Il concerto dei Bon Iver a Milano: un trionfo di luci ed emozioni

Justin Vernon e il suo gruppo tornano finalmente a esibirsi in Italia: il racconto della serata

A lungo rimandato, il concerto dei Bon Iver al Mediolanum Forum di Milano è uno dei più attesi della stagione. Il 5 novembre 2022, a tre anni e qualche mese dall’ultima data Italiana al Castello Scaligero di Verona, il combo statunitense arriva a mantenere una promessa reiterata per molti mesi nei post promozionali: “abbiamo pensato per voi uno show tutto nuovo, unico ed emozionante”. A posteriori, viene da pensare che siano stati persino umili.

L’allestimento del palco e il titanico impianto luci che lo sovrasta fanno presagire un concerto ad alta spettacolarità. Dove sta scritto che una musica delicata come quella del progetto di Justin Vernon debba essere semplicemente contemplata? Il concerto dei Bon Iver è studiato per riempire i sensi, offrendo alla vista tanto nutrimento quanto all’udito. Per questo “22 (OVER S∞∞N)”, opener della serata, è un’aurora boreale. Tra specchi quadrati con bordi luminosi che salgono e scendono, luci proiettate e riflesse da ogni angolo del palco e scrigni di neon che custodiscono i musicisti, questo tour è un autentico capolavoro di light design.

Come sempre, ogni pezzo ha un arrangiamento diverso da quello che conosciamo dai lavori in studio. Alcuni perdono qualcosa, altri ne guadagnano, altri ancora sono semplicemente diversi. È come poter riscoprire un’intera nuova discografia. “Blood Bank”, per esempio, è una di quelle canzoni che dal vivo trovano una nuova identità. L’abbiamo potuto scoprire anche su disco nel 2020, quando per celebrare il decennale dell’omonimo EP i Bon Iver pubblicarono una reissue in vinile, con un Side B interamente dedicato alle versioni live. Quella di “Blood Bank”, registrata a Stoccolma nel 2018, era una di quelle tracce per le quali il braccio e puntina del giradischi si rompono a suon di repeat. Risentirla dal vivo al Mediolanum Forum è un’esperienza mistica, introdotta da Justin Vernon con la consapevolezza di chi conosce il proprio cuore e i suoi frutti: “questa canzone parla del restare bloccati in mezzo alla neve”. Una performance che non ha molti termini di paragone.

Ma per ogni “Blood Bank” concessa, c’è una “re:stacks” negata. Prevedibile, perché ogni data del tour è storia a sé per quanto riguarda la scaletta. Questa di Milano ha un bilanciamento cronologico che vede in “i,i” il disco di maggior rappresentanza, seguito da “22, a Million”, dall’omonimo “Bon Iver” e infine dal debutto, “For Emma, Forever Ago”. Ma dato che la discografia partorita dalla fervida mente creativa di Justin Vernon ha saputo mantenere una qualità eccelsa durante tutto il percorso, si casca sempre in piedi. Non è così frequente che un artista di successo riesca a essere così multiforme eppure così coerente. Nella musica di Bon Iver troviamo tanti climi emotivi e paesaggi sonori che appartengono ad uno stesso pianeta, nel quale i vari ecosistemi sembrano concorrere con armonia alla sopravvivenza di ogni specie ospitata.

La resa live di “Salem”, tratta dall’ultimo full-length, è un trattato su come rendere un non-singolo più polarizzante dei suoi fratelli illustri. Nessun fraintendimento: “Hey, Ma”, “Faith” e “Jelmore” sono magnifiche, ma è nell’outro esteso di “Salem” che la potenza della grande band e la pulizia dei suoi suoni si stagliano nitidi all’orizzonte. Chiaramente lo stupore per quella piccola jam session elettrofolk viene polverizzato dall’entusiasmo con cui il palazzetto accoglie “Flume”, a riprova del peso che il folgorante esordio del 2007 ha avuto e ha ancora. Non solo nel cuore dei fan, sia chiaro. Per certi versi, in modo più o meno consapevole, l’indie folk degli ultimi cinque lustri è nato da una costola di Justin Vernon e dal rigido inverno del Wisconsin che ha preceduto il debutto dei Bon Iver. L’ulteriore - non necessaria - conferma arriva con “Skinny Love”, forse il pezzo più noto e imprescindibile di tutto il repertorio, che in staffetta con “Holocene” crea una “try not to cry challenge” praticamente impossibile da superare. 

Non c’è bisogno di giustificare l’attuale status di Mr. Vernon, oggi talmente potente da poter ospitare Taylor Swift e Aaron Dessner dei The National sul palco della Wembley Arena di Londra. Ma è bello vedere che nulla di ciò che ha ottenuto sia riuscito a scalfire quel bisogno di emozionare e quel desiderio di confezionare arte nella suo forma migliore. Per questo al concerto dei Bon Iver si piange d’emozione per le canzoni, ci si stacca la mascella per lo stupore suscitato dallo spettacolo visivo, si sfodera uno spudorato falsetto per un sing-along senza talento ma anche vergogna.

Appare sincero l’accorato invito a fine concerto: “spread love”. Diffondete amore. Lo stesso amore che i Bon Iver hanno messo in ogni singolo dettaglio di questo concerto, dalla sua progettazione alla sua esecuzione. Un lavoro certosino che ha come stella polare quella promessa promozionale di cui sopra. Uno show unico ed emozionante. Forse il più emozionante dell’anno?

La scaletta:

22 (OVER S∞∞N)
Heavenly Father
666 ʇ
Towers
Jelmore
Faith
Blood Bank
iMi
Hey, Ma
____45_____
10 d E A T h b R E a s T
Salem
Flume
Wash.
33 “GOD”
8 (circle)
Skinny Love
Holocene
Naeem

BIS

Perth
RABi

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