Lorenzo Suraci: ‘Con la radiovisione abbiamo aperto la radio ai device moderni’

Se c’è una cosa che al presidente del gruppo RTL 102.5 Lorenzo Suraci preme è che non si faccia confusione: radiovisione non è sinonimo di simulcast. La precisazione è doverosa, perché i recenti dati Censis circa l’esplosione del format hanno sì acceso i riflettori su una realtà fino a oggi appannaggio dei soli addetti ai lavori, tenendola a battesimo presso il pubblico generalista, ma dall’altro hanno portato alla ribalta un fenomeno complesso e ricco di sfaccettature.
“Se mi infervoro è perché noi facciamo da vent’anni quella che ci pare una cosa tutto sommato semplice: riproporre su altri device i contenuti di una radio”, spiega Suraci, che a inizio millennio ebbe l’illuminazione visitando una fiera dedicata alla radiofonia a Las Vegas. “Fui investito dalle immagini e questo mi colpì: fino ad allora la radio era il teatro della mente, che poi in Italia è stato spazzato via dall’avvento della TV. Incontrai dei colleghi tedeschi, che mi raccontarono di aver aperto un canale rock satellitare. E quasi per caso incrociai due aziende italiane operanti nel settore delle infrastrutture tecnologiche, con le quali collaborammo per lanciare, nel 2000, la nostra prima radio-TV satellitare, 102.5 Hit Channel. La grande innovazione, allora, fu la possibilità di interagire con gli ascoltatori, passando in video - in tempo reale - gli sms ricevuti”.
“Ripeto, la novità non è il simulcast”, tiene a precisare Suraci: “Non abbiamo mai allestito uno studio televisivo, perché non erano quelli i nostri progetti: chi fa televisione fa un’altra cosa. La presenza delle telecamere in studio permette di dare, attraverso le immagini, delle sensazioni complementari alla fruizione del solo audio. Non è una cosa che si può copiare in due giorni, nemmeno avendo a disposizione dei budget importanti: i mezzi permettono di alzare ai massimi livelli gli standard di produzione, ma da soli non bastano. Noi, per perfezionare il prodotto, abbiamo lavorato per vent’anni. E poi c’è un aspetto che indissolubilmente legato alla genuinità: la nostra radiovisione è in diretta, sette giorni su sette, 24 ore su 24. I contenuti partono dalla realtà, non c’è niente di preparato”.
Un format naturalmente vocato alla crossmedialità come è stato accolto dal mercato degli inserzionisti? “All’inizio non bene, anzi: con la radiovisione qualche fastidio l’abbiamo dato, alla pubblicità”, ricorda Suraci: “Ma adesso le cose sono molto migliorate, grazie anche alla nostra concessionaria. Spero tuttavia che in futuro ci venga riconosciuto qualcosa di più, perché la radiovisione - dal punto di vista economico - è impegnativa: basti pensare che solo a livello di costi di banda noi giochiamo nello stesso campo di emittenti nazionali di fascia alta come Rai 1 e Canale 5”.
Alla luce dei vent’anni di esperienza nel campo, che futuro immagina Suraci per la radiovisione? “Certamente l’invasione dei DSP non ci preoccupa: quando Internet fece il boom a fine anni Novanta tutte le grandi piattaforme ci proposero di diventare fornitori di contenuti in nome dello scambio di visibilità, ma noi non abbiamo mai ceduto. Produrre contenuti richiede impegno e fatica, e noi gratis non abbiamo mai dato niente. Anche perché poi, per certi versi, i contenuti senza pagare loro se li sono presi ugualmente, basta guardare cosa sta succedendo all’editoria”, conclude Suraci: “Dal canto nostro, ci stiamo espandendo: oltre a RTL 102.5, Radio Zeta e Freccia oggi abbiamo altre sei realtà, tra le quali RTL News, un canale talk all news fatto da giovani tra i 20 e i 25 anni del quale vado molto orgoglioso. Con le nuove opportunità offerte dalla radiovisione e la nostra nuova organizzazione interna riusciamo a coprire target tra gli 0 e i 100 anni, grazie a scalette diverse pensate per pubblici diversi. A noi non interessano i palinsesti fatti dagli utenti: le nostre sono proposte editoriali con una precisa identità, create da una struttura che sta vivendo un processo di rinnovamento totale”.