi ci sono i testi che, come direbbe un filosofo, hanno tutto della letterarietà senza essere letteratura: in murder ballad come “Cara è la fine” o canzoni d’amore come “Malinconica”, Cristiano Godano dà il meglio di sé. Interpreta con una delle voce più espressive del panorama italiano testi semplici ma mai banali. Rimane lontano dalla pretenziosità poetica di altri cantanti, con un vocabolario personale e visionario, ma che permette all’ascoltatore di ritrovarsi. Le canzoni non sono poesie né letteratura, sono canzoni e basta. Il rock è rock e niente altro. Questo disco dei Marlene Kuntz è, semplicemente, un grande disco di canzoni rock. Vi sembra poco?

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