99 Posse: “Chi fa rap oggi non è nostro figlio”
Tornano i 99 Posse. E lo fanno a loro modo, dopo trent'anni di musica e militanza, con un brano in cui ancora una volta dicono come la pensano sullo stato politico e sociale che viviamo. “Comanda la gang”, questo è il nuovo singolo della band oggi composta da Luca "'O Zulù" Persico, Marco "Kaya Pezz8" Messina e Massimo "JRM" Jovine. Sulla cover del brano, disegnata da Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti, campeggiano le caricature del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di Matteo Renzi, di Mario Draghi e Matteo Salvini. I quattro personaggi sono ritratti a torso nudo, ognuno con una frase rappresentativa sulla pelle, un tatuaggio.
30 anni di strada
La canzone arriva proprio nel trentennale del gruppo e a cinque anni di distanza dall’ultimo disco “Il tempo. Le parole. Il suono”. “Ci siamo visti nel luglio del 2020, dopo quasi tre anni in cui eravamo fermi – racconta O Zulù – è stato strano perché di solito gli stimoli per scrivere sono sempre arrivati in tour, in questo caso invece siamo partiti da una sessione in studio. Il risultato è stato 4-5 pezzi di cui uno ci stava colpendo in modo particolare perché come sfondo aveva l’allora crisi di governo e sembrava prevedere il ‘dopo’. Stavamo scrivendo una canzone in cui ribadivamo come le contrapposizioni fra destra e sinistra, davanti a un modello di sviluppo appoggiato da tutti e mai messo in discussione, decadono. E così è stato. È come se avessimo anticipato quello che è successo a livello politico. Il ‘mai con quello, il mai con quell’altro’ sono magicamente caduti davanti a un interesse di sistema. Comanda sempre la gang, appunto”.
Dopo “Curre curre guaglió 2.0”, che nel 2014 celebrava con tanti ospiti l’album di debutto del gruppo, che cosa accadrà per questo trentennale? “No, non ci sarà un disco per i trent’anni – continua Persico – nei nuovi brani ci sono tante atmosfere diverse che piano piano sveleremo. Sarà un anno di continui stimoli, faremo uscire una canzone alla volta, seguendo anche quello che richiedono i tempi. Vorremmo trasmettere l’attitudine che ci ha sempre caratterizzato, cioè una forma di urgenza che abbiamo avuto sin dagli esordi”.
Lo scioglimento del 2001
“Fa quasi sorridere, ma ci sciogliemmo nel 2001 all’apice del successo, dopo un disco di platino, tour monumentali e i riflettori sempre accesi (la band tornò insieme nel 2009, ma senza Meg, ndr) – ricorda O Zulù – ci fu il G8 di Genova con tutto il dolore che ha generato, il mio telefono in quei giorni squillava di continuo perché mi volevano invitare a ogni sorta di trasmissione. Ma io non volevo essere un eroe, non volevo rappresentare nessuno, sulla schiena ho tatuato ‘cane sciolto’. Queste dinamiche di sovraesposizione incrinarono i rapporti e gli equilibri nella band e così ci fermammo”. E oggi i 99 Posse che ruolo hanno? “Chi fa rap oggi non è nostro figlio e noi non siamo suoi padri – sottolinea – siamo due mondi diversi, rispettabili, ma diversi. Chi ha fatto propria la storia dei 99 Posse probabilmente attualmente fa un genere diverso, non si cimenta con l’hip hop. Ci sono persone che amano costruirsi gabbie, noi no. Per questo non posso e non voglio parlare della scena di oggi. Se siamo dei Don Chisciotte? In una delle nuove canzoni che usciranno cantiamo che lottiamo contro i mulini a vento…”.
La trap di Sfera e Capo Plaza
Due mondi diversi. Ma i 99 Posse non giocano a fare quelli che condannano o attaccano la trap. “Oggi sembra che se non hai un fratello in galera non puoi fare trap – sorride Persico – al di là che il lato borderline di alcuni ragazzi sia vero o no, questo negli anni ’90 sarebbe stato impensabile: il mainstream oggi è in mano a chi proviene da mondi e realtà molto difficili. E questo è un grande cambiamento. Artisti come Sfera, Ghali o Capo Plaza, quello che hanno ottenuto se lo sono conquistato facendo la vita che hanno fatto, non partecipando ad Amici o facendo scuola di musica. Siamo molto diversi, l’ho già detto, ma a me questo movimento incuriosisce, non sono di quelli che dice ‘fanculo la trap’”. E l’ostentazione della ricchezza? “Non mi disturba più perché mi ha già disturbato negli anni ’90. Chi non capisce l’ostentazione non ha mai messo piede nelle periferie: è la prima reazione dopo che si è ottenuto qualche cosa. Quello che davvero separa noi dalla scena di oggi è il senso di appartenenza a una collettività, il vero valore del movimento Posse. Noi facciamo quello che facciamo per la nostra comunità, per lo sviluppo di quest’ultima. Altri lo fanno per se stessi e basta”.