Come è possibile non voler bene a Tracey Thorn?

La cantante inglese compie oggi 60 anni

Compie oggi 60 anni Tracey Thorn, cantante che negli anni Ottanta ha dato vita, insieme al marito Ben Watt, agli Everything but the Girl, formazione di buon successo ascrivibile a una corrente musicale britannica allora definita pop jazz. Le sonorità del duo negli anni Novanta piegarono verso l'elettronica e il trip hop. Alla attività con il gruppo Tracey ha affiancato una carriera solista che conta sei album, l'ultimo dei quali, pubblicato nel 2018, si intitola "Record". Ed è proponendovi la rilettura della recensione di questo disco scritta per noi da Michele Boroni al tempo della sua pubblicazione che vogliamo festeggiare il compleanno di una artista dal riconoscibile timbro vocale.

Come è possibile non voler bene a Tracey Thorn? L'ex-cantante degli Everything but the Girl ha attraversato più di trent'anni di musica pop (“Eden” l'esordio degli Everything But the Girl è del 1984) mantenendo il suo riconoscibile stile vocale - che non è invecchiato neanche un po' – passando dal jazz-pop brasiliano al drum'n'bass, dall'italo-disco alle atmosfere più acustiche, sempre un passo fuori dallo star system e raccontando nelle sue canzoni il suo quotidiano di donna, madre, amante e moglie.

I suoi dischi (sia con gli EBTG sia i progetti solisti) sono usciti con una certa lentezza e distanza l'una dall'altro, ma la sua voce in fondo non è mai andata via, sia attraverso le sue collaborazioni con altri artisti (dalle storiche cose con gli Style Council e Massive Attack fino alle più recenti con John Grant e Jens Lekman), ma anche – per i fan più accaniti – grazie alla sua rubrica sul New Statesman, spesso tradotti anche da Internazionale, dove dice la sua sulla politica e sulla cultura inglese tra impegno e ironia. Il suo precedente disco (se si esclude l'immancabile con le canzoni di Natale) era “Love and its opposite” (2010) il suo lavoro più acustico e amaro, in cui osservava i matrimoni di amici che implodevano e le figlie che crescevano.

Questo “Record” fin dalla copertina, che ricorda i ritratti di Wahrol a Liza Minelli, si presenta decisamente più (elettro) pop e leggero anche se i testi sono tutti legati all'universo femminile (una raccolta di “nove banger femministi” ha dichiarato la Thorn). Diciamolo subito: il singolo contiene almeno quattro straordinarie canzoni: “Sister”, un vero e proprio inno pop dedicato a tutte le donne vittime del patriarcato (“I’m a mother / I’m a sister / And I fight like a girl”), ma suonata e cantata con grande leggerezza disco-funk con, in aggiunta, il soul delicato di Corinne Bailey Ray e “Face” che entra di diritto tra i grandi classici della Thorn sia per la melodia sia per il testo che racconta la storia di una donna costretta per amore a seguire un ex sui social media. “Babies” è una canzone sul controllo delle nascite e sul desiderio di avere bambini che riporta a certe sonorità new wave, mentre la liberatoria “Dancefloor” ricorda da vicino i suoni della seconda parte della discografia degli EBTG, potenti linee di basso e vocoder anni '80.

A lavorare in questo disco c'è Ewan Pearson, storico collaboratore della Thorn, Jenny Lee Lindberg e Stella Mozgawa dei Warpaint alla batteria e al basso che tengono alto il beat delle tracce, e un paio di altre collaborazioni tra cui Shura, che suona la chitarra e canta in “Air”, un pezzo che sembrerebbe scritto per Annie Lennox.

“Record” non è certo un disco che verrà ricordato tra dieci anni, anche per un accompagnamento musicale lontano dai fasti della fase elettronica degli EBTG, ma la capacità di scrittura e rappresentazione di questi tempi da parte di Tracey Thorn è sempre notevole.

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