Beatles, quanto c'è di inedito nella Deluxe edition di "Revolver"
Il vero valore aggiunto dei cofanetti Deluxe Edition, oggigiorno, non è tanto (o soltanto) il contenuto musicale, ma la confezione in sè. Il cofanetto, i contenuti extra cartacei, i poster, gli allegati; in particolare i libri, che - nel caso delle riedizioni dei Beatles iniziate con quella di "Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band" e proseguite con "The Beatles", "Abbey Road", "Let it be" e oggi con "Revolver" - sono opere di pregio, sia per i contenuto testuale sia per il contenuto iconografico.
Mentre scrivo non ho il privilegio di avere fra le mani la Deluxe Edition di "Revolver", in uscita oggi 28 ottobre, che contiene un libro di 100 pagine con la prefazione di Paul McCartney, un'introduzione di Giles Martin, un testo di Questlove e note dettagliate sui brani dell'autore Kevin Howlett. Il libro è illustrato con foto rare e inedite, immagini mai pubblicate prima d’ora di testi scritti a mano, nonché pubblicità sui giornali del 1966 ed estratti della graphic novel di Voormann, "Birth of an icon: REVOLVER".
Capite che uno come me che qualche libro sui Beatles l'ha scritto e qualche altro l'ha letto (al momento la mia biblioteca Beatles conta 420 libri, la maggior parte dei quali in lingua inglese) non vede l'ora di poter ampliare la conoscenza della materia; forse quasi ancor più di quella di poter ascoltare "nuove" musiche dei Beatles.
Peraltro, nella Deluxe Edition di "Revolver" di inediti veri e propri non ce ne sono. E' vero, c'è quell'abbozzo della strofa di "Yellow Submarine" cantato (con testo, e con spirito, diversi da quello definitivo) da John Lennon che mi costringerà, laddove decidessi mai di revisionare il mio "Libro (più) bianco dei Beatles", a intervenire sulla scheda della canzone. E ci sono "alternate takes" di altri brani; versioni ("take") precedenti a quella finale, per esempio. Ma in effetti, come ha spiegato Mike Carrera in un suo meraviglioso e dettagliatissimo post sul "Daily Beatle", che potete leggere qui, non tutto quello che viene definito "inedito" lo è davvero, o lo è davvero completamente, almeno per chi conosce la grande quantità di materiale audio dei Beatles disponibile (benché non ufficialmente né legittimamente) in bootleg.
E di quel che lo è, qualcosa lo è grazie (e dico "grazie" ironicamente) al vezzo di Giles Martin di giocherellare con il patrimonio che gli è stato messo a disposizione principalmente per ragioni di cognome, essendo lui figlio di tanto padre George. Per esempio, la "Take 15/Backing Track Rehearsal" inclusa negli inediti di "Revolver" è un ircocervo costruito usando anche frammenti della Take 2 e della Take 3. Paradossalmente, a volte il figlio smentisce il padre (che pure lui, per quanto a maggior diritto, a volte si è preso qualche libertà di troppo - ma almeno lui lavorava sul suo): per dire, la "Here, there and everywhere" di "Revolver (2022") è diversa dalla "Here, there and everywhere" che George Martin aveva preparato per il CD singolo di "Real love", uscito per promuovere "Anthology 2", in cui George aveva aggiunto, per sua scelta, le armonie vocali di una take successiva; suo figlio le ha eliminate.
Ma capisco che queste sono masturbazioni da impallinati. Il fatto è che Giles Martin ha iniziato a mettere le mani su materiali sonori dei Beatles collaborando con il padre a quel festival del mashup che è stato "Love", la colonna sonora dello spettacolo del Cirque du Soleil del 2005, ed evidentemente ci ha preso gusto, a scomporre e ricomporre, scandalizzando i puristi come me e qualcun altro (ma siamo più di quelli che si possa pensare).
Con l'edizione Deluxe di "Revolver", Giles Martin ha potuto "pasticciare" con un nuovo giocattolo. E' una tecnologia di separazione audio creata dallo staff del regista Peter Jackson, in occasione della lavorazione del documentario "Get Back", che sfrutta l'intelligenza artificiale per - ve la faccio semplice - separare e rendere lavorabili individualmente singole "voci" (umane o strumentali) che siano state in precedenza "mescolate" con altre voci o altri suoni.
Quando i Beatles registrarono "Revolver", nel 1966, utilizzarono un banco di registrazione a quattro piste; furono quindi costretti a ricorrere frequentemente alla tecnica del "bouncing", cioè a raccogliere su una sola pista i premixaggi di più piste precedenti; perciò, anche lavorando sui nastri originali di Abbey Road Giles Martin non avrebbe potuto remixare i brani.
L'ideatore della tecnologia di de-mixing si chiama Emile de la Rey.
"Quando gli ho mandato 'Taxman'" - ha spiegato Giles Martin - "me l'ha rimandato in tracce separate, chitarra, basso e batteria - si sentiva persino il cigolìo del pedale della grancassa di Ringo. Come se gli avessi mandato una fetta di torta e lui mi avesse rimandato indietro la farina, le uova, lo zucchero usate per prepararla".
Ovvio che Giles Martin abbia trovato irresistibile la tentazione di - come dire? - "sostituirsi" al padre, 56 anni più tardi, ri-producendo (cioè diventando il "nuovo" produttore) dei Beatles dell'epoca, e rimixando le 14 canzoni di "Revolver" più "Paperback Writer" e "Rain" a suo gusto e piacimento.
Lui dice che così le ha rese più consone al gusto dei giovani ascoltatori di musica. Essendo io un vecchio (ex) ascoltatore di musica, il mio parere conta poco o nulla; per me saranno sempre preferibili le versioni originali. E appena avrò, spero presto, sulla scrivania il cofanetto Deluxe CD di "Revolver" il primo Cd che ascolterò sarà quello con il mixaggio originario in mono - lo stesso del mio 33 giri acquistato nel 1966.
Mi congedo invitandovi, se volete, a guardare i 14 minuti di questo bel documentario (l'audio è in inglese, ma ci sono i sottotitoli in inglese che aiutano) riguardante la realizzazione da parte di Klaus Voorman dell'iconica copertina di "Revolver". Io l'ho trovato molto interessante: