Il successo di “Donda” l'ultimo disco di Kanye West (in vetta per la prima settimana anche nella classifica FIMI, qui la recensione ) è targato anche Italia. L'ingegnere del suono di quel disco è nato e cresciuto a Conegliano Veneto: dal 2006 quando si è trasferito in America è diventato uno dei nomi più richiesti nel mondo hip-hop e urban. Ha già lavorato nei dischi di Jay-Z, Jennifer Lopez, Common, Snoop Dogg, Sia, Kid Cudi e mille altre nomi della scena rap e urban statunitense che trovate sul suo sito Il suo nome è Maurizio Sera, ma è noto a tutti come Irko M Sera. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente nel suo studio a Los Angeles per farci raccontare un po' di lui e del suo lavoro al tavolo del mix.
Quali sono stati i tuoi inizi in Italia?
Io ho sempre avuto una grande passione per l'audio, prima ancora che per la musica. Che è una cosa strana, solitamente avviene al contrario. Ed è per questo che poi mi sono innamorato della musica hip-hop che al tempo (erano gli anni 90) era il genere che aveva più “contenuto sulle basse”, specialmente quello proveniente da NewYork. E quindi mi sono concentrato fin da subito su questo genere, aprendo ormai più di vent'anni fa il mio primo studio di registrazione, specializzato nell'hip-hop e quindi per pochissimi. A me non interessava il pubblico dell'hip-hop, ma volevo solo migliorare il mio lavoro del mix su quella musica. Così una volta affinato la tecnica sono andato negli States.
E come è andata?
Era il 2006, destinazione New York. L'obiettivo principale di quel viaggio era vedere come era la gestione dei grossi studi di registrazione per poter migliorare quella del nuovo studio che avevo aperto a Treviso. Però simpaticamente, dopo due settimane, la cosa si è trasformata con un coinvolgimento diretto nel disco di Jay-Z “Kingdom Come” che stava registrando in quei giorni e questo mi ha garantito un enorme credito che mi ha portato a iniziare a collaborare anche negli States e successivamente a trasferirmi lì.
Cosa ti affascina di più del tuo lavoro?
La cosa più bella per me è il potere di mettere i vari elementi di un brano nella posizione finale in cui saranno ascoltati da tutti, un po' come nel Tetris dove devi mettere i pezzi nella posizione migliore per creare la linea orizzontale. Quando mi trovo al banco mixer e ho tutti questi vari ingredienti, li devo combinare in modo che il tutto sia percepito nella maniera migliore.
Che in questo caso per te cosa significa “nella maniera migliore”?
Con i bassi più grossi che si può, ma senza coprire le voci che devono essere comprensibili e dando spazio e corpo alle musiche e alle melodie. Per raggiungere il bilanciamento perfetto spesso ci vogliono delle ore. Una volta che tutto funziona sei davanti al pezzo che sarà ascoltato da milioni di persone.
Fammi capire come funziona il processo di lavorazione: qual è la figura con cui ti interfacci più spesso, il produttore o l'artista?
Dipende dai casi, ogni volta è una situazione diversa. Ma solitamente lavoro con il produttore e sto dietro alle sue indicazioni. Però a volte ci sono degli artisti – come ad esmepio Jay–Z o Kanye West che vogliono avere il controllo su tutto. Altri invece non li ho neanche mai incontrati. A volte invece quando lavoro con le band, capita di avere una chat di gruppo con tutti quanti e ognuno vuole che il suo strumento sia in prima linea...
Ma ti capita anche di lavorare con la band che suona in studio?
Nella stragrande parte delle volte io sono concentrato sul mix e quindi arrivo dopo la registrazione e l'editing. Io lavoro nell'ultimo step prima che il brano esca fuori. Ho seguito le registrazioni per un sacco di anni, ma oggi ho un tecnico di registrazione con me e lui si occupa di queste sessioni.
I pezzi arrivano in studio con raccomandazioni del producer o del rapper, oppure si affidano al tuo gusto e alla tua competenza sul campo?
