Il giornalismo musicale è una cosa seria, anche se non a tutti è chiaro. Per iniziare è necessaria una dose equina di passione e dedizione, nonché la voglia (il desiderio smodato, forse è meglio dire) di ascoltare migliaia di dischi, artisti, band e spesso a ciclo continuo. Tanto da arrivare a vedere vita e musica intrecciarsi in un nodo inestricabile.
Questo tanto per sfatare il mito che se la musica non la fai, non ne puoi scrivere… certo, farne aiuta di sicuro, ma non è una conditio sine qua non. La cosa più importante è viverla, in qualche modo, a proprio modo. Sentirla, non nel solo senso di ascoltarla, ma nell’accezione di considerarla una parte di sé, in qualche misura.
Ma non basta ancora. Perché ci vuole anche un bel po’ di “cultura” – nel senso di informarsi, indagare, approfondire (sì, studiare), evitare la superficialità delle nozioni stile Wikipedia che ormai si trovano a bizzeffe online. Questo anche perché il web, purtroppo, è spesso un coacervo di informazioni sbagliate o filtrate male o ancora proprio deraglianti (nomi errati, fatti inventati o non verificati, confusione e pasticci…).