I cantanti e musicisti, quelli bravi, una volta raggiunta la maturità artistica hanno spesso voglia di abbinare e condividere il loro talento e, in parte, il loro repertorio, con altri artisti che amano e stimano. Non stiamo parlando di collaborazioni con cantanti e musicisti più giovani per succhiare la loro linfa vitale o per “riposizionarsi”, bensì di unioni con altri artisti affini per rileggere in modo nuovo il proprio repertorio o quello delle proprie origini.
Ecco, il double bill proposto ieri sera dal Lucca Summer Festival, sebbene con due coppie di artisti apparentemente molto diverse tra loro, raccontava proprio questa storia. Da una parte Carmen Consoli che si esibisce in versione duo con l'amica Marina Rei in una formula originale per la musica italiana, dall'altra Robert Plant insieme alla regina del bluegrass Alison Krauss che rileggono le architravi del folk, e quindi del rock, americano. Tutto nella stessa sera, uno dietro l'altro.
Poco dopo le 20:20 arriva sul palco Carmen Consoli con la sua chitarra e inizia a proporre alcuni suoi grandi classici da “Amore di plastica” a “Parole di burro” con un dinamica e una tecnica chitarrista sopfaffina fino a “Contessa Miseria” dal grande pathos. Viene poi raggiunta da Marina Rei alla batteria per continuare un set stile White Stripes: l'intesa e la chimica che c'è tra loro la si intuisce fin da “Per niente stanca” che fa alzare le antenne anche dal pubblico inglese e statunitense venuto per Plant e la Krauss. Marina Rei ha un drumming semplice e percussivo ma estremamente efficace in questo set e ne approfitta anche per cantare la sua “Donna che parla in fretta”. La Consoli è bravissima e sicura di sé e in questa formazione si riconosce appieno la sua capacità di scrittura mai banale: “Geisha”, l'”Ultimo Bacio”, l'acidissima “Fino all'ultimo” e “Venere” scorrono veloci e acclamate dal pubblico in attesa di vedere “Robertuzzo” (come lo chiama Carmen Consoli di cui è ovviamente super fan).
Robert Plant a partire dal 2007 ha intrecciato un proficuo sodalizio artistico con la cantante e violinista bluegrass Alison Krauss da cui sono nati due dischi in cui rileggono brani poco conosciuti di autori folk, rhythm & blues e country come Gene Clark, Mel Tills e The Everly Brothers. Questo è il tour mondiale della coppia insieme a una signora band che vede tra gli altri alla chitarra elettrica l'energico chitarrista JD McPherson, all'ukulele, al violino e ai cori l'ottimo Stuart Duncan e il polistrumentista Viktor Krauss, fratello di Alison. Il set riprende una parte delle canzoni contenuti nei due album super premiati “Raising Sand” (5 Grammy Award nel 2007) e l'ultimo “Raise the roof” del 2021.
Alison Krauss vocalmente non è al massimo della forma (le date in Belgio e Olanda precedenti a questa unica data italiana sono state annullate per problemi di salute), ma le armonizzazioni tra i due sono magiche, sembrano come due fili di fumo che si intrecciano dolcemente l'uno intorno all'altro prima di fondersi armoniosamente durante l'apice emotivo delle canzoni. In compenso Plant è in forma smagliante fisica, con la sua tipica postura e le spinte pelviche sempre uniche, ma anche vocale, che si adagia su una gamma media confortevole ed efficace, lasciando da parte gli strilli della gioventù – ma non mancano mai un paio di “Oooh yeahs” che fanno andare in estasi il pubblico, molti dei quali con t-shirt degli Zeppelin.
E per non deludere il suo pubblico nel set di Lucca Plant tira fuori un paio di classici come “Rock'n'roll” in versione folk con violino indiavolato e un ritmo shuffle, e l'atmosferica “When the Levee Breaks” che ben si presta allo stile folk americano proposto in questo tour. Altri momenti eccellenti del concerto sono “Trouble with my lover” cantato solo dalla Krauss che trasforma il quasi funk originale di Betty Harris in una sorta di murder ballad, grazie anche alle armonizzazioni di Plant, ma anche “Please read the letter” originariamente composta da Plant & Page nel loro album del 1998 e che qui trova la sua giusta collocazione con un assolo di violino della Krauss da standing ovation. Un viaggio sonoro tra canzoni che sono la struttura portante del folk americano con una rilettura in chiave bluegrass (che non passa mai di moda) e con le tinte rock di Plant date anche da certi effetti ed echi alla sua voce. In fondo, una serata di straordinaria musica che ti riconcilia con i concerti dal vivo.