Anche questo dipende molto dal tipo di progetto, dal producer e dalla sua intenzione. Il più delle volte mi è data carta bianca, certe altre ci sono delle indicazioni ben specifiche, cosa che a me piace moltissimo. Poi ci sono altre situazioni in cui mi chiedono solo di rendere più pulito e chiaro il pezzo, ma che fondamentalmente lo vogliono come me l'hanno presentato. Dipende dalle situazioni.
Quali sono i trend della produzione e quindi del mixing oggi nell'hip-hop? Te lo chiedo perché l'impressione è che negli ultimi anni ci siano molti suoni claustrofobici. Volevo chiederti se è una cosa voluta o frutto di altre dinamiche?
Allora, l'avvento dei computer nella produzione ha totalmente rivoluzionato il modo di fare musica. Oggi con uno smartphone si può creare una base, quindi c'è molto più materiale su cui lavorare e questo ha un forte impatto sulla qualità sonora: più roba c'è, più la qualità si abbassa. L'ultimo trend è quello di produrre i pezzi con pochissime tracce, molte meno rispetto a dieci anni fa quando si tendeva ad avere tracce e strumenti infiniti all'interno nel pezzo. In “Donda” questo è molto evidente: in alcuni brani addirittura non ci sono le batterie che per l'hip-hop è assai strano.
E tu cosa ne pensi?
A me piace molto. Un po' perché essendoci pochi ingredienti, questi sono di alta qualità. Molti potranno pensare che è più semplice da mixare e invece no perché spesso ricreare la semplicità nell'hip-hop e nella musica urban è molto più difficile rispetto al pop e al rock.
Con “Donda” e Kanye West invece come è andata?
E' stato un lavoro bellissimo. Su alcune tracce Kanye mi ha dato massima libertà nel mix delle basi, in altre, specialmente sul trattamento delle voci mi ha invece dato delle indicazioni molto specifiche. Sono stati invece fatti molti cambiamenti sull'ordine dei brani, l'ordine dei featuring all'interno della canzone, ma che tecnicamente non sono funzioni di mix.
Era la prima volta che lavoravi con lui?
No, ci avevo già lavorato nel 2009 e negli anni successivi per singoli pezzi qua e là, ma è il primo album intero che faccio con lui.
Peraltro la gestazione di “Donda” sembra sia stata piuttosto complessa, con le lavorazioni anche tra un listening event e l'altro. Si parlava anche di uno studio impiantato all'interno dello stadio. Il tuo lavoro in che fase è avvenuta?
I miei mix sono apparsi solo nel terzo listening party di Chicago. Quindi io sono andato ad Atlanta per i primi dieci giorni di lavoro, dove ho mixato la prima parte dell'album e ho lavorato nello studio creato dentro lo stadio, subito dopo il secondo listening party. Poi ho continuato il mix in uno studio ad Atlanta e poi il resto del lavoro l'ho concluso a Los Angeles al mio studio.
In che modo lo ascolti il risultato finale del tuo mix? Cuffia o casse?
Io ascolto il mio mix in tutte le situazioni e condizioni. Si tratta di un lavoro complesso che attraversa vari step: inizio con le cuffiette bianche scrause dell'iPod originale di dieci anni fa, poi l'esatto opposto, ovvero con cuffione pro con il noise canceling. La stessa filosofia la applico sulle casse: prima su casse anni '70 con pochi bassi e poi l'ascolto su delle casse clamorose con super subwoofer e infine in macchina.
Non è un po' frustrante sapere che a volte il tuo lavoro certosino viene ascoltato in un formato iper compresso dalle casse del computer?
Eh sì, questo è un “fact of life”. Non ci posso fare niente. Il mio obiettivo rimane fare ascoltare il pezzo nel miglior modo possibile.
A cosa stai lavorando ora?
Prima di Donda ho lavorato per una canzone di Fedez, e mi ha fatto piacere che mi abbia chiamato perché era davvero tanto tempo che non lavoravo con un artista italiano. In questo momento sto lavorando al mix dell'audio di un videogame, che uscirà l'anno prossimo. E' molto interessante perché qui è l'AI del gioco che decide ogni volta in tempo reale quali parte della colonna sonora viene suonato. E poi sto lavorando su una serie di cose musicali di cui però non posso parlare.