Sanremo 2021, la crisi con Amadeus: cosa sta succedendo, e perché
La crisi che a poco più di un mese dal via sta allungando un'ombra sinista sul prossimo Festival di Sanremo è stata innescata dal tweet pubblicato dal Ministro della Cultura Dario Franceschini nella mattina di oggi, giovedì 28 gennaio: dichiarandosi contrario alla presenza di pubblico in sala - anche se composto da soli figuranti, soluzione già adottata dalle produzioni televisive che non contravviene alle disposizioni del dpcm in vigore fino al prossimo 5 marzo - al prossimo Festival della Canzone Italiana, il titolare del MiBACT si è posto in rotta di collisione frontale con Amadeus, il direttore artistico e conduttore di Sanremo 2021 favorevole alla platea “in presenza” dalla prima ora, che
nel corso di un vertice con l’agente Lucio Presta e l’ad RAI Fabrizio Salinistarebbe meditando, insieme a Fiorello, di abbandonare la conduzione della manifestazione.
Se le tre sigle rappresentanti il settore discografico si sono già attivate per la compilazione di un protocollo sanitario - suscettibile a modifiche suggerite dal CTS e prossimo alla distribuzione presso addetti ai lavori e strutture di ricezione - da adottare in occasione della prossima edizione del Festival della Canzone Italiana, tra i dirigenti delle etichette serpeggia il malcontento per l’ennesimo inciampo sulla strada a Sanremo 2021.
Dario Giovannini, direttore di Carosello e vicepresidente di PMI - Produttori Musicali Indipendenti, ha duramente criticato le affermazioni di Franceschini accusando il governo di immobilità di fronte alle problematiche connesse allo svolgimento del Festival durante l’emergenza sanitaria:
l'intervento di @dariofrance è l'ennesima dimostrazione del del livello di chi ci governa. Stiamo supportando Amadeus per realizzare uno show che possa aiutare tutta la filiera musicale a ripartire. dato che il governo non è stato in grado di progettare NIENTE #Sanremo2021
— dario giovannini (@dariogiovannini) January 28, 2021
Critico è stato anche Emiliano Colasanti di 42 Records (in gara ha Colapesce e Dimartino), che ha accusato il Ministro di “avallare l’idea dei teatri come luoghi pericolosi solo per tenere a bada la pancia del Paese”:
In generale è proprio pericoloso che il ministro della cultura avalli l’idea di teatri come luoghi pericolosi solo per tenere a bada la pancia del paese, invece di provare a rendere l’esperienza sanremese un segnale di lenta ripartenza per la categoria. Bah https://t.co/nqaDND93Nq
— Emiliano Colasanti (@colas) January 28, 2021
FIMI, dal canto suo, sta cercando di abbassare i toni: in una nota pubblicata oggi sul proprio sito ufficiale la Federazione Industria Musicale Italiana - il cui ceo Enzo Mazza aveva espresso già lo scorso 18 gennaio il proprio parere favorevole a un'edizione senza pubblico - ha osservato come "questa fase complessa della cultura e degli eventi dal vivo non dovrebbe però essere quella delle polemiche all’interno del settore culturale ma quella della promozione, in modo unitario, di una forte presa di posizione per il ritorno degli eventi in totale sicurezza. La cultura è d'altronde il vaccino per la mente e in questo momento servirebbe anche questo per superare la grave situazione, anche psicologica, che pesa sull’intera popolazione".
Nei giorni scorsi il mondo dello spettacolo era stato scosso dalla polemica riguardante la presenza di pubblico in platea al teatro Ariston in occasione della manifestazione canora. In particolare è stato il settore teatrale - che fino allo scadere dell’attuale dpcm, e salvo proroghe, sarà costretto a tenere chiuse le sale - a mettersi sul piede di guerra di fronte all’eventualità che davanti al palco di Sanremo possano esserci spettatori in carne e ossa: se per la regista Emma Dante “se si decide di fare Sanremo con il pubblico si riaprono i teatri. E’ pacifico”, per la direttrice del Vascello di Roma e attrice Manuela Kustermann “se il Festival di Sanremo apre al pubblico scendiamo in piazza: ci sentiamo mortificati, dimenticati”. Molto rumore clamore ha suscitato anche l’intervento del direttore del Teatro Nazionale di Genova Davide Livermore, che in un’intervista a La Stampa ha dichiarato:
“Assisteremo a Sanremo con il pubblico in sala? Allora noi apriremo i teatri e sul palco ci sarà il nostro festival: primo concorrente Shakespeare. Davanti a Sanremo con gli spettatori dal vivo, il teatro italiano tornerà militante. (...) Noi staremo alle regole, se valgono per il Festival valgono anche per noi: riapriamo e riempiamo di comparse contrattualizzate i nostri teatri”
Il nodo delle comparse contrattualizzate è dirimente per comprendere la polemica: di fronte al rifiuto di Amadeus di condurre un festival a porte chiuse, RAI e direzione artistica hanno optato per una soluzione che, agli occhi del legislatore, trasformi l’Ariston in un teatro di posa nel quale girare uno spettacolo televisivo, per il quale - secondo le direttive date dal governo per arginare la diffusione del contagio - “non si applica il divieto previsto per gli spettacoli, perché la presenza di pubblico in studio rappresenta soltanto un elemento “coreografico” o comunque strettamente funzionale alla trasmissione”.