La canzone che portò i R.E.M. in classifica

Agli inizi degli anni Ottanta ad Athens, nello stato americano della Georgia, si formano i R.E.M. La band, che si scioglierà il 21 settembre 2011, avrà il grosso merito di riportare in primo piano la chitarra in un periodo musicale in cui sembrava del tutto dimenticata e quello di portare il rock indipendente all'attenzione delle classifiche di vendita. Il primo album del quartetto composto da Michael Stipe, Peter Buck, Bill Berry e Mike Mills, "Murmur", viene pubblicato nell'aprile del 1983. Ottiene un discreto successo nel circuito del 'college rock', viene acclamato dalla critica e fa leva su un singolo intitolato "Radio Free Europe", un ottimo biglietto da visita.
Esattamente un anno più tardi, nell'aprile 1984, i quattro portano all'attenzione del mercato un secondo album, "Reckoning", che ottiene anch'esso buoni riscontri. La canzone "(Don't Go Back To) Rockville" è forse quella che più rappresenta il disco. La marcia dei R.E.M. non si arresta e un anno dopo viene pubblicato il terzo album, "Fables of the Reconstruction". La vena creativa della band non conosce pause e, scaduti altri dodici mesi, a giugno 1986 giunge il quarto episodio, "Lifes Rich Pageant".
Il 1987 è l'anno della svolta per i R.E.M., la loro popolarità a quel punto è in costante crescita, ma, per salire definitivamente di livello servono, da sempre, le hit, le canzoni che vanno in classifica. Quelle che passano in radio e ti fanno conoscere al grande pubblico, non solo a quello composto dai fan dalla cerchia – per quanto ampia sia – del genere musicale di riferimento. In "Document", il loro quinto album uscito nell'agosto del 1987, le hit ci sono. "It's the End of the World as We Know It (And I Feel Fine)" è molto conosciuta anche in Italia per la cover che ne fece Ligabue nel 1994 intitolandola "A che ora è la fine del mondo?". Ma la canzone che li porta davvero in alto, che li trascina nelle classifiche di vendita e schiude loro scenari sino ad allora inaspettati e forse insperati, è il primo singolo estratto dal disco: "The One I Love".
Peter Buck trovò il riff che fa da scheletro al brano seduto fuori dalla sua veranda. Il bassista Mike Mills raccontò ad Uncut: "Ricordo che Peter mi mostrò quel riff pensando che fosse piuttosto interessante, il resto della canzone si generò da quello. Abbiamo suonato l'intera canzone come uno strumentale fino a quando Michael non ci ha messo sopra le parole." Il successo della canzone venne sancito dai passaggi radiofonici richiesti a gran voce dal pubblico letteralmente conquistato da quel brano che parla d'amore, la canzone perfetta da dedicare ai propri amati. Il passaggio definitivo dall'avere un largo gradimento in radio a fare l'ingresso – il 28 novembre 1987 – nella Top Ten della classifica statunitense fu consequenziale.
Ma, come spesso può accadere, non tutto è proprio come appare. "The One I Love" infatti non è esattamente una canzone d'amore, ha decisamente un altro significato. "The One I Love" potrebbe sembrare una canzone d'amore, possiede una melodia orecchiabile e la parola 'love', amore, nel titolo, ma il testo descrive un uomo manipolatore che usa le donne senza farsi scrupolo di scaricarle freddamente: 'This one goes out to the one I love/This one goes out to the one I've left behind/A simple prop to occupy my time/This one goes out to the one I love'. Altro che amore.
Come riporta Erik Van Rheenen, del sito Mental Floss, il frontman dei R.
E.M. Michael Stipe inizialmente non era del tutto convinto sulla convenienza di registrare il brano. Potete immaginare lo stupore della band quando la suonò in concerto e la gente la percepì come una canzone romantica. Come disse il chitarrista Peter Buck: "Guardavo il pubblico e vedevo coppie che si baciavano. Eppure i versi sono. brutalmente contro l'amore. La gente mi diceva che quella era 'la loro canzone'. Quella era la vostra canzone?" La gente aveva deciso che "The One I Love" era una canzone d'amore e Michael Stipe se ne fece una ragione. Alcuni anni dopo la sua uscita, nel 1992, dichiarò alla rivista Q: "A questo punto probabilmente è meglio che pensino che sia una canzone d'amore. Quella canzone è uscita da qualche parte e l'ho riconosciuta come davvero violenta e orribile. Ma non era diretta verso nessuna persona. Non scriverei mai una canzone del genere. Anche se ci fosse una persona al mondo che pensasse, 'questa canzone parla di me', non potrei mai cantarla o pubblicarla. Non volevo registrarla, pensavo fosse troppo. Troppo brutale.".